Recensione Nobody wants the night

Isabel Coixet per la sesta volta a Berlino apre il festival con la strana storia di Josephine Peary

Recensione Nobody wants the night
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Bianco perlaceo, accarezzato dai raggi di un tenue sole che cristallizza chilometri e chilometri del deserto di neve della Groenlandia - bianco perfetto che viene macchiato dal sangue di un orso, colpito in pieno dalla pallottola di Josephine Peary (Juliette Binoche). Si apre con una sfida alla natura Nobody Wants The Night, e con il dominio su di essa da parte di una donna il cui unico scopo nella vita sembra quello di voler vedere il marito riuscire nell’impresa che ha sognato per decenni: essere il primo uomo a conquistare il polo nord. Nella speranza di poterlo raggiungere e di poterlo vedere piantare la bandiera americana nel punto più inaccessibile del globo, Josephine si imbarca in un viaggio che sfida la natura e che la porterà lentamente alla riscoperta di se stessa e di quella terra di cui erroneamente si è sempre sentita padrona. Nel rifiuto e successivamente nella scoperta di una ragazza inuit, Allaka, che si rivelerà essere più di una semplice estranea, attraverso lo sguardo della regista Isabel Coixet Josephine imparerà a gestire una sfida apparentemente più grande di lei e a tornare con il cuore verso la terra, conducendo un viaggio che la segnerà per sempre.

verso la 'Landa Ignota'

Ad aprire la 65esima Berlinale troviamo l'ormai habitué Isabel Coixet, ospite per la sesta volta del Festival (e membro della giuria nel 2009) arrivata stavolta per mostrare un film biografico dai molteplici temi interessanti, che tuttavia si snodano soprattutto nella seconda parte in modo eccessivamente pedante. La narrazione tripartita aiuta molto la parte iniziale, in cui Josephine decide di imbarcarsi in un viaggio finalizzato al raggiungimento del marito accampato più a nord, ma si perde nella seconda e nella terza parte. La seconda, fatta di intemperie e di dominio della bianca e pura natura incontaminata dell’estremo nord, diventa ripetitiva e poco dinamica (di certo non aiutata dal montaggio che si adagia sulla narrazione statica e non aiuta a mantenere dinamismo). La terza invece, seppur dominata dalle convincenti interpretazioni di Juliette Binoche e Rinko Kikuchi, soffre di una sceneggiatura che si fa eccessivamente didascalica e che regala soprattutto al personaggio della Kikuchi dialoghi pieni di ovvietà che sarebbe stato meglio sottintendere invece di spiegare.

Un feroce ritorno verso la madre terra

Nonostante questo il film nel complesso risulta essere un buon lavoro, curato soprattutto nella fotografia e nel racconto paesaggistico, fondamentale per veicolare un messaggio in cui prima di tutto è la natura ad essere protagonista: Isabel Coixet restituisce all’estremo nord giustizia sia nei momenti di calma che in quelli di tempesta, regalandoci il freddo nelle vene aiutata anche dall’ottimo lavoro sul corpo che le due attrici principali portano avanti, e che trova il suo massimo compimento nelle battute finali. A rifinire il loro lavoro c’è anche un modo attento e mai invadente di strutturare il rapporto tra Josephine e Allaka, che attraversa nella seconda parte del film diverse fasi e che tuttavia non risulta mai eccessivo ma al contrario profondamente convincente.

Nobody wants the night Scelto come film d’apertura del 65° Festival di Berlino, Nobody wants the night si dimostra un film lontano dall’essere perfetto, ma comunque pieno di buoni spunti interessanti. il tema, seppur raccontato in modo eccessivamente didascalico, si fregia di un’ottima fotografia e delle convincenti interpretazioni principali, a cui va inoltre il merito - assieme alla regista Isabel Coixet - di aver creato un film completamente femminile che trasuda umanità e racconta con grande cura l'universo delle donne protagoniste di una storia che, al contrario, è sempre raccontata dal punto di vista maschile. Unico ma pesante peccato risulta essere tuttavia la narrazione, che non aiuta l’esperienza ma al contrario allontana lo spettatore, restituendo una pellicola che in finale risulta solo sufficiente pur avendo ottimi elementi.

6.5

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