Recensione Nemico Pubblico N.1 - L'ora della fuga

Il secondo, adrenalinico, capitolo delle "imprese" di Jacques Mesrine

Recensione Nemico Pubblico N.1 - L'ora della fuga
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Senza freni

A circa un mese di distanza ecco giungere nelle sale italiane la seconda parte del dittico su Jacques Mesrine, il criminale più famoso della storia recente d'Oltralpe. Grandi lodi erano già state spese sul precedente episodio, in grado di coniugare nel migliore dei modi la componente biografica a quella prettamente d'azione, con un protagonista d'eccezione come Vincent Cassell nei panni dello spietato bandito. Le carte qui non cambiano, ed ecco perciò un seguito all'altezza, se non addirittura superiore a tratti, dell'originale. Ma le differenze sono non poche, a cominciare dalla personalità del protagonista, qui vera e propria "celebrità" del crimine, quasi idolatrato dall'opinione pubblica come antieroe di fama, e il versante introspettivo cede spazio alla tensione pura, con un susseguirsi di scene action di grande impatto. Poche pause in favore delle rocambolesche e violente avventure del Nemico pubblico n.1, sottolineate ancor di più dal sottotitolo L'ora della fuga. Mesrine viene perciò trasformato in una sorta di rockstar, ma al posto delle chitarre vi è il fragore delle pistole, il sudore della paura e l'odore del sangue. Lo osserviamo sprezzante scrivere la sua autobiografia, dalla quale è stato tratto poi questo lavoro cinematografico, o ancora entusiasta bearsi delle sue "imprese" narrate pomposamente da tutti gli organi d'informazione. Le donne lo bramano, la gente lo teme rispettosamente e i nemici ne sono terrorizzati, tale la sua furia cieca è pronta ad abbattersi senza pietà sui malcapitati avversari, e il tradimento viene contemplato come perdita di ogni speranza. Cassell si conferma una star di prima grandezza, e riesce nell'arco dello stesso personaggio a creare due volti complementari ma diversi, pur mantenendo il fondo di crudeltà e tristezza di cui è carico il personaggio. Il regista Jean-François Richet è qui ancora più vittima di Mesrine, che sembra celebrare palesemente senza vergogna, forse eccessivamente, ma figlio della cronaca reale. L'unico appunto è forse da ricercarsi in una caratterizzazione fin troppo ingenua e superficiale delle forze dell'ordine, che qui appaiono come l'esercito tedesco narrato centinaia di volte nei film propagandistici della vecchia Hollywood. La trama sembra alquanto accessoria, sicuramente rocambolesca. Ma questo non è sicuramente un difetto e anzi, osservare i due diversi approcci come un'opera unica offre la personalità del protagonista in tutte le sue sfaccettature, rendendola una figura viva e pulsante degna di esser narrata. Questa volta gli attori comprimari rimangono tali, semplici "pupazzi" giostrati dalla perfida psiche di Mesrine, qui star assoluta e centro carismatico di tutta le pellicola, per oltre due ore di assoluto spettacolo. Si, spettacolo, non ci sono altre parole per descrivere il secondo tassello biografico di Richet. Una regia che non ha niente da invidiare ai polizieschi americani ma che anzi, talvolta offre passaggi da incorniciare nella storia moderna del genere, talmente esaltanti da chiedersi se non sia la Francia il nuovo paese re del genere. Senza lo sfarfallio esagerato degli effetti speciali, ma con molto mestiere e ingegno, e uno stile grezzo ma avvincente, la presa sul pubblico è forte e immediata. E i minuti finali sono un compendio di tensione assoluta, scevra da facili trucchi ma figlia di una regia attenta ai minimi particolari, dalle inquadrature sempre in grado di raccontare l'istante più adatto allo svolgersi degli eventi.

Arrivo vincente

In un settore quanto mai invaso da prodotti banali e stereotipati, da Oltralpe emerge un ennesimo esempio di grande cinema, realizzato con maestria e perizia, e una sobrietà non priva di spettacolo. Imprese non facile, ma che sempre più spesso provengono da una cinematografia europea astuta e intelligente, pronta ad innovarsi, da cui solo l'Italia si ostina a rimanere colpevolmente esclusa. Nemico pubblico n.1 - L'ora della fuga si rivela leggermente superiore a L'istinto di morte, ma necessita comunque di una visione d'insieme per apprezzare il meticoloso lavoro svolto dal regista e da Cassell per tratteggiare nel migliore dei modi un personaggio così pericoloso, non solo realmente, anche cinematograficamente parlando. Senza scadere in facili macchiettismi, ecco un ritratto duro e celebrativo, forse pregno di una sincerità dedita allo spettacolo comunque degna di nota. Perfetto nel comparto tecnico, da un'eccellente fotografia a un uso calibrato del comparto musicale, mai invasivo ma fulgido schiavo non soccombente delle leggi registiche, è una pura perla da gustarsi senza pregiudizi, con la sola certezza di osservare due ore incalzanti e senza freni.

Nemico Pubblico N.1 - L'ora della fuga Simile ma diverso, figlio della stessa madre ma più cugino che fratello. E' così che può essere definita la seconda parte di questo poliziesco francese, puro concentrato di azione e spettacolo. Giocando tutto o quasi su questi ultimi due fattori, e distaccandosi perciò dal versante drammatico del precedente capitolo, L'ora della fuga ci propone il lato più violento e irascibile di Jacques Mesrine, offrendo due ore di tensione senza sosta. Non siate nemici di voi stessi, e non negatevi la visione di un prodotto di alto livello come questo, preferibilmente da gustare nella sua interezza insieme a L'istinto di morte.

8

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