Recensione Potiche - La bella statuina

François Ozon e il ruolo della donna nella deliziosa commedia 'Potiche'

Recensione Potiche - La bella statuina
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A pochi mesi di distanza dall'uscita in sala del toccante Il rifugio, film inquieto e profondo sulle incrinature dei rapporti umani e i (mal)esseri degli individui, il talentuoso regista francese Francois Ozon torna sul grande schermo con Potiche (apprezzato anche al Festival di Venezia dove ha fatto scalo prima di approdare nelle sale), incantata e realistica commedia corale sul ruolo della donna (negli anni '70 e non solo), la voglia di emancipazione e il muro di facili e imposte etichette che spesso la portano a fungere solo da Bella statuina, inutile come un potiche, un grosso vaso decorativo e di poco valore che vive (di frequente) nell'ombra di una controparte maschile. Ispirato alla pièce omonima di Barillet e Grédy e contaminato dal solito pastiche di generi che contraddistingue Ozon dai tempi di Otto donne e un mistero, Potiche si rivela un vero gioiello cinematografico, capace di combinare la sobrietà di temi seri con il tono leggero delle screwball comedies anni '30, con il merito aggiunto di riportare nuovamente in vita l'affascinante coppia cinematografica Catherine Deneuve-Gérard Depardieu.

Bella statuina o brillante matriosca?

È il 1977 e a Sainte-Gudule, Francia del nord, Suzanne Pujol (Catherine Deneuve) vive con brio e leggerezza il suo ruolo di moglie devota, madre e nonna attenta alle necessità dei suoi cari, con qualche incursione in un mondo fatato che la vede protagonista di corsette tra gli inquilini (rose, cerbiatti, conigli, scoiattoli) di una natura abbacinante, ai quali dedica componimenti spassionati, gratificando la sua voglia di libertà, altrimenti soffocata tra gli eleganti suppellettili della sua dimora borghese. Al contrario di lei, suo marito Robert Pujol (Fabrice Luchini), direttore della fabbrica di ombrelli fondata dal suocero, tratta tutti (dipendenti e familiari) con lo stesso sgradevole dispotismo di un dittatore disinteressato ai bisogni altrui. Nel suo quadro di cose e gente da gestire con il massimo sgarbo e il minimo altruismo, Suzanne è per lui solo una bella statuina che deve espletare il suo compito di soprammobile senza avanzare pretese o avere l'ardire di usare il cervello. Ma le cose si mettono male quando il braccio di ferro aziendale perpetrato da Robert Pujol incontrerà la protesta, altrettanto ferrea, degli operai della fabbrica, decisi a ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative. Con il sequestro del marito da parte dagli inviperiti scioperanti, entrerà attivamente in campo proprio la moglie statuina, che chiedendo l'aiuto di Babin (Gérard Depardieu), un deputato comunista suo ex amante, riuscirà a liberare il marito con la promessa di una trattativa. Ma, vista la salute cagionevole del marito in seguito alle vicende dello sciopero, a guidare la trattativa sarà proprio l'apparentemente sprovveduta Suzanne, che smessi i panni di bella statuina per indossare quelli di manager rampante con un occhio di riguardo verso i suoi dipendenti, riporterà la calma tra dirigenti e lavoratori e soprattutto apporterà nuove, moderne politiche di gestione aziendale (tra cui l'inserimento in azienda dei due suoi figli), svecchiando l'immagine e al tempo stesso la fama della fabbrica, e scoprendo un nuovo aspetto di sé stessa, non più bella statuina ma matriosca piena di sorprese. Al ritorno del marito, la conciliazione con la nuova identità della moglie sarà tutt'altro che facile...

Une atmosphère très magique

Delizioso il modo in cui Ozon ricostruisce l'atmosfera fine anni '70 contagiata da femminismo, lotte di classe e politiche, che sta per lasciare il passo all'emancipazione e al romanticismo degli incipienti anni '80 (le luci soffuse e la disco dance del Tempo delle mele) con un uso di musiche e costumi riconducibili a quegli anni, in cui vibrava tutta l'essenza di una transizione che l'eroina del film (una radiosa Catherine Deneuve) incarna perfettamente. Una borghese con legami liberi e amante di un militante comunista (raccontata tramite i luminosi flash back in cui scopriamo la gioventù libertina della bella Suzanne), pronta ad abbracciare il suo ruolo di matriarca con il senso del dovere e senza rimpianti, ma capace all'occorrenza di superare le barriere temporali per rinascere sotto una nuova luce. A spalleggiare questa superba protagonista intervengono due uomini diversi, accomunati da una stessa dose di conformismo, entrambi spiazzati dal sorprendente carattere di una donna che pensavano di conoscere bene e che infine li stupirà profondamente. E mentre il rapporto nostalgico-romantico tra Suzanne e Babin è sintomo di una naturale tenerezza, è il carattere spigoloso di Robert Pujol a originare in sua moglie quella presa di coscienza, essenziale al film e propedeutica al rovesciamento finale delle parti. Sorprendente, infine, il modo in cui questa deliziosa commedia, pur ambientata negli anni '70, sia non solo un'allegoria della Francia moderna e di alcuni dei suoi massimi esponenti, ma anche di una certa Italia di oggi, stracolma di belle statuine senza possibilità (o capacità) di parola. Il mondo è piccolo a quanto pare.

Potiche - La bella statuina Brillante e profondamente immersa nei temi seri della società (il ruolo delle donne, il muro di differenze politiche e di classe), l’ultimo lavoro di Francois Ozon è un pastiche di atmosfere sociali e familiari che rispecchia fin troppo bene la società (più o meno moderna). Forte di un gruppo attoriale incisivo (la ritrovata coppia Deneuve-Depardieù e il volto impenetrabile di Fabrice Luchini) e di un sapiente uso di scelte registiche, il regista Ozon si conferma ancora una volta capace di un cinema raffinato e sorprendente, colto e attuale, ma spesso anche ironico. Un risultato che non molti registi possono vantare.

7.5

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