Nero, musica, e poi le spalle di una donna che cammina per strada, lunghi capelli scuri a sfiorare un vestito azzurro, gonna e giacca e spalle larghe. Lei cammina e gli altri la osservano, come se avesse qualcosa che non va, lei cammina e li osserva come non ci fosse niente, che non va. E quando si volta verso la telecamera il suo sguardo è fiero, quasi di sfida: la donna è un uomo, ma nei suoi occhi di donna non c'è davvero niente che non vada. Chi è, cosa ha fatto per essere lì, come è diventata quella che è ora? A queste domande risponde Xavier Dolan, intenzionato a raccontarci come Laurence Alia diventa Laurence Anyways, sempre lui ma nel vestito giusto, quello che ha sempre voluto portare. Il percorso non è certo facile, al contrario è intenso, prima urlato e poi sussurrato, per anni soffocato in un marasma di parole e paure, compresse in liste in cui Laurence e Fred segnano instancabilmente i dettagli della loro vita nascondendo l'evidenza perfino a loro stessi. Lui professore in un liceo, lei assistente di regia, si conoscono sul set di un film e si innamorano perdutamente di un amore denso e straziante che per anni sopravvive in superficie, fino a dover necessariamente fare i conti con la vera natura di Laurence, che fa paura soprattutto in un mondo che fa di tutto per crederti sbagliato.
If I had a heart
Terzo lungometraggio, il primo senza la presenza di Dolan come attore (si ritaglia solo un piccolo cameo durante un party), Laurence Anyways è un melodramma che dilania, fatto di tante scene madri che restituiscono la stessa intensità allo spettatore senza mai perdere ritmo. Il percorso di Laurence (Melville Poupad) non riguarda solo la sua sessualità, così come Dolan dimostra di non voler raccontare solo quell'aspetto: la sua transizione è come un uragano che colpisce e distrugge tutto quello che lui ha intorno, per prima la stessa compagna Fred (una straordinaria Suzanne Clément). Dieci anni di rotture, riconciliazioni, litigi, avvicinamenti, allontanamenti, lacrime, sorrisi, urla, scritte sui muri e sulla schiena, mattoni rosa, lettere, amore, amore, amore. Xavier Dolan non risparmia niente, affronta gioie e dolori di un Laurence in cerca della sua vera identità e di una Fred dilaniata dall'amore verso di lui e la sua nuova esistenza come una lei. Tra le immagini, tra i loro sguardi pieni di vita, Xavier Dolan scrive il suo bisogno, quello di raccontare e allo stesso tempo far innamorare del suo cinema e delle sue storie, così come le ama lui. E non si può non rispondere a quel bisogno amando ogni minuto di un'opera incredibile, matura e consapevole come nessun ragazzo di ventitre anni dovrebbe essere.
Amare senza compromessi
Laurence e Fred passano la loro esistenza alla ricerca di un compromesso, e noi con loro, ma alla fine l'unica vera gioia sta nel non piegarsi ad esso accettando al contrario ogni fibra del nostro essere, per quanto male possa fare. Il percorso non è dei più facili, e Xavier Dolan gli rende giustizia proprio non rendendolo tale. La tensione è continua, l'intensità non scende, le due ore e quaranta non lasciano mai respiro: ogni minuto è prezioso, e il regista riesce a renderlo tale esaltandone forma, scrittura, colori e suoni con un'attenzione maniacale ad ogni dettaglio, dagli arredamenti alla splendida colonna sonora (che non manca di hit anni ‘80 e ‘90 in pieno stile Dolan). Laurence Anyways è per il regista canadese il film della maturità, quello dell'esplosione artisitca urlata in faccia al mondo prima di Mommy, prima di Juste la Fin du Monde, prima del successo internazionale. È Xavier Dolan senza limiti e senza pressioni all'ennesima potenza, per questo è forse la perla più rara e meravigliosa della sua filmografia, un piccolo gioiello che è impossibile non conservare nel cuore.
Terzo film di Xavier Dolan, colpevolmente in uscita in Italia quattro anni dopo l'arrivo a Cannes, Laurence Anyways è lirica del sentimento, gioia per gli occhi e per l'anima, pellicola preziosa e priva di sbavature che omaggia l'amore senza limiti e senza pregiudizi, per gli altri e per se stessi. A soli ventitré anni il regista canadese riesce nell'impresa di voler dire tanto senza mai scadere nel troppo, curando maniacalmente ogni aspetto del suo lungometraggio e restituendo una vera e propria sinfonia tragica di dolore ed emozione, imperdibile.