Nel Paese delle Creature Selvagge, la recensione del film di Spike Jonze

La recensione del nuovo film di Spike Jonze, Nel Paese delle Creature Selvagge.

Nel Paese delle Creature Selvagge, la recensione del film di Spike Jonze
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Max (Max Records) è un bambino con una grande immaginazione che ama indossare un vestito da lupo. Ma è anche un bimbo che si ritrova a trascorrere solo con le sue fantasie gran parte della propria giornata dato che vive solo con sua madre e sua sorella maggiore. Un giorno, gli amici di sua sorella distruggono il suo fortino di neve in una battaglia a pallate e lui, arrabbiato, corre nella cameretta di lei mandandola all'aria e riempiendola di neve che, sciogliendosi, crea un "pantano" sulla moquette. Come se non bastasse, sua madre Connie (Catherine Keneer) ha deciso d'invitare a cena il suo fidanzato (Mark Ruffalo). Max pianta un grande capriccio e arriva perfino a dare un morso a sua madre. Arrabbiato, corre via di casa, con ancora addosso il costume da lupacchiotto. Arrivato nei pressi della riva, prende la via del mare a bordo di una barca a vela abbandonata. Alla fine della travagliata navigazione, giunge su una terra sconosciuta, abitata da delle strane e parlanti creature selvagge. Le bestie sono all'inizio diffidenti e minacciano perfino di mangiarlo, ma quando il bimbo dichiara di essere il loro Re, venuto da una terra lontana apposta per porre rimedio ai loro problemi lo accolgono nel loro bizzarro branco.

Where the Wild Things Are

Where the Wild Things Are di Maurice Sendak è uno dei più famosi racconti illustrati per l'infanzia. In America, è così celebre ed importante che lo stesso Presidente Obama, durante lo scorsa Pasqua, lo ha letto ai bambini pervenuti alla Casa Bianca per l'annuale Egg Rolling (gioco tipico dei paesi anglosassoni nella quale i bimbi fanno a gara facendo rotolare le uova di Pasqua sul prato). Il film ha avuto una gestazione travagliata: negli anni ottanta fu Disney Pictures ad interessarsi al progetto, poi naufragato. Nel 2000, venne opzionato da Universal Pictures che assunse proprio Jonze come regista, su segnalazione dello stesso Sendak. Un teaser del film, venne proiettato nei cinema americani prima de Il Grinch, ma poi, in seguito a divergenze con la produzione, la pellicola non vide più la luce, fino all'interessamento di Warner Bros che ha dato sostanziale carta bianca al regista. Gli splendini animatronic adoperati nel film sono figil del Jim Henson's Creature Shop, la ditta fondata dal papà dei Muppets.

Infanzia

"When childhood dies, its corpses are called adults and they enter society, one of the politer names of hell. That is why we dread children, even if we love them. They show us the state of our decay." (Brian Aldiss)
"Quando l'infanzia muore, i suoi cadaveri vengono chiamati adulti ed entrano nella società, uno dei nomi più garbati dell'inferno. Per questo abbiamo paura dei bambini, anche se li amiamo: sono il metro del nostro sfacelo".

