Recensione Rec 2

Un sequel alla ricerca delle verità nascoste dietro il virus.

Recensione Rec 2
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Nel 2007 arrivò nelle sale italiane un piccolo film, una produzione spagnola, che, dopo aver vinto vari premi, tra cui due Goya (i massimi riconoscimenti del cinema ispanico), conquistò anche il pubblico pagante, portandolo verso una nuova soglia di concezione del terrore. Si trattava di REC, un film girato a Barcellona sotto assoluto segreto, con videocamere digitali e con un costo pari a 1,5 milioni di euro. Utilizzando una tecnica narrativa un po' alla The Blair Witch Project, Paco Plaza e Jaume Balaguerò avevano deciso di raccontare una storia trasformando la macchina da presa in uno dei protagonisti, ed aumentando così l'empatia con lo spettatore. Fu subito un successo e solo un anno dopo il cinema americano produsse Quarantena, il remake shot-for-shot ambientato in una caserma dei pompieri di Los Angeles. Dopo due anni, ora, la camera si riaccende per tornare a raccontare i misteriosi avvenimenti del palazzo di Ramala de Catalunya.

Quindici minuti dopo...

Sono passati quindici minuti da quando le batterie della telecamera si sono spente e le ultime immagini del programma televisivo "Mentre tu dormi" sono state registrate. L'edifico, ormai dichiarato infetto, è stato sigillato e nessuno sa cosa stia accadendo al suo interno. Intanto folle di curiosi e troupe televisive circondano la zona. Una squadra della GEO (Grupo Especial de Operaciones) viene mandata all'interno del palazzo. Accompagnata dal ministro della salute dovrà scovare ed eliminare eventuali superstiti contaminati dal virus. Una volta nel palazzo si dirigono subito nell'attico alla ricerca di informazioni... ma mentre la squadra è intenzionata a portare a termine il proprio lavoro di ricognizione, il ministro è sempre più ossessionato dal laboratorio presente nell'appartamento. Intanto qualcosa intorno comincia a muoversi... ed ad urlare.

Un sequel utile? Si.

*Attenzione Spoiler*
Sono presenti alcuni dettagli della storia che, seppur resi noti nei primi minuti di film, potrebbero comunque risultare spoilerosi


Nel tempo del racconto sono passati solo quindici minuti, ma nel nostro mondo, invece, son trascorsi ben due anni da quando REC è approdato nei cinema. Nel primo episodio avevamo seguito Ángela Vidal (Manuela Velasco) durante il suo programma televisivo notturno e ci eravamo imbattuti in un "comprensorio" pieno di gente infettata da uno strano virus, molto simile alla rabbia, che si trasmetteva attraverso il sangue e la saliva. Tra sbalzi della telecamera, urla, sangue a profusione e suoni tappaorecchie, abbiamo pensato che la causa di tutto fosse il cane malato di una piccola bambina chiamata Jennifer. Ma poi, a fine pellicola, siamo arrivati nell'attico, completamente tappezzato di articoli sulla possessione demoniaca di una ragazza portoghese, Tristana Medeiros. Nel momento in cui la trama cominciava ad assumere nuove sfumature la camera era caduta sul pavimento, le luci rotte, e la reporter era stata risucchiata nel buio. È vero, il finale di REC forse lasciava un po' l'amaro in bocca, ma ben pochi spettatori sono stati capaci di rendersene conto, completamente scossi dal terrore agghiacciante ed immersi nella tensione narrativa. Ma Paco Plaza e Jaume Balaguerò, soprattutto dopo il successo ottenuto con la prima pellicola, non potevano di certo lasciare i loro spettatori con il dubbio e con REC2 riaccendono i riflettori su una storia interrotta. "REC2 si deve soprattutto agli spettatori che hanno fatto vivere il primo espisodio. Alla loro immaginazione e al loro entusiasmo. Sono loro che l'hanno creato. E' colpa loro!" In questo film, infatti, la sceneggiatura, tra le azioni violente e sanguinolente, riesce a spiegarci molti dei particolari nascosti dello strano virus e di come la ragazza posseduta sia implicata in tutto ciò. In breve tempo il palazzo si trasforma da un covo di rabbiosi in una congrega di indemoniati, ricollegabili tutti al sangue della prima persona che è stata posseduta, quella Tristana altissima e smunta, interpretata da Javier Botet, che già avevamo intravisto nel primo episodio. Non servono pompieri o squadre speciali della pulizia per ripulire la zona, ma un prete, un inviato del vaticano magari, guardacaso nascosto sotto i panni del ministro della salute.

