Recensione Mein Fuhrer: La veramente vera verità su Adolf Hitler

Una feroce satira su Hitler made in Germany

Recensione Mein Fuhrer: La veramente vera verità su Adolf Hitler
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Intro

Chaplin, da sempre all'avanguardia, con il suo The Great Dictator del 1940 aveva già preso di mira Adolf Hitler ed i suoi folli propositi di dominio: un film che anche adesso vale la pena vedere (non a caso nella classifica dei migliori 250 film di imdb.com si trova al 105° posto) nonostante i tanti anni trascorsi. Roberto Benigni vinse l'Oscar con La Vita è Bella, un premio che sottolineò la dolcezza della sua satira, una commedia che scivolava nel dramma per trattare uno dei temi più difficile: la Shoah. Anche Mein Füher: la veramente vera verità su Adolf Hitler affronta lo stesso tema, concentrandosi sulla figura del dittatore, ma la sua particolarità è che proviene proprio dalla Germania, essendo firmato da Dani Levy (già autore del diventente Zucker. Come diventare ebreo in sette giorni). Il film, che opera una spietata satira sull'uomo che terrorizzò e mise in ginocchio l'Europa, non è piaciuto in patria, soprattutto alla stessa comunità ebrea. L'intento di Levy era probabilmente quello di far vedere come anche il führer fosse un uomo comune, con le sue tante debolezze e le sue penose frustrazioni. Ma il risultato è un film debole, una farsa più che una commedia di spirito che si regge solo su dei grandi attori, primo fra tutti il compianto Ulrich Mühe di Le Vite degli Altri.


La Trama

La guerra è ormai persa, il terzo invincibile Reich sta cadendo in pezzi e lo stesso führer è demotivato e spaventato dai continui attentati. Alle grandi vittorie subentrano le devastanti sconfitte e la Germania sta per dichiarare la resa totale, mentre le sue città vengono bombardate, prima fra tutte Berlino. Ma il Ministro della propaganda Goebbels (Sylvester Groth) vuole che Hitler (Helge Schneider) effettui un discorso vecchio stile dinanzi alla folla nel giorno di Capodanno, un ultima illusione che verrà immortalata dalle sue telecamere ed immortalata nella storia. Tuttavia Hitler è provato, fuori forma e col morale sotto i tacchi, così viene richiamato dal lager il grande attore ebreo Adolf Israel Gruenbaum (Mühe), già direttore del teatro di Berlino. Dinanzi alle rimostranze di Himmler (Ulrich Noethen), Goebbels dichiara che solo l'odio per l'attore ebreo darà la scarica necessaria al führer, ma dietro questo piano si nasconde anche un ingegnoso complotto. Immediatamente Gruenbaum si prende le prime rivincite su Hitler - un piccolo uomo represso che veniva molestato dal padre - ma ben presto capisce che può osare di più: fa richiamare la sua famiglia dal lager di Sachsenhausen e progetta un clamoroso omicidio.


Il Cast e le Note Tecniche

Il film di Levy si regge interamente sulla grande recitazione del cast: Mühe, uno degli ultimi ruoli interpretati, è davvero bravissimo nell'interpretare un uomo che può giocarsi un'ultima e inaspettata chance concessagli dai suoi stessi carnefici e lavorando a stretto contatto con l'uomo che li sta condannando a morte. Sarebbe stato interessante rivedere l'intera storia in chiave drammatica, perché Mühe sembra un po' sprecato. Helge Schneider è davvero grandioso nei panni del führer: ne rispecchia la postura e la mimica oltre ad un'impressionante somiglianza fisica. Anche Sylvester Groth offre un'ottima interpretazione nei panni del burattinaio Goebbels; sempre sopra le righe, euforico e assetato sia di sesso che di vizi, è l'unico che abbia chiara la situazione: dato che il Reich sta crollando vale la pena tentare un ultima grande illusione di grandezza. Purtroppo queste grandi interpretazioni sono al servizio di una sceneggiatura sciatta e piuttosto monocorde che intriga nei minuti iniziali ma finisce per ripetere un copione sempre uguale che sembra voler dire: Hitler era un omuncolo che contava poco o nulla, erano i suoi ministri a decidere tutto per lui e per la nazione. Dal punto di vista tecnico invece vale la pena di lodare i costumi, la fotografia e la regia che si diletta in riprese dietro quadri semi-trasparenti e in lunghi carrelli che accompagnano e accolgono le passeggiate notturne e tristemente solitarie del führer.


Mein Fuhrer: La veramente vera verità su Adolf Hitler Lo spunto brillante e provocatorio di una commedia tedesca sul nazismo si traduce in un film come tanti altri. Era atteso come un film geniale e dissacrante ma il tema era troppo difficile per non rischiare di farsi male. L’ottima recitazione del trio dei protagonisti ed un buon impianto tecnico - dalla fotografia alla regia stessa - evitano la disfatta al film di Levy.

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