Passando dall'infanzia all'età adulta si oltrepassa un'invisibile linea di confine che segna inevitabilmente l'oblio di un periodo fondamentale nella vita di ognuno. Un ciclo con tante luci e tante spaventose ombre. Stephen King, con la sua prosa schietta, definita come semplice letteratura usa e getta da alcuni o come grande letteratura contemporanea da altri (noi propendiamo decisamente per la seconda opzione) ci suggerisce da sempre che l'età verde è il tempo della magia in cui le paure sono magiche ed ancestrali: tutto quello che scorre davanti agli occhi è ammantato da contorni affascinanti od inquietanti tanto che, quando si spegne la luce della camera per andare a dormire, la certezza che la felpa e i jeans appoggiati sulla sedia resteranno tali, svanisce, lasciando posto alla sicurezza che quegli abiti, nella penombra, assumeranno il contorno orripilante di un mostro mangia-bambini che, però, nulla potrà farci finché restiamo protetti dalla impenetrabile barriera del nostro piumone. "Il bambino è il padre dell'uomo" diceva William Wordsworth in questa affermazione, solo apparentemente paradossale, è racchiuso il germe di una profonda verità. Una volta divenuti "padre" quella connessione, talvolta pacifica, talvolta conflittuale o violenta, con l'anima più nascosta e vibrante di ciò che ci sta intorno, rimane relegata in un angolino remoto della nostra mente. Recesso che può essere raggiunto inconsapevolmente da un odore o un sapore (quello che proustianamente ci ha suggerito Brad Bird con il suo Ratatouille) o, perché no?, grazie ad uno scritto elaborato da chi, malgrado l'età, riesce a restare più facilmente ancorato a quell'epoca in cui tutto è fatto d'incanto, meraviglia, desiderio, sentimenti violenti difficilmente controllabili o razionalizzabili, sostanziabili solo con una fuga capace di condurre lontano dall'incomprensibile e pauroso mondo degli adulti. E trovare conforto in un luogo popolato da creature selvagge. Ma per raggiungere questo conforto, bisognerà prima imparare a domare la violenza e la rabbia.

Essere Max.

