Recensione Passioni e desideri

Dall'opera teatrale di Arthur Schnitzler un film che tenta d'infilare il 'giro' delle emozioni ma finisce per girare a vuoto

Recensione Passioni e desideri
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In viaggio d'affari a Vienna un uomo (Jude Law) sta per tradire - con una top escort ‘debuttante' - la sua bella moglie (Rachel Weisz), la quale nel frattempo viene sedotta a Parigi da un prestante fotografo brasiliano (Rui) che a sua volta sta per essere lasciato dalla ragazza Laura. E intanto la stessa Laura, lungo il viaggio di ritorno a casa verso il Brasile, stringerà amicizia con un anziano padre (Anthony Hopkins) in cerca della figlia, e correrà seri rischi flirtando apertamente con un pericoloso galeotto. Un carosello di personaggi che ruota attorno all'attrattiva sessuale e all'instabilità emotiva dei rapporti al fine di restituire il quadro fondamentalmente anarchico delle relazioni umane.

Girotondo di storie senza identità

Cosa ci fanno una valigetta piena di soldi, una società che recluta escort di prima classe e una girandola di personaggi incastrati tra la voglia di amare, tradire, trasgredire o restare fedeli alla propria religione? Adattando per il grande schermo il celebre Girotondo (opera teatrale del 1900) del drammaturgo austriaco Arthur Schnitzler, il regista Fernando Meirelles (City of God, The Constant Gardner) tenta di tradurre e riportare l'arbitrarietà e l'intrecciarsi tipico delle relazioni a un contesto e a un tempo facenti capo all'epoca moderna. Attraverso le otto location e le altrettante coppie che ivi si avvicendano, Passioni e Desideri (360 è il titolo originale) vorrebbe dunque mostrare l'apparente incidentalità degli incontri che determinano (per un attimo o anche di più) il corso amoroso/affettivo delle nostre vite. Sarà l'aforisma del saggio e di un bivio da prendere a fungere poi da cornice alla lunga concatenazione di eventi e persone che attraversano i 110 minuti dell'opera. Ma non siamo dalle parti di Babel, né tantomeno dalle parti di Crash, dove l'incastro dei numerosi tasselli narrativi ed esistenziali dava origine a un turbinio di vite dai detti e (soprattutto) ‘non detti' estremamente interessanti. Qui tutto scorre languido, e i vari attimi in cui il regista si sofferma su ciascun episodio non bastano a creare nemmeno un barlume di quell'empatia necessaria ai fini di un coinvolgimento emotivo con la storia. Nonostante l'ottimo cast a disposizione (che annovera tra gli altri nomi di indubbio rilievo come Anthony Hopkins, Jude Law e Rachel Weisz) e il potenziale di una parabola sulla fatalità della vita che ben si prestava a un interessante lavoro d'introspezione, Meirelles non riesce infine a sottrarsi al giogo della banalità e del cliché. A non sostenerlo nella costruzione di un iter filmico di rilievo concorrono poi dialoghi affettati e poco realistici che anziché infilare la via dell'autenticità percorrono senza alcun guizzo quella della superficialità di parole che riecheggiano vuote come matrioske di un linguaggio senza spessore ("si vive una volta sola"). A lungo andare il film di Meirelles tende a estraniarsi dallo spettatore e infine anche da sé stesso, generando un senso di noia inusuale per un'opera che dovrebbe invece nutrirsi dell'intreccio e della suspense. Di pari passo, la prevedibilità dei personaggi e dei destini a essi sottesi tendono poco alla volta a primeggiare sul resto. Davvero un peccato dover constatare come questo film su carta vincente risulti invece un'opera scialba, priva di contenuti e soprattutto di attrattiva. Il carosello formale e sostanziale immaginato da Schnitzler si perde infatti nell'accelerazione narrativa che Meirelles compie sulle sue storie, fotografie sbiadite di una vita che corre via frenetica senza mai provare a raccontare realmente qualcosa di sé stessa.

Passioni e Desideri Fernando Meirelles, apprezzato regista di City of God, si cimenta nella trasposizione di un’opera teatrale (Girotondo di Arthur Schnitzler) avvalendosi di un cast di grido che include tra gli altri attori del calibro di Anthony Hopkins, Jude Law e Rachel Weisz. Ma il risultato non è dei migliori, tutt’altro. Preso evidentemente dalla foga di soffermarsi sulla struttura circolare di una storia che sfrutta il ‘contatto’ umano per narrare la sostanziale labilità dei rapporti, Meirelles perde completamente di vista l’interiorità del film, o meglio la capacità delle storie di entrare in empatia con il pubblico. Si tratta infine di un carosello vuoto e senz’anima di cui è difficile cogliere non solo gli sprazzi di realtà ma anche il quadro della visione d’insieme.

5

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