Recensione Prisoners

Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal a caccia di rapitori

Recensione Prisoners
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"Prisoners affronta una delle situazioni più difficili nella vita - la scomparsa di bambini. Il solo pensiero ci mette a disagio, veniamo immediatamente sopraffatti dalla paura. Dover pensare ‘Cosa farei se fosse successo a me?', sarebbe veramente inimmaginabile. Ti chiedi cosa faresti per ritrovare tuo figlio, prima che il tempo scada e sia troppo tardi. Oppure cosa faresti alla persona che, nel tuo cuore, ritieni responsabile, se ne avessi l'opportunità. E cosa succederebbe, se non sfruttassi quell'opportunità che avrebbe fatto la differenza? La paura fa scattare questi pensieri e influenza le risposte. Anche dalla sicura poltrona di un cinema, i complessi conflitti morali, che provocano la nostra reazione a quella singolare emozione, sono affascinanti. Per me, come regista, è stato così interessante esaminare l'umanità che traspare da questi personaggi, ero pronto ad affrontare le mie stesse paure".
Candidato al premio Oscar per il miglior film in lingua straniera con La donna che canta (2010), il canadese classe 1967 Denis Villeneuve sintetizza così le proprie personali impressioni affrontate nel suo quinto lungometraggio cinematografico, che vede coinvolto in qualità di produttore esecutivo addirittura il Mark Wahlberg protagonista di Amabili resti (2009) e Contraband (2012).

Prigionieri di un incubo

Del resto, è proprio lo sceneggiatore di quest'ultimo, Aaron Guzikowski, a curare lo script delle oltre due ore e mezza di visione che partono dal momento in cui, in un freddo e nuvoloso Giorno del Ringraziamento in un modesto sobborgo della Pennsylvania, gli operosi Dover e Birch, amici per la pelle e vicini di casa, all'interno di una calda e accogliente abitazione condividono il tradizionale pranzo della festa, rilassati, felici e del tutto a loro agio. Se non fosse per il fatto che, improvvisamente, le rispettive figlie di sette anni scompaiono nel nulla, facendo precipitare in un batter d'occhio i genitori in un vero e proprio incubo; tanto più che vengono presto resi consapevoli del fatto che i bambini rapiti da oltre una settimana hanno la metà delle possibilità di essere ritrovati e che, dopo un mese, quasi nessuno di loro viene ritrovato vivo.
Ed è da qui che ha inizio una corsa contro il tempo che vede impegnato da un lato Jake Gyllenhaal nei panni del detective Loki, impegnato nelle ricerche del colpevole, dall'altro Hugh Jackman in quelli di Keller Dover, padre di una delle due ragazzine, che, al fine di scoprire la verità, sequestra e tortura di nascosto un sospettato rilasciato per mancanza di prove.

Vento dell'Eastwood

Sospettato che, con le fattezze del Paul Dano di Cowboys & aliens (2011) e una eccellente Melissa Leo a fargli da madre, viene massacrato senza che nulla sia mostrato in maniera esplicita e, addirittura, finisce rinchiuso in una doccia al buio e periodicamente investito di getti d'acqua a volte gelata, altre bollente.
Man mano che il cast all star si completa con Terrence"Iron man"Howard, Maria"A history of violence"Bello e Viola"Ender's game"Davis e il ritmo narrativo scorre via molto lentamente, coinvolgendo passo dopo passo e rendendo sempre più desideroso lo spettatore sapere come andrà a finire la vicenda.
Soprattutto quando si comincia a parlare di labirinti e serpenti e l'intrigo, di conseguenza, s'infittisce maggiormente; fino ad approdare a una ultima parte ricca di tensione e che arriva addirittura a sfiorare l'horror, prima di approdare al tutt'altro che banale epilogo.
Con la risultante di una pienamente operazione che non può fare a meno di essere accostata al miglior cinema del Clint Eastwood regista; dal quale non solo Prisoners riprende la tematica alla Changeling (2008), ma recupera, oltretutto, i suoi montatori di fiducia Joel Cox e Gary Roach, non a caso presenti anche nel cast tecnico del bel film interpretato da Angelina Jolie.

Prisoners Sotto la regia del canadese Denis”La donna che canta”Villeneuve, Hugh Jackman - Wolverine della saga X-Men - sfoggia una delle sue migliori interpretazioni al servizio di un dramma a tinte thriller incentrato su due famiglie alla ricerca disperata delle rispettive figlie di sette anni scomparse. E non è da meno neppure il resto di un cast in stato di grazia, nel corso di una vicenda che non punta all’azione punisci-cattivi alla Io vi troverò (2008), ma si costruisce in maniera estremamente lenta ed efficace al fine di delineare un intrigo che, non privo di crudezza, s’infittisce fotogramma dopo fotogramma. Complice, sicuramente, una scrittura che risulta anche superiore alla regia nel lasciare emergere le diverse costruzioni psicologiche dei protagonisti, tutti coinvolti in un lodevole agglomerato di celluloide che non avrebbe sfigurato neppure nelle mani del Clint Eastwood più ispirato. Da vedere!

7

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