Spike Jonze è conosciuto da molti come il realizzatore di alcuni dei video musicali più innovativi ed originali degli ultimi 15 anni (Da Funk dei Daft Punk, Sabotage dei Beastie Boys, It's oh so quiet! Di Bjork, Weapon of Choice di Fat Boy Slim solo per citare alcuni dei più noti), nonché come il creatore, insieme a Johnny Knoxville e Jeff Tremaine del cult show televisivo Jackass. Al cinema, grazie al sodalizio artistico con lo sceneggiatore Charlie Kaufman, ha esplorato le stanze più bizzarre della mente con pellicole totalmente schizoidi come Essere John Malkovich, Adaptation - Il Ladro D'orchidee e Human Nature. Un esperto per quanto riguarda le paranoie e le ossessioni umane. Il suo approssimarsi alla storia di Sendak risale ai primi anni del 2000, quando lo stesso scrittore, dopo anni di rumor circa la realizzazione del film, propose il progetto a Jonze, dopo averne notato le capacità (rimandiamo all'apposito box per ulteriori dettagli circa il travagliato percorso produttivo del film). Jonze, nel raccontare le emozioni complesse di un bambino, non scade nei facili cliché del cinema d'intrattenimento per famiglie: Max, nei suoi sbalzi d'umore e nel suo alternarsi di risate, pianto e paura è né più né meno come un normalissimo bambino. E' incontrollabile e i suoi atteggiamenti sono figli di quell'irrazionale desiderio di onnipotente controllo che ogni bambino esige dal suo mondo. Un universo fatto tanto di sentimenti, quanto di cose e persone nella quale lui esige di essere il Re di ogni Cosa. Ma questa volontà è destinata a scontrarsi con l'ingresso nel mondo "dei grandi". C'è un'espressione, tanto rapida e fugace quanto permenate, che potrebbere riassumere il senso di tutto il film: ci riferiamo al quasi impercettibile singulto di paura avuto da Max mentre il maestro di scienze, durante la lezione, spiega alla classe che un giorno anche il Sole morirà, espandendosi fino ad inglobare anche il pianeta Terra. E' in quel momento che Max comprende la prima delle regole che connotano il mondo degli adulti: possedere l'assoluto ed egoistico controllo di ciò che ci circonda è una chimera irrealizzabile. Come in ogni fiaba che si rispetti (Propp insegna), il superamento di questo trauma, può avvenire solo attraverso un viaggio dalle funzionalità psicagogiche che spingerà Max verso la comprensione del fatto che la vita è fatta da altri individui, come i misteriosi adulti con i loro strani problemi di lavoro, che, malgrado le contingenze che la quotidianità oppone loro, gli vorranno comunque bene.
Nel costruire l'impalcatura di questa storia nella quale l'infanzia è rappresentata con assoluta sincerità in tutte le sue venature di violenza, egoismo, irruenza, dolcezza e senso di colpa, Jonze si avvale di una sceneggiatura realmente valida capace di riempire i buchi che si vanno ad originare durante la fase di adattamento cinematografico di una storia lunga solo dieci frasi. Dave Eggers, che a soli 39 anni è già uno dei più importanti autori della letteratura americana contemporanea, è un acuto osservatore delle problematiche dell'infanzia fin dal suo libro d'esordio, quasi completamente autobiografico"L'opera struggente di un formidabile genio", salutato a ragione come un capolavoro. Regista e sceneggiatore hanno il merito di aver costruito un personaggio che non ha, inizialmente, il peno controllo delle proprie pulsioni con un incipit fra i più belli visti di recente al cinema. Un incipit fatto di silenzi, di risate, con lo sguardo della macchia da presa che segue fedelmente il bimbo con fare intriso di tenerezza. Max è un barbaro apprendista per il quale casting migliore non poteva essere fatto (se non si perde per strada, il dodicenne Max Records ha un promettente futuro davanti a se). Ed il pregio migliore di tutta la pellicola sta proprio nella lealtà adoperata dagli autori per rappresentare le tante facce dell'infanzia: una maniera così diretta, drastica e matura che pone il film in un territorio comune a quello di Miyazaki o dei film Pixar (studio che all'interno del cinema mainstream americano è quasi un'entità aliena). Perché è la rabbia la vera protagonista di questa pellicola: la rabbia che scaturisce dal non essere capiti, la rabbia che nasce dalla paura di perdere l'amore della propria mamma, la rabbia che erompe dal timore di essere abbandonati e delusi da chi ci sta accanto. Le creature selvagge incontrate da Max, non sono altro che le proiezioni dei vari fantasmi che vivono nel suo inquieto spirito di bambino con lo stretto legame, quasi identitario che s'instaura fra Max e Carol (la cui voce, in originale è del "Soprano" James Gandolfini, mentre in Italia Warner Bros ha saggiamente scelto Pierfrancesco Favino) ad ulteriore riprova della cosa. Carol, come Max, si sente incompreso e si sfoga in maniera rabbiosa con tutto cò che gli sta intorno perché le sue paure sono le stesse del piccolo viaggiatore arrivato dal mare. Tutto dovrebbe ruotare attorno a lui perché è così che dovrebbe essere senza se e senza ma (e anche lui, come Max, tenta di controllare la sua realtà con un plastico). Il conflitto che si creerà fra i due, segnerà il momento della maturazione di Max e dell'effettivo accoglimento dell'altro da sé nel proprio panorama. Le creature selvagge verranno abbandonate, ma il loro ricordo accompagnerà Max per sempre.

Where the Wild Things Are Spike Jonze ha firmato una pellicola che mai ci saremmo aspettati di ricevere in dono. Non che non fossimo consapevoli delle grandi potenzialità del regista, dimostrate a tutto tondo tanto al cinema quanto in Tv, ma la sopresa è comunque sia grande. Forte di un perfezionismo registico senza pari e di una sceneggiatura scritta da un David Eggers davvero in forma, Nel Paese delle Creature Selvagge, più che un film per bambini, e un film SUI bambini che andrebbe mostrato a dei gruppi di visione composti da adulti, genitori e quant'altro, per ricordare loro quanto misteriosa, complessa e piena di rabbia sia l'infanzia. Perché troppo spesso ormai i bambini vengono visti come i semplici destinatari di operazioni di mercato o come degli adulti in formato mignon da oberare di responsabilità ed impegni, dimenticando completamente che essere “piccini” significa convivere ogni giorno con la presenza d'inquietanti creature selvagge che bisogna imparare a conoscere e domare. Parafrasando il titolo del romanzo più famoso di Eggers, possiamo dire che l'incontro di Jonze, Sendak e Eggers ha dato i natali "All'opera struggente di tre formidabili genii"

8.5

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