Ma come fa a far tutto?, la recensione: Sarah Jessica Parker diventa mamma

Sarah Jessica Parker abbandona la moda per diventare una mamma in carriera in Ma come fa a far tutto?, la recensione.

Ma come fa a far tutto?, la recensione: Sarah Jessica Parker diventa mamma
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Alla loro nascita i generi cinematografici non avevano certo un sesso, ma inevitabilmente, con il passare degli anni e il consolidamento dei vari pubblici, si è iniziato a distinguere i film ritenendoli più o meno adatti a spettatori di sessualità differente. E così la commedia sentimentale è diventato il genere femminile per eccellenza: pellicole spesso tratte da stereotipati successi letterari, ricche d'amore, amicizia, improbabili imprevisti emotivi, famiglia e ironia, scritte sì per le donne, ma che alla fine riescono a far sorridere spesso anche gli uomini più diffidenti. Nuovo arrivo in questa lunga lista di film apparentemente femminili è Ma come fa a far tutto?, tratto dal bestseller omonimo di Allison Pearson. Se il successo del libro non avesse puntato i riflettori sulla difficile, soprattutto perché sempre piuttosto instabile, situazione delle donne lavoratrici, costantemente in bilico tra l'amore per il proprio lavoro e quello per la famiglia, sarebbe bastata la scelta di Sarah Jessica Parker come attrice protagonista a relegare il progetto tra quelli realizzati per le ragazze metropolitane. Dopotutto l'attrice è un'icona dei tacchi a spillo e dei vestiti griffati, degli amori falliti e le chiacchiere tra le amiche, difficile credere che riesca a fare altro (soprattutto dopo i progetti post-Sex and the City che non hanno fatto altro che avvalorare tale teoria).

Donne in carriera

Kate Reddy (Sarah Jessica Parker) è l'invidia di tutte le sue conoscenti: madre provetta e lavoratrice instancabile, riesce sempre a farsi trovare pronta e sorridente davanti a ogni imprevisto, dalla torta per la vendita scolastica al progetto finanziario da consegnare ai suoi capi. Tutti si chiedono continuamente come faccia a far combaciare tutti gli impegni senza che il complesso gioco di equilibri si spezzi costantemente. Il suo segreto? Una lista, mentalmente compilata ogni giorno nel cuore della notte, che le permette di tenere sotto controllo la sua frenetica vita, che però ama follemente, così come suo marito Richard (Greg Kinnear), i suoi due figli e il suo lavoro. È proprio quest'ultimo a sferrarle l'attacco più insidioso: messa davanti a un grosso salto di carriera, Kate dovrà migliorare i suoi "giochi di prestigio" personali e riuscire a mantenere in piedi il suo castello di carta pur dividendo le sue giornate tra Boston e New York.

