Recensione Ninja Assassin

Lo shuriken di McTeigue centra il suo bersaglio ma non lo colpisce al cuore

Recensione Ninja Assassin
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I ninja, gli assassini ombra, conosciuti anche col nome di “shinobi”: una misteriosa casta di guerrieri giapponesi le cui origini si perdono nell'ampia ed esoterica mitologia nipponica. Attivi e organizzati almeno dal quattordicesimo secolo, i clan ninja erano a disposizione del miglior offerente per portare a termine tutto il lavoro “sporco” dei signorotti locali: spionaggio, attentati, omicidi. A differenza dei samurai infatti, legati a doppio filo all'etica del bushido, gli shinobi avevano una sola regola: proteggere l'onore del proprio clan. Nel corso dei secoli, la loro segretezza e i racconti popolari hanno contribuito a crearne il mito, spesso infarcito di poteri mistici e leggendari.
Secondo l'iconografia classica, infatti, questi facevano ricorso, oltre a micidiali tecniche di arti marziali, ad arti magiche che permettevano loro di sparire, volare, avere il controllo sugli elementi naturali... Quel che è certo è che erano maestri dell'inganno e della manipolazione, silenziosi e letali killer senza scrupoli.
I ninja hanno così, nei secoli, conservato il loro fascino arcano tanto agli occhi degli orientali quanto a quelli degli occidentali, tanto da essere stati protagonisti, negli ultimi cinquant'anni, di un vasto interesse da parte della letteratura prima, della cinematografia e del mondo dell'entertainment tutto poi.
Gli Stati Uniti, in particolare, hanno visto impazzare la “moda” dei ninja durante tutti gli anni '80: abbiamo così visto una marea di film, videogiochi e fumetti sulla falsariga del genere, alimentata da prodotti confezionati in Giappone ma stimolati dalla moda d'oltreoceano. Pellicole come Enter the ninja, videogiochi come Ninja Gaiden di Tecmo e Shinobi di SEGA, fumetti come Teenage Mutant Ninja Turtles e G.I.Joe hanno stabilito un'iconografia molto cara ai trenta-quarantenni di oggi, e non solo: il mito dei ninja si è tenuto vivo fino ad oggi, grazie a videogiochi quali Samurai Spirits (SNK) e Dead or Alive (Taito) o anime come Ninja Scroll e il celebre Naruto.

Il ninja australiano

Se è vero che, almeno in parte, il mondo non ha più confini e barriere culturali, è anche vero che pensare ad un regista australiano che realizza un film sui guerrieri ninja fa inevitabilmente storcere il naso.
Se il regista in questione però è James McTeigue, la smorfia si trasforma subito in un sorriso. Pupillo dei fratelli Wachowski, creatori dell'universo di Matrix, McTeigue ha dimostrato subito, sin dagli esordi della carriera, di saperci fare dietro la macchina da presa. Dopo aver fatto l'aiuto regista per tutti gli anni '90 e l'aver affiancato i Wachowski per tutti e tre gli episodi della saga cult di Matrix (nonché George Lucas per Star Wars, Episodio II: L'Attacco dei Cloni), McTeigue ha ricevuto la fiducia per girare il suo primo, vero film da regista, V per Vendetta, tratto dalla graphic novel di Alan Moore. Il suo stile personale, naturale evoluzione di ciò che ha appreso nel corso degli anni soprattutto dai due fratelli, buca lo schermo e ne consacra il successo, grazie ad un film significativo e ben orchestrato. Da allora, McTeigue ha continuato a lavorare coi Wachowski, prima nella fallimentare operazione di “salvataggio” di The Invasion, poi in Speed Racer, tratto da un famoso anime degli anni '70. La passione per le tematiche e le opere giapponesi si palesa anche nel successivo progetto, il qui esaminato Ninja Assassin, vero e proprio atto d'amore nei confronti del ninja movie anni '80.

Raizo il rinnegato

Nascosto tra le montagne c'è il cosiddetto “orfanotrofio”: un dojo dalla tradizione plurisecolare, dove i bambini vengono addestrati fin dalla più tenera età all'arte segreta del ninjutsu, la letale tecnica marziale degli shinobi. Nel corso degli anni, i piccoli perdono completamente la loro umanità, e vengono inculcati loro il rispetto delle regole e della tradizione, pena la morte. Il controllo del corpo, delle sue emozioni e della sua stessa linfa vitale è la base del training, e alla fine i ragazzi così formati diventano invincibili assassini su commissione professionisti, spietate macchine di morte la cui vita è insignificante rispetto all'importanza del clan di appartenenza.
Raizo (la popstar sudcoreana Jeong Ji-hoon, meglio conosciuta col nome di Rain) è uno di questi. Probabilmente il più talentuoso tra tutti quelli addestrati, in tanti anni, da Ozunu-sama (Sho Kusugi). Raizo può eliminare chiunque, senza essere visto da nessuno. Ma ora Raizo è in fuga. Ha tradito il suo clan, dopo essersi rifiutato di giustiziare un compagno disubbidiente. La sua umanità latente ha rifatto capolino dopo la morte della persona a cui teneva di più al mondo, e la cosa lo ha fatto diventate un ninja rinnegato, ricercato dal suo stesso clan per alto tradimento. Quello che Ozunu non sa è che Raizo in realtà non sta scappando: sta solo cercando il momento migliore per contrattaccare, e distruggere il clan Ozunu una volta per tutte...occasione che forse gli si presenta quando due poliziotti dell'Europol di Berlino si mettono ad indagare sui leggendari Nove Clan.

