Recensione Magnifica presenza

Un Ozpetek visionario per una inusuale ghost-story

Recensione Magnifica presenza
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Una casa ‘infestata', folcloristici personaggi d'epoca e l'enigma di un protagonista comune intrappolato in una magnifica avventura fuori dal tempo. A osservare gli ingredienti portanti di quest'ultimo film di Ferzan Ozpetek si direbbe che il regista turco-italiano abbia voluto abbandonare le calorose e drammatiche atmosfere dei suoi film precedenti per sperimentarsi nelle tonalità di una inconsueta ghost-story. Vero, e non solo. L'esperimento appare a conti fatti anche piuttosto riuscito. Nonostante la (com)partecipazione di tutte le tematiche care al regista, in Magnifica presenza Ozptek riesce infatti a rendere eteree e a magnificare le percezioni di ‘diversità' e scoperta dell'altro disseminate in maniera più o meno diffusa in tutti i suoi lavori. Svincolandosi dai canoni di una realtà più (Saturno contro) o meno (Mine vaganti) drammatica e pregnante, Magnifica presenza riesce dunque ad affrontare quella stessa diversità, che da sessuale qui diventa esistenziale (e infatti l'identità sessuale del protagonista non è, in questo caso, determinante), con la leggerezza e l'intensità di una ballata. Complice il gioco di tempi (tra passato e presente) e di specchi (tra il protagonista Pietro e i suoi 6 ‘occupanti' in cerca d'autore, o meglio liberatore) quest'ultimo film di Ozpetek è una piroetta filmica fluida ed elegante, capace di sfruttare il delicato gioco di finzione per parlare efficacemente della realtà.

La vita di Pietro, tra cornetti e provini

Approdato nella difficile Roma direttamente dal profondo sud catanese, il ventottenne Pietro (Elio Germano) sforna (di notte) cornetti, mentre di giorno sogna di diventare attore, continuamente sballottato nel mare magnum di audizioni e provini. Stufo di vivere con una (quasi) cugina buona ma invadente e sessualmente iperattiva, Pietro coglie al volo l'occasione di una magnifica abitazione nel quartiere di Monteverde (arredata con gusto decisamente retrò e avvolta da un'aura quasi magica) a un prezzo a dir poco imperdibile. Una fortunata occasione presto spiegata dalla inaspettata presenza di co-inquilini (sei più uno per la precisione: un capocomico, due prime donne, una minuta cameriera, due gentiluomini e un bambino grassottello) elegantemente vestiti e audacemente truccati che da molto tempo abitano la casa. Inizialmente intimidito da questa inattesa presenza, Pietro riuscirà a poco a poco ad entrare in sintonia con quelle signorili anime che ancora vivono nel dolore di un passato drammatico dal (e del) quale non si sono mai liberate, ma che (nel contempo) non hanno perso la leggiadria e il talento dei fasti, che vissero, nel nome della compagnia teatrale Apollonio. Pur ostacolato dalla distanza temporale, Pietro instaurerà con i suoi coinquilini ‘coatti' una sorta di amicizia che darà a lui la possibilità di uscire dal suo ‘autismo sociale' e al gruppo di teatranti una chance per chiudere i conti col passato e liberarsene definitivamente. In questo reciproco scambio di favori maturerà (di pari passo) anche la consapevolezza di come la distanza (umana, sociale, perfino temporale) possa essere colmata abdicando al terrore del diverso per abbracciare invece l'idea di un arricchimento umano che può arrivare inaspettatamente e da qualsiasi direzione.

Realtà o finzione

Coinvolgente e confondente sin dalla prima scena (un occhio che scruta all'interno di un teatro sulle note di Gitmem Daha - suggestivo pezzo portante e leit motiv dell'intero film, realizzato a quattro mani dalla musicista turca Sezen Aksu e dal responsabile della colonna sonora del film Pasquale Catalano) Magnifica presenza (titolo che gioca sulla reciproca scoperta di esistenze capaci di comprendere e modificare la vita di un altro) è forse il film più riuscito di Ferzan Ozpetek, quello in cui convergono tutte le sue paure (in primis la solitudine e la morte), ma anche tutta la sua capacità di vedere oltre le apparenze, far convergere realtà e finzione, di superare le barriere del simile e andare oltre il déjà vu delle commedie nostrane fatte di ‘presenze' sempre tutte uguali. Qui, le magnifiche presenze incarnano le asperità e le difficoltà di un essere sé stessi in un mondo in cui magia e creatività abitano solo i sottoscala, e dove il mondo (quello di superficie) è un sadico gioco d'incastri dove il pezzo ‘inadatto' finisce per uscire presto di scena. Un coro di attori sapientemente amalgamato (in cui spiccano il solista e sempre bravo Elio Germano, la notevole e sottoutilizzata Paola Minaccioni, e il cameo di una imponente Anna Proclemer), chiude in positivo il bilancio di un film il cui fine sembra concedere il proprio autore a ogni personaggio (disposto a cercarlo).

Magnifica presenza Buona, a tratti ottima, quest'ultima prova di Ferzan Ozpetek che, giunto al suo nono film, mescola le carte di tutti i suoi lavori precedenti per realizzare un’opera che nasce dalla stessa materia, ma che ha un passo diverso, sensibilmente più veloce ed elegante. Molto abile nel mantenere un certo ritmo narrativo senza perdere d’occhio l’integrità estetica dell’opera, la Magnifica presenza di Ozpetek alterna comico e drammatico rimanendo fedele alla sua anima bivalente. Silenziosa e schiva come il suo protagonista riesce però, scena dopo scena, a lasciarsi dietro la stessa, potente eco di un magnifico Soprano.

7.5

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