Recensione Lost River

Ryan Gosling fa il suo esordio da regista, a Cannes, con un thriller in cui spiccano gli interpreti

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Lo scorso anno a Cannes Ryan Gosling aveva deluso i fan - e, soprattutto, le fan - dando forfait per la presentazione di Solo Dio perdona di Nicolas Winding Refn. Si era però scusato portando avanti una buona motivazione. Stava lavorando al suo esordio da regista, How to catch a Monster, che ora possiamo finalmente vedere, con il titolo definitivo The Lost River, nella sezione Un certain regard. Protagoniste di questa fiaba nera e a tratti intrigante sono tre belle signore: la formosa Christina Hendricks di Mad Men, Eva Mendes - fidanzata di Gosling nella vita reale - e Saoirse Ronan - che ricordiamo per l’intensa interpretazione in Amabili resti - oltre a Matt Smith, conosciuto in tv per il ruolo di Doctor Who e qui negli inquietanti panni del villain della situazione. Si fa notare inoltre per una spettrale apparizione la musa di Mario Bava, Barbara Steele.

Il film racconta di Billy (la Hendricks), una madre single che vive con Bones, il figlio diciottenne, nel villaggio che dà il titolo alla pellicola. Per tirare a campare, Billy deve accettare un impiego in un night club dove le ragazze si esibiscono in danze macabre con effetti grandguignoleschi. Un giorno Bones scopre per caso un passaggio segreto per una misteriosa città subacqua. Madre e figlio dovranno lottare per sopravvivere e le loro vite cambieranno radicalmente. L'apocalisse effettiva che racconta il film, al di là dei simbolismi, è quella della crisi economica che ha provocato povertà estrema e altrettante esagerate ricchezze. L'autista del taxi che conduce la donna allo show ogni sera è un immigrato portoricano cui l'attore-regista canadese fa dire: ''Quando pensiamo all'America non immaginiamo quella che realmente è''.
Si nota subito la scuola da cui viene Gosling: fotografia, ritmo, inquadrature, commento sonoro richiamano chiaramente proprio ai lavori di Refn, soprattutto a Drive, e in seconda istanza a quelli di Derek Cianfrance, tra cui Blue Valentine e Come un tuono, nei quali Gosling ha fornito una toccante interpretazione. La terza grande influenza, sia visiva che concettuale, è certamente David Lynch, il che è abbastanza naturale dato che anche per Refn si tratta di una grande ispirazione.

Lost River Con il suo ritmo rarefatto, atmosfere surreali, luci artificiali e situazioni ai limiti dell’assurdo, senza una vera e propria trama ma con immagini forti che si imprimono senza indugio nella corteccia cerebrale dello spettatore, l’esordio di Gosling non colpisce forse per originalità ma sicuramente recupera in stile e potenza visionaria. Certo, con le trame che accumulano più domande e misteri di quanti poi alla fine ne affrontino, "sono capaci tutti", e probabilmente se non si fosse trattato di un attore famoso e ammirato come il nostro, questo film un po’ pasticciato non avrebbe trovato ragion d’essere. Ma bisogna dargli atto di alcune trovate divertenti, di un’ottima e inquietante performance da parte di Matt Smith e, perché no, del fascino delle protagoniste, su cui troneggia una statuaria Christina Hendricks. Anche questo, in fondo, è cinema.

6

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