Recensione Poker Generation

Il film italiano sul poker che cita i grandi classici anni '80

Recensione Poker Generation
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Opera d’esordio dell’ex videoclipparo Gianluca Mingotto, Poker Generation non è certo il primo dei tanti prodotti nostrani usciti nell’arco di questi ultimi anni a raccontare la vita di uno o più personaggi attraverso la metafora del gioco. Se non altro, questo si può considerare, almeno su scala nazionale, uno dei pochi esempi in cui il gioco - in questo caso le carte, come esplicita il titolo stesso - non si limita a svolgere il ruolo di comparsa o, come detto, di metafora, ma assume l’entità di un vero e proprio personaggio, costituendo parte integrante della vita dei protagonisti e facendosi altresì interprete del loro modo di agire e di pensare, naturalmente in modo molto più approfondito rispetto a quanto mostratoci finora.
Protagonisti, quelli di Poker Generation, che ricordano a grandi linee i celebri Blues Brothers dell’omonimo film di John Landis del 1980. Non tanto per il loro legame di fratellanza quanto per la missione che hanno scelto di intraprendere e che sono decisi a portare a termine. Anche questa quasi una missione “per conto di Dio”, che porterà Tony e Filo, il primo aspirante giocatore di poker a livello professionistico e fanatico dei gangster movie americani, il secondo genio incompreso dalla personalità fragile e insicura, da Scicli - paesino della Sicilia che ha donato loro i natali - a Milano e poi a Malta per trovare i soldi necessari per le cure della sorellina Maria, sfidando i più grandi campioni di poker.

GENERAZIONE TEXAS

Sbandierato ai quattro venti come il film fenomeno sul Texas Hold’em, Poker Generation indossa la doppia veste di puro e semplice divertissement per ragazzi e di pellicola sperimentale volta a creare scalpore nell’odierno panorama cinematografico nostrano.
E, in effetti, se non completamente centrati, si può dire che i due obiettivi siano stati già in parte raggiunti.
Partito come un piccolo film sul poker distribuito da un altrettanto piccola casa di produzione - la Iris Film - l’opera prima di Gianluca Mingotto è riuscita, nel giro di poche settimane, ad attirarsi l’attenzione di pubblico e media grazie a una storia sulla carta interessante e a un battage pubblicitario abbastanza sostenuto ma senz’altro azzeccatissimo. Non è infatti solo il poker a rappresentare una delle peculiarità della pellicola di Mingotto ma lo è anche Francesca Fioretti (ex Grande Fratello), protagonista di una scena di lap dance - o meglio, pole dance - che ha già fatto impazzire giovani e non.
Un’efficace arma, dunque, per portare la gente al cinema a vedere il film che si è voluto veramente fare: una pellicola, come detto, sperimentale, non così diversa dalla media di prodotti italiani che settimanalmente si appioppano 3-400 schermi del nostro stivale, ma con una grande e dichiarata volontà di provare a fare cinema sul serio.
Le citazioni ai grandi 'classici' del genere abbondano e, a pensarci bene, più che a un Blues Brothers o a uno Scarface tricolore, il film di Mingotto riporta diverse similarità con l’indimenticato Rain Man - L’uomo della pioggia (1988) di Barry Levinson, che vedeva protagonisti due fratelli, di cui uno affetto da autismo ma geniale, alle prese con il gioco per racimolare grosse cifre di denaro.
Il paragone è certamente azzardato ma la storia è praticamente la stessa. E come il film di Levinson, anche Poker Generation pone in risalto, tra le altre cose, il rapporto tra fratelli con caratteri e personalità differenti ma uniti da un unico obiettivo, svolgendo il proprio lavoro onestamente e garbatamente senza mai eccellere ma facendosi comunque apprezzare per le buone intenzioni e un’essenziale sincerità di fondo.

Poker Generation Condito con svariate citazioni ai capolavori del cinema americano degli anni ’80 - in particolare The Blues Brothers e Rain Man - il film d’esordio di Gianluca Mingotto riesce a farsi apprezzare grazie a una storia sincera e moderatamente coinvolgente che non eccelle ma nemmeno disgusta. Una realistica cronaca sul Texas Hold’em che sfrutta l’immagine dei suoi attori - Andrea Montovoli e la Francesca Fioretti del GF su tutti - per attirare il pubblico verso di sé. Ma c’è anche una buona storia, ed è questo che conta.

6

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