Recensione Manuale d'amore 3

Recensione del terzo capitolo della saga romantica diretta da Giovanni Veronesi

Recensione Manuale d'amore 3
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Fu nel Marzo del 2005 che abbiamo avuto il piacere, inaspettatamente, di rimanere incantati dinanzi ad un vero e proprio gioiellino della moderna cinematografia tricolore intitolato Manuale d'amore, il quale, a firma del difficilmente apprezzabile sceneggiatore e regista Giovanni Veronesi (responsabile degli script dei film di Leonardo Pieraccioni, tanto per rendere l'idea), riuscì nella dura impresa di affrontare in maniera eccellente, tra amarezza ed ironia, quattro fondamentali tappe sentimentali che bene o male si presentano, prima o poi, nella vita di chiunque: l'innamoramento, la crisi, il tradimento e l'abbandono attraverso altrettanti episodi.
Un gioiellino che, impreziosito da un cast di volti noti comprendente Silvio Muccino, Sergio Rubini, Margherita Buy, Luciana Littizzetto e Carlo Verdone, ha avuto due anni dopo il sequel Manuale d'amore 2 (Capitoli successivi), a firma dello stesso Veronesi ma che, al fine di parlare di eros, maternità, matrimonio (omosessuale, però) e amore estremo, dalla pellicola precedente recuperava soltanto i due interpreti di Al lupo, al lupo, per "acquisire" Riccardo Scamarcio, Monica Bellucci, Fabio Volo, Barbora Bobulova e Antonio Albanese.
Sequel deludente e privo di capacità di coinvolgimento, in realtà, in quanto sfruttatore in maniera slegata delle quattro tematiche di partenza, le quali, scese a tre, tornano invece a costituire l'ideale tracciato dell'amore in questo Manuale d'amore 3, ancora una volta sfornato dalla Filmauro di De Laurentiis.

Giovinezza, maturità e...oltre

Quindi, se nel primo film a fare da filo conduttore provvedeva la registrazione dell'audio-book che dava il titolo all'operazione e nel secondo una trasmissione radiofonica tenuta da dj Fulvio, con le fattezze di Claudio Bisio, questa volta, interpretato dall'Emanuele Propizio che aveva già lavorato con Veronesi in Genitori e Figli-Agitare prima dell'uso, abbiamo il tassista dell'amore Cupido a guidarci attraverso i vari tasselli.
Tasselli che prendono il via dagli errori di giovinezza di Roberto, il quale, con il volto del già citato Scamarcio, sogna di diventare avvocato e sposare Sara alias Valeria Solarino, senza immaginare, però, di dover scoprire una realtà fuori dal tempo tramite la bellissima e provocante Micol, cui concede anima e corpo Laura Chiatti.
Alle prese con la propria maturità e con l'intrigante Eliana incarnata da Donatella Finocchiaro, la quale, però, non è chi sostiene di essere, è l'immancabile Verdone a ricoprire il ruolo dell'affermato anchorman televisivo Fabio, fedelissimo alla moglie ma incapace di liberarsi con facilità dalla donna fuori di testa, casualmente conosciuta.
Mentre la Bellucci, sexy come al solito, veste i panni (pochi) di Viola, destinata a sconvolgere la tranquilla esistenza di Adrian, riservato e solitario professore americano di storia dell'arte che, interpretato da Robert De Niro, ha scelto di vivere a Roma dopo il divorzio dalla moglie e un delicatissimo intervento di trapianto del cuore risalente a sette anni prima.

Veronesi mon amour parte 3

E, nella parte di Augusto, padre di Viola e portiere dello stabile in cui vive Adrian, troviamo Michele Placido al servizio di un episodio che, affrontando la terza età dell'amore, tenta di ribadire che il cuore non va mai in pensione e che la vita non è quella che vivi, ma quella che vivrai anche se pensi di aver vissuto già tutto; con la Bellucci impegnata a delucidarci sulla tecnica dello spogliarello, oltre a concedersi una breve scena di sesso insieme al mitico De Niro, il quale dimostra di recitare meglio qui - in italiano e facendo uso della propria voce - che nelle sue recenti prove d'oltreoceano (citiamo soltanto il penoso Sfida senza regole di Jon Avnet). Mentre anche Scamarcio e la Chiatti - che già lavorarono insieme nella serie televisiva Compagni di scuola e nel mocciano Ho voglia di te - si abbandonano ad un focoso amplesso nel corso di quello che, però, caratterizzato dalla presenza del veterano Carlo Monni e del Dario Ballantini di Striscia la notizia, si rivela il segmento meno riuscito e più fiacco dell'operazione, il quale, attraversato da un certo umorismo toscano, non lascia intendere chiaramente dove voglia andare a parare. Allora, tra dolore fisico e consuete imprese da imbranato consumate in questo caso in compagnia di una Finocchiaro più sensuale del solito, è come sempre Verdone a spingere il maggior numero di volte lo spettatore a sprofondare in sane risate, senza dimenticare quella particolare amarezza di fondo spesso alla base anche delle sue opere. Ma, se il capostipite assunse immediatamente i connotati di una scommessa di celluloide la cui riuscita - sia artistica che economica - non andava certo sottovalutata, considerando il fatto che l'inizio del XXI secolo può essere definito in tutti i modi fuorché romantico, questo secondo sequel, seppur più godibile del noioso precedente, rischia come quello di apparire quale ennesimo frutto della freddezza del "tutto calcolato" appartenente alle onnipresenti leggi di mercato. Negativo sostituto di quell'elemento che, profondamente legato alla tematica dell'amore, aveva contribuito in maniera calorosa e fondamentale a rendere memorabile il film del 2005: il cuore.

Manuale d'amore 3 Dopo le parentesi rappresentate da Italians (2009) e Genitori e figli-Agitare bene prima dell’uso (2010), Giovanni Veronesi torna ad occuparsi della saga romantica Manuale d’amore, da lui iniziata nel 2005 e proseguita due anni dopo, con questo terzo capitolo volto a ricordare che l’amore non fa sconti a nessuno. Gli episodi diminuiscono da quattro a tre, con Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti protagonisti del meno riuscito e Robert De Niro e Monica Bellucci (spalleggiati da Placido, però) al servizio di quello che, forse, è il migliore. Mentre Carlo Verdone e Donatella Finocchiaro ci regalano il più divertente dei circa 125 minuti di visione, decisamente superiori rispetto al fiacco Manuale d’amore 2 (Capitoli successivi), ma guardabili e niente più. Come quasi tutti i film di Veronesi, ad eccezione del primo, ottimo Manuale d’amore.

6

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