Mister Felicità, la recensione del film di Alessandro Siani

Alla sua terza prova registica, Alessandro Siani racconta in Mister Felicità la vicenda di un mental coach impostore... pronto ad innamorarsi!

Mister Felicità, la recensione del film di Alessandro Siani
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Sarà vero che, come diceva il filosofo cinese Confucio, la felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta? Prova a risponderci il napoletano classe 1975 Alessandro Siani tramite Mister Felicità, sua terza fatica registica, che, dopo Il principe abusivo e Si accettano miracoli, lo vede anche nei panni di Martino, indolente e disilluso giovane partenopeo che vive in Svizzera dalla sorella Caterina alias Cristiana Dell'Anna, la quale si trova a dover necessitare di costose cure a causa di un incidente che la costringe all'immobilità. Una situazione che lo porta a prendere il posto di lei nel fare le pulizie presso il dottor Guglielmo Gioia cui concede anima e corpo Diego Abatantuono: mental coach specializzato nello spronare le persone attraverso il pensiero positivo e l'azione. Mental coach che il protagonista arriva addirittura a supplire a sua insaputa, fingendosene assistente durante un periodo di assenza e ricordando il Gabriele Pignotta preso a sostituire a mo' di impostore uno psicologo in Ti sposo ma non troppo.

Il mental coach abusivo


È facile quindi intuire fin da subito una certa mancanza di originalità all'interno della sceneggiatura firmata da Fabio Bonifacci insieme allo stesso Siani, che del film osserva: "La rinascita emotiva è il motore autoriale che si è acceso in me e che mi ha dato lo stimolo per mettere in piedi un nuovo progetto cinematografico che raccontasse le differenze tra ottimismo e pessimismo, tra pensiero negativo e pensiero positivo, tra capacità di chi sa reagire ad una ‘caduta' e chi, invece, ha la completa mancanza di forza nell'affrontare i mille inciampi che purtroppo ci offre la vita". Mancanza di originalità ulteriormente accentuata da una più o meno vaga assonanza di Mister Felicità con il verdoniano Acqua e sapone dal momento in cui, in prossimità dei campionati europei di pattinaggio, Martino tenta di ridare fiducia alla campionessa Arianna Croft interpretata da Elena Cucci, la quale sembra averla completamente persa in seguito ad una brutta caduta sul ghiaccio. Campionessa cui fa da madre la Carla Signoris che, insieme al David Zed coinvolto nel ruolo di allenatore della nazionale di pattinaggio, completa lo sprecato buon cast di oltre un'ora e mezza di visione che individua il suo più grande difetto nell'indecisione manifestata per quanto riguarda la strada comica da intraprendere. Perché, al di là dei già citati rimandi ad analoghe operazioni italiane, non mancano neppure imprese fantozziane (si pensi alla gag con il fucile ed a quella con il pattino da ghiaccio) fuori luogo quanto le sequenze che rimandano in maniera evidente alle commedie demenziali d'oltreoceano (da un'interferenza proto-American pie 2 ad un imprevisto con il pappagallo in puro Farrelly Bros style). E non è sufficiente qualche battuta simpatica a strappare il tutto dalla morsa della fiacchezza.

Mister Felicità Allontanatosi dai contrasti nord-sud e dalle tematiche strettamente napoletane che avevano caratterizzato i suoi primi due lungometraggi da regista, Alessandro Siani concretizza con questa terza fatica dietro la macchina da presa una moderna favola dal sapore fortemente ottimista, sebbene non manchi neppure di ribadire che la vera felicità non esiste. Ma, tra plot che sa di già visto, gag difficilmente capaci di divertire e molte banalità rivolte al meno esigente degli spettatori (compreso il ricordare che innamorarsi è la regola per essere felici), Mister Felicità annoia e non riesce quasi mai nell’impresa di strappare risate... oltretutto complice un Abatantuono sacrificato e mal sfruttato.

5

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