Recensione Noi Due Sconosciuti

Morte, amore e droga in un dramma intenso e che non fa sconti

Recensione Noi Due Sconosciuti
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La regista danese Susanne Bier giunge al suo primo film hollywoodiano dopo il grande successo di critica e di pubblico del suo precedente lavoro, quel Dopo il Matrimonio candidato agli Oscar 2007 come miglior film straniero. Per la sua prima prova a stelle e strisce decide di affidarsi a un duo di protagonisti d'eccezione, quali Halle Berry e Benicio del Toro, senza dimenticare la presenza di contorno di un resuscitato David "Fox Mulder" Duchovny. Presentato fuori concorso alla II Edizione della Festa Internazione del Cinema di Roma, Noi Due Sconosciuti (dall'originale e logico, visto il rimando nel finale, Things we lost in the fire) ha avuto diversi problemi di distribuzione, e sembrava non dovesse giungere nelle sale italiche. Pur con un cospicuo ritardo, e per fortuna del pubblico, eccolo ora sul grande schermo.

Audrey (Halle Berry) trascorre una vita felice col marito Brian (David Duchovny) e due figli, di sei e dieci anni. Brian ha come migliore amico Jerry (Benicio del Toro) un ex avvocato caduto nel giro della droga, e da diversi anni eroinomane senza più un lavoro e una fissa dimora. Quando Brian viene ucciso mentre cerca di difendere una donna dall'aggressione dell'ex compagno, le certezze di Audrey si dissolvono in un istante. Non riesce a elaborare il lutto, e l'impresa di crescere due bambini da sola le è resa ancora più ardua. Decide così, seguendo la "missione" del marito defunto, di aiutare proprio Jerry, per il quale lei prova sentimenti di odio e compassione. Lo ospita in un piccolo casolare nel giardino antistante la loro casa, e ben presto l'uomo diventa amico dei suoi figli, arrivando in certi casi anche a sostituire il ricordo del padre. Ma uscire dal giro della droga non è facile, così come per Audrey cancellare il dolore della perdita. Tra contrasti più o meno accesi, i due cercheranno di aiutarsi a vicenda a superare le proprie paura e a tornare a una vita normale. Ma non è semplice dimenticare le cose perse nel fuoco...

Due ore di grandi emozioni: non ci sono altre parole per descrivere l'ultima intensa opera di Susanne Bier, una vera maestra dei sentimenti, dei tormenti umani. Ci si commuove, si piange, ma senza mai annoiarsi, e non si può certo dire che Noi Due Sconosciuti non pecchi di lentezza. Ma pur nella sua fissa immobilità, riesce a trasmettere sensazioni uniche, grazie a una regia che pone i personaggi sempre al centro dell'azione. Espone il dolore in maniera forte, cruda e dura, anche se raramente passa attraverso l'uso di immagini forti e fisiche, ma si rivela più indagatore dell'animo, e rimane tanto sofferto e inespresso da generare ancor maggior inquietudine agli occhi dello spettatore. Se con Dopo il Matrimonio era rimasta ancorata a canoni più freddi e inquadrati (pur riuscendo a emozionare, e fortemente, anche in quel caso), debitori al Dogma nordico di cui la regista è stata tra i maggior espositori, qui, scevra da rigidi schemi, sembra ibridarli alla perfezione con i canoni del cinema indipendente a stelle e strisce, creando un piccolo gioiellino a metà tra due mondi. E' incredibile la sensibilità con cui vengono mischiati temi assai ardui quali la morte, l'elaborazione del lutto e la dipendenza della droga. Chiunque si sarebbe aspettato un film stucchevole, che facendo leva sulla drammaticità di tali situazioni avrebbe portato a facili, ma anche forzate, lacrime. Invece la Bier amalgama in un contesto, sì decadente, e a tratti senza speranza, l'evoluzione delle due storie, in quanto entrambi i protagonisti sono afflitti da una dipendenza: se il personaggio di Jerry continua a cavalcare tra la luce e l'ombra, tra lunghe astinenze e rapide ricadute, il travaglio di Audrey è ancora più tragico, in quanto continuamente in lotta con il suo stesso animo, e che ritroverà una ragione di vita grazie a una persona inaspettata. Due personalità affini e distanti, unite però dal ricordo dello stesso individuo, marito per una, migliore amico per l'altra, e forse proprio lui (interpretato nei primi venti minuti da un ottimo e sobrio David Duchovny) è il vero protagonista per quanto esca ben presto di scena, ma rimane costante nella memoria loro e del pubblico. Le interpretazioni che gli attori offrono a questi due erranti ricercatori di serenità sono a dir poco sublimi, ed è inspiegabile come non abbiano ottenuto nessun premio (l'unico a riceverne uno è stato il piccolo Micah Berry, interprete di uno dei figli, vincitore dell' Youth Artist Award). Se Halle Berry delinea nel migliore dei modi una figura distrutta e incapace di superare il dolore, cambiando continuamente espressione, dalla tristezza a furiosi scatti d'ira, la prova di del Toro è qualcosa che rasenta la perfezione: riesce a districarsi con maestria sia nei momenti più intensi e "romantici", che in quelli in cui, di nuovo tossicomane, si mostra malato e schizzato, facendo paura e orrore per i suoi compartamenti e quel suo volto emaciato e distrutto dalla droga. Le musiche sono perfette, e sono anche un modo per Jerry di allontanarsi dalla realtà che lo circonda quando, cuffie alle orecchie, si estranea dal mondo intero. Fotografia di gran classe, che rispecchia in pieno lo stile di vita di una certa "America-bene", così come altrettanto il degrado oscuro dei vicoli per reietti della società nei quali Jerry si trova in più di una situazione. Altro merito è il finale, una volta tanto non scontato come in molti potevano presagire dal trailer e dall'orribile titolo italiano (per altro omonimo di un vecchio film del '62 con Kirk Douglas e Kim Novak). Things we lost in fire, come recita l'originale, è il modo migliore per spiegarne la bellezza, tenera e selvaggia, dolce e cruda, che lascia dentro emozioni che colpiscono duro. Duro come colpisce la vita.

Noi Due Sconosciuti Susanne Bier non smentisce la sua grande capacità di emozionare il pubblico, e con la sua prima opera hollywoodiana regala un film in grado di commuovere, pur senza mai cadere in facili lacrime. Morte, amore e droga sono ibridati alla perfezione, nessuno dei tre temi viene meno degli altri o trattato con superficialità, ma anzi ci offre uno specchio nudo e crudo di come possa colpire duro la vita. Ci mostra anche una luce, che, per quanto fioca, tiene in vita i due protagonisti, interpretati magistralmente dalla Berry e del Toro. Se cercate un prodotto allegro, allora statene lontani, ma se volete un'opera profonda, e che analizza con sguardo lucido e attento alcuni dei risvolti più profondi e drammatici della società occidentale, sarà difficile trovare di meglio.

7.5

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