Pulse, la recensione del film con Kristen Bell e Ian Somerhalder

Kristen Bell e Ian Somerhalder sono i protagonisti di Pulse, remake hollywodiano del j-horror di Kiyoshi Kurosawa.

Pulse, la recensione del film con Kristen Bell e Ian Somerhalder
INFORMAZIONI FILM
Articolo a cura di

Mattie Webber, bionda studentessa universitaria, sta vivendo un rapporto di crisi col fidanzato Josh, che non vede da diverso tempo. Un giorno la ragazza decide di far visita all'appartamento del compagno, trovandolo in uno stato catatonico; mentre sta osservando le condizioni di abbandono assoluto della casa, il giovane si impicca nella stanza da bagno. La sera stessa Mattie è in chat di gruppo con i suoi migliori amici e riceve un messaggio dall'account appartenente a Josh, che le chiede aiuto. Nei giorni successivi anche gli altri ragazzi cominciano a sparire e/o comportarsi stranamente, mentre l'intera città è scossa da un'inspiegabile ondata di suicidi: il motivo sembra collegarsi ad un virus informatico in grado di trasportare nella nostra realtà gli spettri dei defunti. Mattie, con l'aiuto del coetaneo Dex McCarthy, esperto di computer, decide di indagare a fondo sulla vicenda, mentre comincia a essere vittima di inquietanti allucinazioni.

Do you want to meet a ghost?

I primi anni del nuovo millennio hanno visto, dopo il successo worldwide della versione hollywodiana di The Ring, il proliferare di remake di horror giapponesi, quasi sempre con scarsi risultati qualitativi. E' anche questo il caso di Pulse, rifacimento americano dello splendido Kairo (2001) di Kiyoshi Kurosawa, opera che usava il genere per dipingere un'acuta e lucida disamina sulla società contemporanea e sulla solitudine. E neanche la firma di Wes Craven, che ha co-firmato la sceneggiatura insieme a Ray Wright, è stata in grado di dare valore a questo aggiornamento stantio che guarda più al filone teen-horror che alla profondità insita nell'originale. Le atmosfere da apocalisse animista che caratterizzavano la produzione nipponica emergono qui solo a tratti nell'inutilmente roboante finale, ma svuotate di qualsiasi intensità emotiva e dirottate su un'accozzaglia di soluzioni pseudo-razionali prive di qualsiasi plausibilità narrativa. Il regista Jim Sonzero (in seguito al lavoro nell'ambito videoludico) dirige con una tecnica non disprezzabile, ma si limita a copia / incollare tutti i classici leit-motiv dei j-horror, tra apparizioni improvvise che si manifestano in luoghi abusati come specchi e ascensori e giochi di buio / luce, incapaci di provocare quel senso di angosciante terrore sottotraccia della pellicola di partenza. Un piccolo bignami del filone la cui trovata del segnale di connessione, internet o telefonico che sia, come mezzo trasmittente l'invasione spiritica non aggiunge la necessaria verve paurosa, affossata inoltre dalle poco convincenti prove del cast che conta, come "punte di diamante", la bella Kristen "Veronica Mars" Bell e Ian Somerhalder. A conti fatti l'unico elemento davvero positivo può ritenersi l'efficace fotografia di Mark Plummer, tendente ad incupirsi / ingrigirsi sempre più con il procedere degli eventi e che ben si adatta al contesto in atto.

Pulse C'era una volta (e per fortuna c'è ancora) Kairo, j-horror di Kiyoshi Kurosawa tra le migliori produzioni del filone dell'allora (2001) neonato nuovo millennio. Cinque anni dopo Hollywood, sulla scia della moda imperante, decide di girarne un remake, dando vita all'ennesimo titolo inutile che snatura le atmosfere e il contesto dell'originale. Pulse cerca di variare la trama spingendo sul versante tecnologico, ma finisce per perdersi in un mix di eventi poco credibili e in una ricerca del terrore banale, copia-incollando tutti i classici espedienti d'inquadratura atti a cercare il facile spavento. Con tanti saluti a qualsiasi profondità emotiva, in un'operazione fredda e paradossalmente, visto il tema trattato, priva di anima.

4.5

Che voto dai a: Pulse

Media Voto Utenti
Voti: 16
4.3
nd