Recensione Paranormal Activity 4

L'attività paranormale di Oren Peli... per la quarta volta

Recensione Paranormal Activity 4
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Soprattutto nell'ambito della celluloide dell'orrore, non fa in tempo ad affacciarsi sugli schermi una pellicola destinata a trasformarsi progressivamente in un vero e proprio fenomeno di successo, in un cult e, a volte, addirittura in un classico, che te la ritrovi in poco tempo a rappresentare soltanto il primo tassello di una lunga saga cinematografica.
Senza andare troppo indietro nel tempo, è accaduto con i massacri di Freddy"unghie lunghe"Krueger, protagonista di sette lungometraggi concepiti tra il 1984 e il 1994; oltre che di un telefilm e, successivamente, del cross over Freddy vs Jason e del remake del primo Nightmare.
E' avvenuto con i perversi supplizi barkeriani di Hellraiser, che, a partire dal 1987, vanta ben nove capitoli, e con le avventure della Alice spara-tutto di Resident evil, la quale, dal 2002 a oggi, ha visto ben cinque volte Milla Jovovich impegnata a concederle anima e corpo.
Ma, soprattutto, è successo con il fortunatissimo franchise del sadico enigmista Jigsaw, amante della tortura e dell'uccisione delle proprie vittime nei sette episodi che, a cominciare da Saw-L'enigmista di James Wan, hanno portato non pochi incassi al botteghino, fino ad approdare allo sfruttamento dell'ormai abusatissimo sistema di visione tridimensionale.
Un franchise puntante in maniera principale sulle violentissime immagini e sullo splatter, a differenza di quello rappresentato da Paranormal activity, nato nel 2007 in seguito all'enorme consenso di pubblico riscosso dall'omonimo capostipite, a firma di Oren Peli.

Un successo paranormale

Consenso di pubblico riconducibile, senza alcun dubbio, al tam tam pubblicitario esploso sulla rete dopo che Steven Spielberg dichiarò di essere rimasto terrorizzato dal film, tanto da decidere di distribuirlo in sala con un finale - diverso da quello originale - appositamente rigirato.
Perché, diciamoci la verità, la vicenda riguardante la coppia formata da Katie Featherston e Micah Sloat, i quali, convinti che la loro nuova abitazione fosse infestata da una malefica presenza, decidevano di installare delle camere di ripresa ad alta definizione per poter riprendere cosa accadeva mentre dormivano la notte, puzzava non poco di bluff attira-spettatori.
Puzza di bluff confermata una volta che il titolo venne distribuito in sala, rivelandosi costruito quasi per intero - e in maniera soporifera - sull'abbondanza d'inquadrature fisse al cui interno, progressivamente, accadeva qualcosa di paranormale; dalla porta della stanza che si muoveva da sola all'apparizione d'impronte sul pavimento.
Quindi, un po' come accadde nel 1999 con l'osannatissimo The Blair witch project-Il mistero della strega di Blair, diretto a quattro mani da Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, nient'altro che un agglomerato volto a tenere continuamente lo spettatore sulle spine (senza riuscirci sempre, oltretutto) tramite un look da falso resoconto di una tragedia avvenuta, per poi interrompersi proprio nel momento in cui si cominciava a manifestare la terrificante entità di turno.
Un agglomerato che, appunto, ha finito per generare prima un Paranormal activity 2, firmato nel 2010 dal Tod Williams autore sei anni prima del dramma The door in the floor, poi, nel biennio 2011-2012, Paranormal activity 3 e questo Paranormal activity 4, entrambi concepiti, in copppia, da Henry Joost e Ariel Schulman.

Il Diavolo alle...4!

Quindi, escludendo l'imitazione dagli occhi a mandorla Paranormal activity-Tokyo night di Toshikazu Nagae e procedendo in ordine, il secondo lungometraggio, nonostante il numero 2 riportato nel titolo, si svolgeva sessanta giorni prima del tragico epilogo del capostipite; mentre il terzo, al di là di alcuni brevi momenti ambientati tra il 2005 e il 2006, raccontava addirittura i primi contatti avuti dalle sorelle Katie e Kristi con la presenza malefica, nel 1988.
In questo caso, invece, dopo un breve ricollegamento con il finale di Paranormal activity 2, ci si sposta al 2011 per trovare in scena una nuova famiglia che, in un'altra abitazione, decide di prendere con se il piccolo vicino di casa Wyatt alias Aiden Lovekamp, in quanto la madre è finita in ospedale.
Ma, come il cinema della paura ci ha ormai da troppo tempo insegnato attraverso i vari Grano rosso sangue e Baby killer, quando ci sono di mezzo i bambini, gli imprevisti sono dietro l'angolo.
Puntualmente, infatti, man mano che vengono tirate in ballo le diverse apparecchiature di ripresa volte ad accompagnare ogni momento della serie, non tardano a farsi vivi i consueti, strani fenomeni paranormali; stavolta avvertiti soprattutto da Alex, adolescente della famiglia, con le fattezze della Kathryn Newton vista al fianco di Cameron Diaz in Bad teacher-Una cattiva maestra.

Paranormal activiteen

Del resto, quest'ultimo aspetto, come pure l'aggiunta di webcam, fotocamere dei telefoni cellulari e perfino un particolare sensore a infrarossi alle classiche strumentazioni di videoregistrazione, testimonia in maniera evidente l'intento dei due registi di abbracciare sempre più il pubblico dei teen-ager, zoccolo duro degli spettatori in cerca di brividi e forti emozioni da schermo.
E bisogna dire che tale scelta non risulta affatto infelice, in quanto, pur trovandoci di nuovo dinanzi al già visto e ripetuto copione basato sulla lunga attesa destinata a precedere l'ultima parte dedicata allo scioglimento della matassa, si avverte non poco l'intenzione di tempestare maggiormente - rispetto alle tre opere precedenti - la circa ora e mezza di visione con occasioni di spavento ed eventi terrificanti.
Una strada già intrapresa, in parte, dalla terza puntata, che, pur presentando diverse incongruenze di sceneggiatura, appariva come la più ritmata e godibile dell'allora trilogia; mostrandosi decisamente superiore rispetto alla seconda, limitatasi a riprendere, senza troppa fantasia, stile e caratteristiche che furono alla base del film di Peli (produttore di tutti i sequel, tra l'altro).
Quindi, con scorribande casalinghe in triciclo alla Shining e una struttura generale sempre più orientata verso lo slasher, complice l'aumento di spargimenti di cadaveri, l'operazione può considerarsi tranquillamente riuscita, pur senza regalare nulla di particolarmente originale e che non sia stato già visto.
Fino a un'ultima, inaspettata sequenza posta alla fine dei titoli di coda.

Paranormal Activity 4 Già autori di Paranormal activity 3 (2011), Henry Joost e Ariel Schulman tornano a occuparsi della saga horror creata da Oren Peli curando questo quarto tassello che, come il precedente, si distacca dai primi due soporiferi capitoli grazie all’aumento di situazioni spaventose e cadaveri sparsi. E bisogna dire che, per merito di una tesa atmosfera sapientemente mantenuta per i quasi novanta minuti di visione, l’inquietudine non risulta affatto assente e lo spettatore viene coinvolto in maniera più che sufficiente in uno spettacolo sempre più vicino ai connotati dello slaher... fino all’apertissimo epilogo volto ad anticipare il già annunciato Paranormal activity 5, previsto per il 2013.

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