Recensione Marguerite

Ispirato da un'incredibile storia vera, Xavier Giannoli ci trascina nella Parigi degli anni '20 per raccontare la storia della baronessa Marguerite e della sua stonata passione per la musica, con leggerezza e divertimento.

Recensione Marguerite
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Primavera 1921, appena fuori Parigi: all'interno di una residenza di campagna si tiene un concerto di beneficenza per i bambini orfani di guerra e a cantare è la straordinaria baronessa Marguerite Dupont, soprano di coloratura membro di un circolo di musicisti. I tavoli della casa sono adorni di fotografie che ritraggono Marguerite con i costumi di scena, intenta ad interpretare le più grandi protagoniste femminili di Mozart, Puccini, Bizet. Attorno all'artista un maggiordomo intento a preparare il suo vestito, una cameriera che porta una piuma di pavone appena staccata dall'animale vivo: capricci d'artista per quello che sembra un talento inarrivabile e che invece arriva sul palco senza indovinare nemmeno una nota. La baronessa Marguerite Dupont è incredibilmente stonata, eppure si muove e si atteggia come una grandissima diva. Ad alimentare la sua ingenua convinzione uno scrosciante applauso a fine esibizione, figlio dell'ipocrisia del circolo che lei finanzia e di un marito troppo occupato a cercare scuse per non sentirla e a trovare l'amore in un'altra donna per prestarle attenzione. E così, giorno dopo giorno la verità viene celata a Marguerite, chiusa all'interno della sua bolla di convinzione alimentata dalle persone a lei più care, dal suo piccolo circolo, dagli elogi di due ragazzetti truffatori alla ricerca di qualche soldo da spillare a quegli occhi pieni di solitudine.

Un percorso di risveglio ironico e intelligente

Marguerite è tenace e maniacale nel suo amore spropositato per la musica: colleziona, ascolta, si allena ma non riesce a sentire le sue note stonate - o forse, semplicemente, non vuole. Come un fanciullesco rifiuto della realtà a favore dell'illusione di una bellissima fantasia, Marguerite persevera fino alla fine nelle sue intenzioni, arrivando a cantare in pubblico nonostante la riluttanza del marito e di chi le sta intorno. Un inno alla libertà e alla naturalezza che Xavier Giannoli scrive e dirige con sarcasmo ed ironia, riuscendo perfettamente nella gestione del ritmo grazie anche al lavoro del cast: Catherine Frot regala alla sua Marguerite uno sguardo vivo pieno di ingenuità e passione ma ombrato dalla solitudine, riuscendo a coinvolgere il pubblico e a farlo simpatizzare immediatamente con il suo personaggio. La aiutano molto Denis Mpunga, maggiordomo ex machina, e Michel Fau, straordinario cantante lirico ormai in banca rotta che accetta di dare lezioni alla baronessa cercando di raggiungere l'impresa impossibile, renderla piacevole da ascoltare. L'armonia del cast è enfatizzata da un reparto tecnico notevole, soprattutto scenografia e costumi, che ricreano gli splendidi anni 20 con risultati eccezionali (soprattutto se si pensa al budget limitato a disposizione).
A convincere è tuttavia soprattutto la prima parte dei cinque capitoli che delimitano la storia, quella più ironica e divertente, che riesce a strappare un sorriso allo spettatore senza ridicolizzare il personaggio di Marguerite ma anzi, riuscendo a comunicare una tenera affezione - la stessa di cui la baronessa ha terribilmente bisogno. Il mordente viene meno nella seconda parte, dove la decisione di cantare in pubblico e la successiva preparazione rallentano la narrazione e la allungano notevolmente, sensazione sicuramente amplificata anche dai 127 minuti totali di pellicola. Nel complesso tuttavia Marguerite si conferma una pellicola di intrattenimento piacevole ed interessante, che trova il giusto spazio all'interno di un Festival di Venezia a cui mancava un po' di brio.

Marguerite Ispirato da un'incredibile storia vera, Xavier Giannoli ci trascina con Marguerite all'interno della Francia degli anni '20 e lo fa con sagacia e ritmo, creando una pellicola di intrattenimento piacevole ed intelligentemente ironica. Atmosfere curatissime, costumi che fanno innamorare e buone interpretazioni sono la chiave di un film nel complesso riuscito e molto godibile.

7

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