Necessario? Forse no.

Ma se l'evoluzione della trama, con le sue scoperte e le sue supposizioni, può essere più o meno interessante e sicuramente utile a mandare avanti una storia altrimenti tutta morsi e sparatorie, il cambiamento nello stile registico di REC2 danneggia notevolmente il lavoro fatto nel primo episodio. Se in REC eravamo stati abituati ad assistere all'intera faccenda dal punto di vista privilegiato di Pablo, il cameraman, nel sequel ci troviamo a dover affrontare svariate angolazioni. Seguendo un po' lo stile dei moderni videogiochi di guerra, si passa velocemente da una visuale panoramica alle soggettive riprese con la camera inserita nei caschetti dei vari agenti. In ogni momento un piccolo monitor è pronto ad apparire nella zona bassa dello schermo e darci delle informazioni per noi altrimenti inaccessibili. Inoltre la squadra della GEO non è la sola ad essere nell'edificio: un pompiere, utilizzando il sistema fognario, si è introdotto nello stabile per accompagnare al suo interno un padre apprensivo che insiste per soccorrere la figlia malata (la Jennifer del primo episodio). Segretamente un gruppo di ragazzi armati di handycam segue la coppia, spinti dalla curiosità morbosa e dalla voglia di fare un bel video da mettere magari su internet, e si ritrova così nel pieno del contagio. Plaza e Balaguerò approfittano di questa seconda ed improvvisata squadra per mostrarci un ulteriore prospettiva sulla vicenda, un secondo sguardo che in alcuni momenti ci mostra, da una diversa angolazione, ciò a cui solo pochi minuti prima avevamo assistito. Piuttosto che essere una storia dalle fattezze il più verosimili possibili, REC2 si trasforma così in un vero e proprio film, con tutti i meccanismi tipici della costruzione cinematografica. Il punto di vista unico e soggettivo viene abbandonato per dare spazio a diverse posizioni di macchina. Una sensazione di finzione scenica accentuata dal continuo spegnersi delle varie telecamere messe in campo, senza un apparente motivo. Ci chiediamo allora che differenza ci sia tra questo modo di raccontare la storia e quello provvisto di un normale montaggio. Sequenze troncate nei momenti di noia, posizioni di camera modificate a seconda della migliore visuale della scena, punti di vista multipli ed a volte simultanei: che cosa distingue REC2 da una normale pellicola?

Rec 2 Come tutti i sequel, REC2 deve affrontare la concorrenza del suo predecessore. Una sfida che potremmo definire assolutamente persa. Laddove REC era originale, empatico, adrenalinico, REC2 abbandona i suoi tratti distintivi per divenire una pellicola horror con buone basi, ma una pessima scelta di rappresentazione. Se spesso è la sceneggiatura la base di un buon prodotto cinematografico, in un film di questo genere il mezzo privilegiato diviene il modo in cui la storia viene raccontata, ed i frequenti cambiamenti di macchina, i diversi punti di vista e, soprattutto, i continui stacchi danneggiano quel particolare metodo narrativo che tanto aveva affascinato pubblico e critica. A livello di emozioni, REC2 rimane piuttosto coerente e fedele alle aspettative, regalando allo spettatore lo stesso quantitativo di tensione e splatter del primo film... e non preoccupatevi, dato il finale un REC3 è già all’orizzonte.

6.5

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