Recensione Otello

La pre-apertura della Mostra del Cinema di Venezia ci regala la versione restaurata del capolavoro di Orson Welles, maestosa e rispettosa trasposizione del classico immortale di William Shakespeare.

Recensione Otello
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Non poteva partire sotto i migliori auspici la 72esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Ad aprire la kermesse lagunare è infatti la versione restaurata della versione italiana, sempre snobbata dall'autore per l'allora pessima qualità della copia (ma che contiene alcune scene aggiuntive ed "inedite") dell'Otello di Orson Welles, datata 1952 e frutto di una produzione travagliata durata ben tre anni. Dopo il fallimento della casa di produzione fu infatti lo stesso Cineasta a prendersi in carico i costi dell'operazione, finendo per spendere tutto lo spendibile e dovendo mettere in pausa le riprese in più occasioni per reperire fondi offrendosi come attore per altri colleghi (e uno di quei ruoli più memorabili è nell'immortale Il terzo uomo). Il risultato finale fu osannato dalla critica, con tanto di assegnazione del Grand Prix (corrispettivo dell'odierna Palma d'oro) al Festival di Cannes, ma fu ricevuto molto freddamente dal pubblico, tanto che negli States ci vollero tre anni per trovare una distribuzione in sala. Ad oggi fortunatamente l'opera ci è restituita nella sua più pura bellezza per uno dei titoli più importanti nella carriera del leggendario maestro americano.

"Gli uomini dovrebbero essere quello che sembrano"

Il Moro Otello si è sposato in gran segreto con la bella Desdemona, figlia di una ricca famiglia veneziana. Quando viene inviato dal doge a difendere la roccaforte di Cipro dagli invasori turchi, l'uomo è ignaro dell'inganno che sta tessendo alle sue spalle il perfido Iago, che egli ritiene a torto un suo buon amico. Il traditore infatti, ingelosito dalla scelta del prode Cassio come primo ufficiale, decide di vendicarsi facendo credere al suo signore che la novella moglie lo tradisca proprio col capitano delle sue guardie.

O come Orson

Non era semplice ridurre la complessità dell'eterna Opera di William Shakespeare in soli novanta minuti. Welles come da par suo riesce però a concentrare nell'ora e mezza di visione tutti i punti salienti della vicenda che non perdono affatto l'intensità originaria nella riduzione del minutaggio, complice in primis la sinuosa e perfetta aderenza degli interpreti, a cominciare dallo stesso regista - protagonista che offre l'ennesimo sfoggio della sua immensa capacità recitativa. Un'opera che sfrutta il caos produttivo a forza primigenia nei tumulti rabbiosi di una narrazione grondante furia e amore, mai doma ed in grado di reggersi su un comparto scenografico di grande ispirazione. Sfruttando al meglio i set naturali, da Venezia al Marocco, il regista fa un grande utilizzo di comparse in un contorno spettacolare che circonda la tragica e tormentata storia di vendette e gelosie, lasciando crescere a dismisura la tensione drammatica negli intensi dialoghi del Bardo inglese. In un bianco e nero che viene preso ad uso consumo di una regia istintiva e teorica, che guarda sia ad un certo espressionismo che al Cinema di Eisenstein, gioco di chiaroscuri raffinato e claustrofobico, Welles guarda sì al teatro ma con uno sguardo dichiaratamente cinematografico che adatta luoghi differenti anche nella realizzazione di una stessa scena senza un battito di ciglio, valori che solo ai più grandi di sempre è concesso mettere in mostra con tanta naturalezza.

Otello Tre anni non sono mai troppi quando il risultato è un Capolavoro destinato a rimanere nella storia del cinema. Orson Welles, che ai masterpiece era ben più che abituato, dirige e interpreta Otello in uno dei più riusciti adattamenti dell'opera shakesperiana, film di rara bellezza visiva e di ruggente intensità drammatica che si distacca dallo stile teatrale (arma sempre affascinante ma anche a doppio taglio) per porgere uno sguardo personale e citazionista ricco di fascinose sfumature e interpretato da un cast, egli stesso incluso, in assoluto stato di grazia.

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