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Negligenza o scelta cosciente?

Mettiamo subito in chiaro una cosa: Ninja Assassin non è un nuovo V per Vendetta, men che meno un nuovo Matrix. Chi si aspettava un film anche solo vagamente profondo e/o sperimentale rimarrà deluso. Chi invece nel cinema cerca solo intrattenimento, ha appena trovato tonnellate di pane per i suoi denti.
Ninja Assassin soffre del difetto di tanti rutilanti action movie degli ultimi anni: la quantità di eccellenti scene di azione e combattimento è inversamente proporzionale alla reale sostanza e consistenza della trama di fondo. E' triste pensare che un qualunque film con Jean-Claude VanDamme (anche il “mitico” Street Fighter - Sfida Finale, a cui lo stesso McTeigue prese parte in qualità di aiuto regista!) possa vantare una trama più interessante e profonda di quest'ultima produzione Wachowski-Silver. La storia di Raizo e del suo clan, per quanto ben raccontata, è abusatissima, e i personaggi, anche se inquadrati molto bene nel contesto della storia, sono poco più che meri cliché. Oltretutto, l'opera si perde nella sua inconsistenza di fondo non venendo a creare una vera mitologia, un mondo di sottofondo alla storia che possa davvero essere esplorato, anche in eventuali seguiti. Tanto per fare un esempio, vengono citati più volte i misteriosi e 'potentissimi' “Nove Clan”, che tuttavia rimarranno solo un nome per tutto il corso del film. A voler fare, su quest'aspetto, un paragone con un lavoro concettualmente molto simile come il Kill Bill di Quentin tarantino, Ninja Assassin ne esce prima con le ossa rotte, e poi con le braccia mutilate dalla Sposa, che può giustamente reclamarle come trofei.
Però...c'è un però. Non ci si può non chiedere come una trama così banale possa essere opera di una quadrupla (!) riscrittura da parte degli autori di pellicole come Matrix e V per vendetta, coadiuvati inoltre da uno sceneggiatore del calibro di J. Michael Straczynski, acclamato scrittore per Marvel e DC e autore della sceneggiatura originale dell'ottimo Changeling con Angelina Jolie diretto da Clint Eastwood.
La risposta non può che essere una sola, filtrata anche dalle diverse interviste che McTeigue ha rilasciato prima dell'uscita del film: la banalità della storia e la piattezza dei personaggi sono assolutamente volute. McTeigue ha ribadito più e più volte di volersi rifare all'estetica e alle dinamiche dei film, dei videogiochi e dei cartoni animati più famosi basati sul mondo dei ninja, volendo così creare il più bel film del genere sotto questo aspetto. Poco più che un'opera artistica, dunque. A differenza di altri film dove la trama è deficitaria per incapacità degli sceneggiatori, qui la trama latita per via di una precisa scelta stilistica. Rimproverare a McTeigue la pochezza del plot di Ninja Assassin è come lamentarsi con Miyazaki di aver realizzato, con Ponyo, un film solo per infanti dopo aver fatto sognare il pubblico di tutte le età.
Certo, una scelta opinabile da parte del regista del sottile e impegnato V, soprattutto dai critici, che sperano sempre che il cinema racconti storie, pensieri, emozioni, e le immagini e i suoni non siano solo veicolo di adrenalina. Ma il proposito del regista era questo: l'arte è personale, e regista e produttori crediamo siano consci dei rischi di stroncatura in cui incorrono.