Uno sguardo pulito

Nel panorama cinematografico il nome di Douglas McGrath non è certo tra i più noti, eppure il suo lavoro è molto apprezzato, soprattutto dopo il successo di Emma, adattamento dell'omonimo romanzo di Jane Austen con Gwyneth Paltrow. Il regista non è quindi certo nuovo a lavorare con romanzi scritti per accendere l'interesse del pubblico femminile e anche in Ma come fa a far tutto? si impegna a raccontare una storia senza esprimere giudizi, regalando uno sguardo limpido e obiettivo sulla complessa situazione famigliare di Kate. Un film scritto per le donne eppure diretto da un uomo: una miscela funzionale, che riesce a mantenere un alto livello narrativo, mai noioso e ripetitivo, ironico senza esagerare e molto intimista. La pellicola racconta con sapienza le difficili dinamiche da giocoliere della vita della protagonista, in modo maturo e sistematico. Più che una commedia femminile sembra di trovarsi davanti alla descrizione per immagini di una quotidianità complessa e segretamente nascosta dietro una facciata che cerca in tutti in modi, fallendo miseramente, di mostrarsi perfetta. Un progetto in cui vince la normalità del caos, dell'indecisione, dell'impedimento umano costantemente in lotta con la forza di volontà. Se da un lato questo flemmatico modo di dirigere la pellicola permette allo spettatore di entrare in contatto con la realtà della storia raccontata, dall'altro lo estranea da dei ritmi che appaiono a volte denaturati. Kate ci viene presentata fin dall'inizio come un giocoliere messo in pericolo dagli eventi di quei fatidici tre mesi, quando una grande opportunità di lavoro rischia di portarla via dalla sua famiglia, già provata dalle sue continue assenze, sia fisiche che psicologiche. Fin dal primo momento ti aspetti una struttura classica, fatta di un crescendo di pressione che sfoci poi in un'esplosione emotiva... climax che, seppure raggiunto dagli eventi, non ottiene la giusta propulsione visiva, rimanendo circoscritto sempre nei limiti del perfetto equilibrio. Ci si aspetta la catastrofe, eppure già da metà film si ha la sicurezza che questa non arriverà affatto e che, proprio come ha sempre fatto nella sua vita, Kate riuscirà a sistemare tutti i pezzi del puzzle nel loro giusto posto.

Carrie... chi?

Nonostante dalla locandina del film sembri proprio il contrario, Kate Reddy ha poco a che fare con Carrie Bradshaw, ma Sarah Jessica Parker dice di non aver avuto nessuna paura di affrontare questa sfida. Nella sua carriera è sempre valso il motto "l'abito fa il monaco" e ancora una volta è il guardaroba a caratterizzare il suo personaggio: Kate è una madre che non fa molto caso agli abiti, che sicuramente non sono una delle sue priorità. Così ha degli indumenti che mette insieme senza molta cura... eppure è pur sempre Sarah Jessica Parker, quindi orientata verso dei vestiti femminili e mai veramente trasandati, adatti al suo ambiente di lavoro. Se normalmente la Parker è stata abituata a interpretare personaggi molto simili, almeno per isterie e mood, alla sua amata Carrie, questa volta il suo personaggio trova più somiglianze con la vita privata, dove il lavoro di mamma si scontra con quello professionale. L'attrice appare infatti completamente a suo agio con Kate, sempre vibrante nella sua fisicità asciutta e nervosa, perfetta per dare il senso di una donna in carriera a cui è impedito fermarsi. Accanto a lei troviamo, nei panni dell'affascinante maniaco del lavoro Jack Abelhammer, un posatissimo Pierce Brosnan che diventa via via più simpatico man mano che la sua isolata vita viene sconvolta dall'entusiasmo di questa donna, che lui trova decisamente affascinante. La vera scoperta del film è però la brillante Momo, a cui dà il volto Olivia Munn: sempre efficiente e impegnata a portare avanti la sua carriera, non riesce a capire come Kate possa accettare certi compromessi, come ritrovarsi, orrore degli orrori, l'impasto dei pancake sul risvolto della giacca. Le sue reazioni completamente impacciate di fronte a ogni tipo di affettività e i suoi commenti caustici non possono non strappare una risata allo spettatore, continuamente conteso dai diversi fuori onda assegnati a ogni personaggio.

Ma come fa a far tutto?Penso che sia una storia interessante per qualsiasi tipo di coppia, mariti e moglie, ragazzi e ragazze, ragazzi con ragazzi e ragazze con ragazze”, fa notare Sarah Jessica Parker, “Doug voleva realizzare una commedia sincera sul lavoro, l’amore e il fatto di essere genitori. Ci è riuscito benissimo”. Ma come fa a far tutto? non ha un vero e proprio target di riferimento, rivelandosi una pellicola stranamente trasversale. Eppure, i suoi stessi pregi si trasformano in difetti, rendendo il film una sorta di commedia leggera dalle grandi aspirazioni morali e sociali, che non riesce a fare davvero centro in nessuno dei suoi intenti... nemmeno negativi.

6

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