Recensione Perfetti Sconosciuti

Un anno dopo Sei mai stata sulla luna? Paolo Genovese torna dietro la macchina da presa per raccontare una cena tra amici destinata a lasciar emergere segreti e bugie dai loro telefoni cellulari.

Recensione Perfetti Sconosciuti
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Pare che tutto abbia avuto origine dalla frase dello scrittore e giornalista colombiano Gabriel García Marquez "Ognuno di noi ha una vita pubblica, una privata e una segreta"; prima ancora che Paolo Genovese - regista, tra l'altro, del dittico Immaturi e di Tutta colpa di Freud - riflettesse sul fatto che, mentre la terza era un tempo ben protetta nella nostra memoria, nel XXI secolo si trova nelle Sim personali, rese in fin dei conti protagoniste di Perfetti sconosciuti.
Perché, co-sceneggiata dallo stesso insieme a Rolando Ravello, Paolo Costella, Filippo Bologna e Paola Mammini, la oltre ora e mezza di visione mette in scena la psichiatra Eva e il chirurgo plastico Rocco, coniugi che, interpretati da Kasia Smutniak e Marco Giallini e genitori di Sofia alias Benedetta Porcaroli, convocati in casa altri cinque amici per una cena decidono di fare un gioco in cui tutti devono mettere sul tavolo il proprio telefono cellulare - definito l'odierna scatola nera - e accettare di ascoltare in viva voce le chiamate in arrivo e leggere pubblicamente sms e messaggi di chat.

Pasto alla Genovese

Cinque amici che, rispettivamente con i volti di Giuseppe Battiston, Valerio Mastandrea, Anna Foglietta, Alba Rohrwacher ed Edoardo Leo, sono l'insegnante di ginnastica disoccupato Peppe, Lele, funzionario che lavora in un ufficio legale di una grande azienda privata, sua moglie Carlotta, la veterinaria Bianca e il proprio marito Cosimo, tassista che cambierebbe quotidianamente lavoro, sempre convinto di fiutare affari.
Un cast in ottima forma che sarebbe anche bastato da solo a sostenere la situazione in interni di taglio decisamente teatrale estesa all'intero lungometraggio, ma che, invece, è ulteriormente valorizzata dall'ottimo script che assume un sapore fortemente cinematografico.
Del resto, man mano che viene esposta la differenza tra una milf e una vecchia autentica e che ci si chiede se le uniche coppie che durano siano quelle in cui uno dei due riesce a fare un passo indietro, è soprattutto la tensione generata dal desiderio di conoscere quali segreti nasconda ciascuno dei personaggi a garantire l'alto coinvolgimento di un insieme che attinge in maniera evidente dalla migliore commedia tricolore, che si tratti de La terrazza di Ettore Scola o Parenti serpenti di Mario Monicelli.
Insieme che, destinato ad evolversi in maniera sempre più convincente dal momento in cui Peppe e Lele si scambiano i cellulari, nel mucchio di battute divertenti non manca di ricordare che gli uomini sono come i pc, in quanto costano poco, si prendono i virus e possono fare solo una cosa alla volta, mentre, veloci, intuitive ed eleganti, le donne sono paragonabili ai Mac, compatibili esclusivamente tra loro e dal prezzo alto.
Fino al susseguirsi di sorprese poste nella fase conclusiva di quello che, caratterizzato da un inaspettato twist ending e volto a ribadire, inoltre, che siamo tutti frangibili, non possiamo fare a meno di classificare tra i più riusciti titoli sfornati dal suo genere nel XXI secolo.

Perfetti Sconosciuti Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel telefono cellulare dell’altro? È vero che gli ex, spesso pericolosi, sono come i giapponesi perché non si arrendono mai? Sono soltanto due degli interrogativi che emergono nel corso della visione di Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, commedia d’impianto teatrale che, quasi interamente ambientata in uno spazio chiuso con un cast di ottimi protagonisti, appare, per fortuna, più vicina all’eccellente Compagni di scuola di Carlo Verdone che al mediocre Il nome del figlio di Francesca Archibugi. Per merito soprattutto di una sceneggiatura capace di coinvolgere pienamente lo spettatore nel costruire in maniera efficace un crescendo di tensione non privo di occasioni per ridere... e non perdetevi neppure una battuta, altrimenti rischiate di non capire il senso dell’inaspettato epilogo a sorpresa.

7.5

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