Una donna si muove tra Roma e Terracina, trascinandosi dietro un letto, ora in pigiama, ora in cappotto. Interroga le persone, rimprovera se stessa, tenta di penetrare nel vissuto di suo padre. È Eleonora Danco, regista teatrale che “lavora sugli intrecci tra materia ed emozioni”. Il suo è un esplorare non attraverso i luoghi, ma nei volti, i solchi che il tempo ha tracciato sulla pelle, i sorrisi di chi quei solchi ancora non li ha.
La lezione pasoliniana nel teatro romano contemporaneo
Ancora al giorno d’oggi molti autori teatrali romani si ispirano e portano nei loro lavori l’insegnamento lasciato da Piepaolo Pasolini. C’è poco da fare e non sempre è un bene. Non se lo scrollano di dosso, personaggio importante e ingombrante com’è. Nel caso di Eleonora Danco questa ispirazione ha soluzioni felici, persino negli inserti di stampo teatrale e a-narrativo che risultano così surreali nell’economia di questo diario-osservatorio-documentario che è N-capace.
Volti interessanti, ragazzi di vita, e l’artista che sta al di sopra, unico possessore di una qualche conoscenza culturale che invece gli intervistati non hanno.
La tragica realtà
Eleonora interroga i vecchi, compreso il suo burbero padre dagli occhi dolci, troppo chiuso in se stesso per parlar male della propria madre, per lasciarsi andare con sua figlia. Chiede, Eleonora, con domande semplici e dirette, quasi naive per quanto sono schiette e naturali. La guerra, il passato, la vita quotidiana. L’educazione ricevuta, il matrimonio, le botte in casa, dai genitori prima e dai mariti poi, il lavoro, la mancanza di istruzione.
Poi fa domande ai giovanissimi, ed è lampante il suo scopo: una volta c’era ignoranza, era la conseguenza della guerra e della povertà. Oggi eccola di nuovo, dilagante e inesorabile muffa che ha già marcito la nostra società. Ragazzi che non sanno parlare, esprimere a parole ciò che intendono dire. Eccola lì, ancora, l’ignoranza che però questa volta non si spiega.
Non è casualità: c’è un’intera generazione che manca, in N-capace. Quella di mezzo, quella che va dai chi oggi ha tra i trenta e i cinquant’anni. Quella che a questa ignoranza disse no, quella che si alfabetizzò, si diplomò, spesso si laureò, ma che non è stata capace di trasmettere il valore di tutto questo alla successiva.
Lo zucchero per mandar giù la pillola
Non è casuale lo scopo della Danco. Gli argomenti delle domande che tocca sono sempre gli stessi: ancora la famiglia, l’educazione ricevuta, la mancanza di studio, di gioco, di un’infanzia. Ancora le botte prese, prima dai genitori e poi dai mariti, la normalità di questa bestialità. E l’evidenziare come tra i ragazzi tutto questo sta tornando, naturale conseguenza di una mancanza di cultura che è apertura mentale, rispetto verso l’altro come essere umano.
Il sesso, l’amore, il futuro. Come vedi le ragazze e se secondo te sono tutte delle “poco di buono” (quattro su sei rispondono di sì), se è frequente che un ragazzo picchi la sua ragazza (sì, ma d’altro canto le promette che le farà mettere su famiglia, è l’agghiacciante risposta, tradotta da un esasperato neo-dialetto di una ragazza che non sa nemmeno scandire le sillabe di ciò che le esce di bocca): ecco cosa chiede la Danco.
Gli intervistati non sono un esotico campione lontano, se ci si guarda intorno sono lì: nipoti, figli di amici, di vicini di casa. Forse i compagni di classe di vostro figlio, forse vostra figlia stessa. Sono esilaranti: questo è un documentario estremamente divertente. Specie quando si chiede agli anziani di Terracina se credono nell’aldilà o come hanno appreso del sesso. Ma la risata fa sì che la tesi della Danco si insinui sottopelle di chi vede, è lo zucchero per mandar giù l’amara pillola della realtà.
Non serve lamentarsene: siamo stati noi, quelli inutili. Siamo stati noi gli egoisti, che hanno imparato, forse, ma che di certo non hanno insegnato nulla.
N-capace è un documentario tra il Pasolini surreale e quello dei ragazzi di vita, e l’osservazione più naive della realtà che immediatamente ci circonda. Due generazioni a confronto, in un’agghiacciante similitudine fatta digerire attraverso l’esilarante procedere della narrazione-intervista. Ottimo esordio di un’autrice teatrale.