Impara l'arte (ninja) e mettila da parte

Anche da un punto di vista meramente tecnico, il film non può che spaccare l'utenza su varie posizioni. Visivamente infatti l'opera è ineccepibile: girata e recitata ottimamente bene, fa un uso notevole, ma non eccessivamente invasivo della computer grafica, a meno che non dia fastidio la costante presenza dell'emoglobina che schizza in continuazione da ferite e corpi mozzati, andando a impregnare non solo i vestiti dei personaggi e gli ambienti in cui si muovono, ma la fotografia tutta. In certi momenti il film sembra girato in “rosso e nero” vista l'oscurità prevalente in cui si muovono i ninja, rotta solo da lame lucenti e zampillanti fiumi di colore rosato. Fa pensare il fatto che solo pochi anni fa Tarantino fu costretto a rendere in bianco e nero le sue sequenze più sanguinolente di Kill Bill per motivi di censura, e ora un film come Ninja Assassin guadagni un semplice PG-17 ai botteghini americani. Segno dei tempi che cambiano?
Altra particolarità che può esaltare o infastidire, a seconda delle proprie preferenze personali, sono certe inquadrature e movimenti di camera, palesemente ripresi da alcune visuali (a volte addirittura soggettive!) di diversi videogiochi e anime di richiamo del genere. Ad un pubblico giovanissimo piaceranno da morire. Agli altri, non garantiamo nulla. L'intento di ricreare le atmosfere e gli effetti dei classici del genere è pienamente riuscito, non limitandosi però ad omaggiare gli originali quanto a “plagiarli” riportando live soluzioni e stilemi visti in tante altre opere, soprattutto del regista giapponese (autore tra l'altro di due degli episodi di Animatrix) Yoshiaki Kawajiri, tra cui in particolare Ninja Scroll (tanto che, a nostro parere, ci sarebbero quasi gli estremi per una citazione in tribunale per plagio!).
Ad ogni modo, quella che McTeigue porta sullo schermo è azione allo stato puro, e non ci si può esimere dal complimentarsi con i numerosissimi stuntmen e coreografi per essere riusciti a realizzare un lavoro eccellente, soprattutto in un paio di scene dal grande effetto, limitando al massimo le coreografie con funi e lavorando su un interessantissimo misto tra arti marziali e parkour assai gradevole da vedere.
Parlando di ninja, finiamo spendendo due parole sulle loro leggendarie abilità, elemento in verità non perfettamente curato nel film: se i combattimenti all'arma bianca sono infatti ottimamente realizzati, i jutsu (le mistiche tecniche ninja) sono presenti solo in parte, in una maniera un po' deludente e che non ci spieghiamo bene. Le mitiche arti illusorie, nonché quelle di attacco con fuoco e veleno, sono a quanto pare sconosciute ai ninja di Ozunu, che tuttavia vantano supervelocità, conoscenza dei punti di pressione a mò della scuola di Nanto di Ken il Guerriero e addirittura incredibili tecniche di rigenerazione...

Real ninjas

Vera star del film, in verità, più che un singolo attore, è l'azione vera e propria, che prosegue quasi senza sosta per tutta la durata del film. Per questo però c'è da ringraziare gli interpreti del film e il loro apporto davvero “fisico”.
Rain, per quanto semisconosciuto al pubblico occidentale (lo abbiamo visto nella parte di Taejo Togokahn in Speed Racer) è una celebrità in Korea del Sud e non ce ne stupiamo: bello e simpatico, il suo pregio è soprattutto riuscire a trasmettere fisicità, ma al contempo buone doti recitative anche in mezzo all'azione, cosa assai difficile da fare anche per attori levigati. Le doti atletiche sfoggiate per questo film sono, poi, indiscutibili: comunque andrà Ninja Assassin al botteghino, la sua carriera ad Hollywood è appena cominciata.
Il migliore della troupe, tuttavia, è senza dubbio Sho Kusugi, nei panni dell'inamovibile Lord Ozunu. Kusugi, grande maestro di arti marziali e interprete di decine di film entrati nella storia nel genere, è il valore aggiunto della produzione e incarna perfettamente la sua parte, riuscendo a far scavare il pubblico nei ricordi mentre ancora con grande vigore si batte sullo schermo proprio come ai tempi de “Enter the ninja”. Peccato per il doppiaggio italiano, sempre di livello professionale, ma in cui perde il suo caratteristico accento nippo-americano, che aggiunge molta atmosfera ai dialoghi della versione originale.
Naomie Harris (Pirati dei Caraibi 2 e 3) e Ben Miles (V per Vendetta) invece, per quanto azzeccati e in parte, rimangono imbrigliati nei loro ruoli polizieschi, teoricamente importanti eppure, in realtà, assolutamente marginali ai fini della storia, non avendo la possibilità di imprimere la loro impronta sulla pellicola in modo significativo.
Stesso destino tocca a Rick Yune, nei panni del rivale di Raizo, Takeshi: si vede troppo poco sullo schermo per poter creare una qualunque empatia con gli spettatori. Buona, ma sacrificata, anche la performance di Anna Sawai, nei panni della dolce Kiriko.

Ninja Assassin Non si può non rimanere in qualche modo spiazzati durante la visione di Ninja Assassin, perché è un film che riesce a muovere diversi interruttori nello spettatore. L'esaltazione, ma anche la perplessità, per la resa no-stop delle ottime scene d'azione, la delusione per la mancanza di una storia che in qualche modo non risultasse banale, la sorpresa per alcune scelte stilistiche assolutamente azzeccate. Ninja Assassin è il miglior film del suo genere, eppure si merita appena una sufficienza. E' un limite del genere stesso o una limitazione auto-imposta dal regista? Noi crediamo la seconda. E McTeigue, ora al lavoro sull'oscuro (in tutti i sensi) The Raven, mentre noi ci interroghiamo su questo, intanto se la ride, con la stessa espressione in volto della maschera di V.

6.5

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