Recensione Lo Stato contro Fritz Bauer

Nel 1957 il procuratore Fritz Bauer scopre che Adolf Eichmann si sta nascondendo in Argentina per sfuggire al processo contro gli ex ufficiali delle SS: giustiziarlo, però, non sarà facile, perché la Germania è caduta nell'omertà.

Recensione Lo Stato contro Fritz Bauer
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Nel giugno del 1948 un fenomeno ribattezzato ratline permise a moltissimi degli ex ufficiali del partito nazionalsocialista di evadere dalla Germania, sfuggire dal braccio della legge, e arrivare in Sud America o in Spagna. A capo di tale fenomeno ci fu un italiano, Alois Pompanin, principale esponente della ratline: presbitero italiano, nato a Cortina d'Ampezzo, era vicario di Bressanone quando ribattezzò Adolf Eichmann aiutandolo nella sua fuga in Argentina, partendo direttamente dall'Italia e rubando il passaporto intestato a Riccardo Klement. L'architetto dell'olocausto riuscì, così, a fuggire lontano dalla sua Germania, in cerca di una nuova vita. Dieci anni più tardi, però, stabilitosi oramai a Buenos Aires, è suo figlio a tradire Eichmann: l'amore lo spinge a frequentare una donna alla quale confesserà le sue reali origini, senza sapere di avere dinanzi a sé una discendente ebrea, fuggita, con la famiglia, proprio dall'olocausto. La confessione costa cara, perché il padre della ragazza, Lothar Hermann, decide di vendere subito Eichmann al procuratore tedesco Fritz Bauer.

DER STAAT

Lo stato contro Fritz Bauer, pellicola scritta e diretta da Lars Kraume, il tedesco d'Italia, parte da una base incredibilmente forte a livello storico, che decide, in una delle pochissime disamine del periodo post-nazismo, di sottolineare quanto difficile fu per i procuratori portare gli ex ufficiali nazisti dinanzi un tribunale dopo la fine della Guerra. La Germania, caduta in un vortice di omertà, preferì cedere al silenzio e tentò in tutti i modi di cancellare quel periodo di razzismo e di repressione che Adolf Hitler fece attraversare dopo aver salvato il Paese dalla Grande Depressione. Se da un lato i tedeschi erano desiderosi di dimenticare, dall'altro c'erano gli ebrei, quelli resistiti all'olocausto, che meditavano e anelavano la vendetta: tra questi Fritz Bauer, interpretato da un solenne, disturbato e lussuriosamente alla ricerca di giustizia Burghart Klaußner. Il giurista si fa carico non solo di una battaglia difficile da vincere, ma anche di un peso del film che grava sulle sue grosse spalle. Fritz Bauer, infatti, è un perno attorno al quale gira un intero stile registico molto pesante, poco ritmato, che ci accompagna pedissequamente in una vicenda dalle mille scartoffie burocratiche e dagli incontri politici che sono troppo distanti dalla nostra attualità per poterci rapire e coinvolgere.

Kraume preferisce intraprendere la strada della narrazione claustrofobica, accompagnata da momenti che non riescono a trasmettere alcun tipo di pathos e che tendono ad annoiare lo spettatore a metà pellicola. Svanita l'emozione per quella che è una guerra che riesce ancora a intrigare il pubblico medio di età ben oltre l'adolescenza e a fornire qualche dettaglio in più sulla fuga in Argentina degli ex ufficiali delle SS, si arriva inevitabilmente a confrontarsi con la lentezza della vicenda, con la farraginosità della burocrazia tedesca, che incespica tanto quanto lo stile registico. Il tutto accompagnato tra l'altro da una colonna sonora noir che invecchia ancora di più la produzione, che nelle inquadrature va a emulare quelle che sono le troppo rimestate e riproposte fiction teutoniche nel palinsesto televisivo italiano. Va da sé che il senso emotivo qui prevale: Kraume, che pur essendo nato a Chieti è un tedesco che non vuole dimenticare il passato della propria gente, si lascia andare in quella che è la ricerca della giustizia, vuole che Eichmann cada, che lasci trasparire un crollo emotivo per quanto fatto durante la Seconda Guerra, e riversa in Fritz Bauer tutta questa ansia, questa ferrea volontà. L'aderenza tra le parti, tra Kraume, Bauer e Kalußner, è perfetta, perché l'attore sembra proprio il procuratore ebreo tornato in vita: la sua performance è perfetta, è il quid pluris dell'intero film, che riesce anche a fornire così dei piccoli momenti di humor tedesco, non da sbellicarsi, ma che sicuramente riescono ad addolcire una vicenda che ci permette di insinuarci in quella che è la assurda tematica dell'omertà tedesca post bellica. La necessità di inserire una sottotrama omosessuale, che va a compromettere quelle che sono le volontà del procuratore e dei suoi assistenti, sembra una forzatura che va oltre le necessità narrative, ma non fa altro che sottolineare un'altra caratteristica di Bauer, che racchiudeva in sé tutti i requisiti minimi per essere un vero e proprio nemico del Fuhrer.

Lo Stato contro Fritz Bauer Lo Stato contro Fritz Bauer è una toccante vicenda che racconta gli strascichi che Hitler lasciò alla Germania, a un Paese che non gli apparteneva e che non era suo, ma che riuscì a risollevare dal momento più tragico della loro storia, salvo per donare loro, poi, un motivo per dimenticare quanto prima. Fritz Bauer fu uno di quelli che non volle dimenticare, anzi volle combattere il ricordo e la storia: subì le angherie di uno Stato miope, che soltanto decenni dopo gli riconobbe una grande importanza. Il film di Kraume rende giustizia alla vicenda, ma in maniera troppo lenta, difficilmente digeribile e rimpinguando la vicenda con elementi che esulano il cardine della storia.

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