Recensione Le streghe son tornate

La cattiveria femminile di Álex de la Iglesia

Recensione Le streghe son tornate
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L'ultimo suo lungometraggio che abbiamo avuto modo di vedere proiettato nelle nostre sale cinematografiche è stato Ballata dell'odio e dell'amore, giustamente aggiudicatosi il premio Osella per la migliore sceneggiatura e il Leone d'argento per la migliore regia presso la Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia del 2010, ma lanciato ufficialmente su suolo italiano soltanto nel Novembre di due anni dopo, a causa di diversi problemi distributivi.
A quella splendida vicenda - di taglio piuttosto felliniano e dal sapore fortemente autobiografico - riguardante il pagliaccio triste Javier che, sotto il regime di Franco, trovava lavoro in un circo dove entrava in feroce e diretta competizione con il pagliaccio allegro Sergio nel tentativo di conquistare la tanto bella quanto crudele acrobata Natalia, all'interno della filmografia dello spagnolo classe 1965 Álex de la Iglesia - autore, tra l'altro, di Azione mutante e di El dia de la bestia - seguono l'inedito la Chispa de la vida, interpretato nel 2011 da Salma"Le belve"Hayek, e questo Las brujas de Zagarramurdi (Le streghe son tornate, nell'edizione italiana), presentato fuori concorso presso l'edizione 2013 del Festival internazionale del Film di Roma.

Álex contro femmine

Una pellicola ambientata questa volta ai giorni nostri e che pone al suo centro Hugo Silva - visto ne Gli amanti passeggeri di Pedro Almodóvar - nei panni di José, il quale, padre disperato e separato dalla moglie, arriva addirittura a portare con sé il proprio piccolo figlio nel corso di una rapina attuata insieme a un gruppetto di amici per rubare venticinquemila fedi nuziali da un monte dei pegni.
Rapina organizzata per cercare di dare finalmente una svolta alle loro miserabili esistenze e di sfuggire alle rispettive insopportabili compagne, ma il cui esito positivo segna soltanto l'inizio di un viaggio da incubo che, dalla fuga dalle forze dell'ordine, li conduce a diventare i bersagli di un intero covo di megere assatanate e fermamente intenzionate a impadronirsi sia dell'ingente bottino che delle anime di José e dei suoi compagni di furto.
Megere tra cui troviamo anche la Carmen Maura già al servizio del regista per La comunidad - Intrigo all'ultimo piano e che non possono fare a meno di assumere i connotati di figure destinate a rappresentare in forma allegorica tutta la malvagità che il sesso femminile è arrivato ad esercitare nella società del terzo millennio, in seguito alla sua tanto chiacchierata emancipazione ed alla diffusione di uomini spesso stupidamente portati ad assecondarlo.

Sballata dell'odio e dell'amore

Non a caso, Witching and bitching è il titolo con il quale è conosciuta internazionalmente l'operazione, che, in fatto di cattiveria manifestata dalla "femmina", sembra in un certo senso proseguire ed accentuare il discorso piuttosto pessimista iniziato - in maniera molto meno esplicita - proprio tramite il citato Ballata dell'odio e dell'amore.
Un discorso che rischia probabilmente di apparire misogino, ma che non possiamo fare a meno di prendere per veritiero man mano che viene affermato che il vizio e la lussuria sono il pane quotidiano delle donne, creature che, alla maniera di una setta, si scambiano informazioni tra loro e, come demoni, ti fanno impazzire se ti mollano, se non ti mollano, se ti seguono e se non ti seguono.
Creature che arrivano addirittura a tradire i propri familiari per favorire l'uomo che gli piace e che non esitano a pretendere che abbandoni amici e figli per dedicarsi soltanto a loro, in quanto, oltretutto, è nell'inferno che esse sembrano vedere il proprio paradiso.
E, con il Santiago Segura noto per la saga del commissario Torrente calato in abiti femminili, è supportato dalla bella fotografia di Kiko de la Rica che il cineasta iberico confeziona con notevole professionalità questo affascinante manifesto-critica sociale che arriva coraggiosamente a toccare attraverso il genere, come già spiegato, una scottante tematica spesso alleggerita o facilmente celata dalla falsità del perbenismo imperante nell'epoca dei padri divorziati ridotti alla miseria.
Un affascinante manifesto-critica sociale che, a partire dal folgorante incipit con rapinatori mascherati chi da Gesù, chi da SpongeBob o altro, coinvolge e diverte non poco dalla prima all'ultima inquadratura; complici le massicce e tutt'altro che invadenti dosi d'ironia che permettono al tutto, miscelate al plot horror, di richiamare alla memoria - soprattutto nel corso della parte finale - i bei tempi del Peter Jackson di Splatters - Gli schizzacervelli... fino a un epilogo apparentemente speranzoso, ma che non lo è affatto.

Le streghe son tornate Curiosamente, tra incipit con fuga dalle forze dell’ordine, rifugio in locale isolato con tanto di pseudo-ritardato nascosto al suo interno, escursioni in tunnel-cunicoli e un ingente bottino conteso tra i protagonisti e il manipolo di streghe capitate sulla loro strada, il lungometraggio di Álex de la Iglesia sembra in un certo senso ricalcare la struttura narrativa de I Goonies (1985) di Richard Donner, film oltretutto esplicitamente omaggiato in una particolare sequenza del film. Ma qui non siamo dalle parti del blockbuster hollywoodiano per ragazzi, in quanto, come dichiarato dallo stesso regista, la pellicola in questione riguarda senza ipocrisia la cattiveria della femmina e la stupidità del maschio, spesso disposto a fare di tutto pur di assecondarla. Con la risultante di un vero e proprio manifesto-critica sociale su celluloide (misogino o realista?) che, ricco d’ironia ma non privo neppure di violenza e crudezza, coinvolge e diverte tramite un notevole senso del ritmo e abbondanza di effetti speciali, rivelandosi uno dei migliori elaborati inclusi nel programma dell’ottavo Festival internazionale del Film di Roma.

7.5

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