Recensione Miracolo a Sant'Anna

La seconda guerra mondiale vista da Spike Lee

Recensione Miracolo a Sant'Anna
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Nella valle del Serchio

Toscana, estate dell'ultimo anno di guerra, la 95esima divisione dell'esercito americano, composta per la maggior parte da soldati di colore, avanza nella valle del Serchia, tentando invano di sfondare la linea gotica. Fra di loro ci sono quattro militari che riescono a passare il fiume, in pieno territorio nemico. Abbandonati dai superiori e ridotti a prede per i tedeschi, il sergente Stamps (Luke) ed i suoi uomini decideranno di avanzare, entrando così in contatto con la popolazione locale. Durante il loro viaggio verso il punto di rifornimento alleato salveranno uno strano bambino (Sciabordi) che si unirà a loro e stringerà subito amicizia con l'impacciato soldato Train (Miller). Una volta arrivati in un paesino al confine fra Liguria e Toscana, i quattro soldati cercheranno di guadagnarsi il rispetto della gente, entrando in contatto anche con un gruppo di Partigiani capitanati dal tenebroso Beppe (Favino), detto La Farfalla. Ma c'è un traditore fra le file della resistenza e i tedeschi sono pronti a colpire.

Nessun Miracolo

Nel 1944 la Garfagnana è stata teatro di uno dei peggiori massacri di tutta la seconda guerra mondiale. Il 12 Agosto tre reparti di SS salirono a Sant'Anna di Stazzema e sterminarono più di seicento civili fra donne, bambini e sfollati. Spike Lee, partendo da questo infausto episodio ed ispirandosi al libro di James mcBride, cerca di portare sullo schermo la condizione sovente dimenticata dei soldati neri all'interno dell'esercito americano. Spesso sfruttati e, in molti casi, ritenuti utili solo per mansioni di supporto, gli afro - americani hanno scritto una pagina importante del secondo conflitto mondiale e Lee, da sempre attentissimo alla questione razziale, non s'è lasciato scappare l'occasione per ribadire una volta di più i temi cardine della sua poetica.Peccato però che l'operazione, questa volta, non sia riuscita. Il regista, infatti, lavorando in un contesto molto atipico (ricordiamo che Spike Lee nasce come autore prettamente cittadino) si trova in visibile imbarazzo e fa molta fatica a gestire la vicenda. Miracolo a Sant'Anna sembra non decidersi mai, da una parte è una favola d'amicizia a tratti anche molto toccante e dall'altra vorrebbe essere un film di guerra tradizionale; il risultato è una pellicola disarticolata, quasi schizofrenica, in cui momenti dalle atmosfere quasi oniriche vengono schiacciati da scene che non sfigurerebbero in un film di John Wayne. Fin dai primi minuti, ci si accorge che Lee non ha mai veramente in mano le redini della storia, le varie sottotrame sembrano avere vita propria e, come un fiume in piena, si dipanano lungo troppi rivoli. Nessuna tematica viene mai affrontata con decisione, c'è il discorso della razza, risolto con pochi accenni quasi macchiettistici, c'è il rapporto d'amicizia fra il gigante di cioccolato Train ed il bambino, anche qui poco approfondito, c'è la resistenza italiana, ci sono tante cose, ma mai nessuna che pare veramente interessare al regista. Lee, con la sua ossessione per le storie "nere", ha finito per trasformare il suo film in un enorme calderone di suggestioni che restano, appunto, solo suggestioni prive di una reale coerenza interna.Ma la cosa che stupisce di più, e che non ci si aspetta da un regista colto come Lee, è la superficialità con cui viene ritratta l'Italia in Guerra. Abusando dei luoghi comuni, gli italiani sono ritratti, fondamentalmente, come un popolo di bamboccioni: c'è il vecchio fascista, la giovane montanara seducente, lo scemo del villaggio e via di questo passo, oscillando sempre fra la caricatura ed il banale. Ma, volendo andare ancora oltre, si può dire che è proprio la vicenda narrata a non stare in piedi, la chiusura Newyorchese in particolare, mielosa fino alla carie, fa perdere di credibilità a tutto il film e rischia, perfino, di strappare qualche risata sicuramente non cercata dagli autori.

Buffalo Soldiers

Miracolo a Sant'Anna è un film prettamente corale, non abbiamo un protagonista nel vero senso della parola ma seguiamo le vicende di un gruppo di personaggi, ognuno con le sue proprie peculiarità. Ci fa piacere segnalare la cospicua presenza di attori italiani nel cast, a partire da Pierfrancesco Favino che, seppur al suo personaggio venga dato troppo poco spazio, incasella un'interpretazione più che dignitosa, ottimi anche la piccolissima parte di Luigi Lo Cascio ed il cammeo di John Turturro nei panni di un Detective dell'NYPD. Il lavoro migliore, tuttavia, lo fa un altro gigante del cinema italiano, Omero Antonutti che ritrae un vecchio padre di famiglia fascista con una grazia davvero esemplare. Buone le prove anche del resto del Cast, soprattutto dei protagonisti, anche se in alcuni casi c'è molto mestiere e poco cuore.

Miracolo a Sant'Anna Miracolo a Sant’Anna delude per la sua strisciante superficialità; Lee, anziché entrare in profondità nelle vicende che narra, si accontenta di imbastire un drammone favolistico di ambientazione guerresca non troppo riuscito. Addirittura il titolo stesso è sbagliato dato che il presunto miracolo non accade a Sant’Anna ma in un altro paese. Inutile dire che da un cineasta come Spike Lee ci aspettavamo qualcosa di più.

5

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