Recensione Le colline hanno gli occhi

Ecco a voi il metodo migliore per sterminare una tipica famiglia americana

Recensione Le colline hanno gli occhi
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Remake, remake, remake...

La febbre che ormai impazza ad Hollywood - quella dei remake s’intende - sembra non stia risparmiando proprio nessuno. Ne è stato colpito anche il 28enne Alexandre Aja (già visto all’opera in “Alta Tensione”) che, come sua ultima fatica, ha deciso di riproporre un horror targato 1977 e firmato da Wes Craven, regista all’epoca, ora produttore esecutivo del film.

La trama

Le colline hanno occhi - conosciuto in USA con il titolo di “The hills have eyes” - narra il viaggio, per i 25 anni di matrimonio, della famiglia Carter, attraverso il New Mexico verso la California. Per i Carter, composti da “Big” Bob (Ted Levine), Ethel (Kathleen Quinlan, protagonista del serial tv "In tribunale con Lynne"), la figlia maggiore Lynne (Vinessa Shawn) con suo marito Doug (Aaron Stanford, il cattivo Pyro visto in X-men) più prole a carico e i due Carter più piccoli Brenda e Bobby, tutto sembra andar per il verso giusto fino a quando una scorciatoia segnalata da un benzinaio non li porta dritti nelle fauci di alcuni abitanti di un villaggio, situato all’interno delle colline che costeggiano la strada percorsa dai Carter.

Ben presto si scoprirà che quella non è una scorciatoia ma una strada verso la morte e che il benzinaio altri non è che il complice di un intero villaggio di assassini che hanno subito modifiche a livello genetico, sia fisiche che mentali, a seguito di forti radiazioni prese dai loro progenitori durante gli esperimenti nucleari che l’allora governo USA ha condotto negli anni 30 proprio in quella zona, che li ha trasformati in terribili serial killer.

A causa di un guasto meccanico i Carter si ritroveranno, soli nel deserto, a provare sulla loro pelle il peggior incubo della loro vita...

La qualità artistica

Il film girato a Ouarzazate, in Marocco, è realizzato in maniera discreta, ma approssimativa.
Fatta eccezione per l’inseguimento tra Doug e un’enorme abitante del villaggio in casa di quest’ultimo, veramente degno di nota per inquadrature, musiche e velocità di movimento, il resto si attesta su uno stato di sufficienza.

La trama poteva esser sviluppata meglio, tutto il film sa di già visto. Un attento osservatore o comunque un buon conoscitore di cinema del genere (e non), può quasi intuire l’ordine dei decessi, chi si salva, chi è l’eroe della situazione, alcune volte anche il tipo di morte dei vari personaggi!

Come remake, comunque, non è andato male ai botteghini anzi, in USA è piaciuto più dell’originale, che comunque non si può considerare una pietra miliare del genere: forse il tutto lo si deve ad un buon uso degli effetti speciali, ad eccezione della scena del benzinaio e della sua testa che esplode per un colpo di shotgun, davvero ridicola e poco veritiera, anche per un horror.

Possiamo ritenere che il punto forte del film, ovvero le modifiche genetiche dovute alle radiazioni, che poi è il motivo grazie al quale il film prende forma, non sia stato sviluppato e approfondito nella maniera dovuta: il tutto viene sbrigato in 3 minuti di dialogo. Ed è un vero peccato. La pellicola si riduce ad un semplice susseguirsi di uccisioni, più o meno sanguinarie, contornate da un’esile trama, priva del giusto spessore.

Le musiche fanno il loro lavoro in maniera semplice e pulita, accompagnando lo svolgersi delle azioni, ma niente più; difficilmente qualcuno ricorderà anche solo un motivetto del film.

Le colline hanno gli occhi Che dire ancora... Un’occasione sprecata. Le premesse per realizzare un ottimo horror c’erano tutte: un villaggio desolato, il deserto, una famiglia da sterminare, le mutazioni genetiche, bastava solo unire in modo migliore il tutto. Consigliato ai patiti del genere con la consapevolezza che il tutto vi sembrerà decisamente già visto...

5

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