Lara Croft: Tomb Raider - La culla della vita
Con una produzione partita pochi mesi dopo l'uscita del primo capitolo, che aveva ottenuto un ottimo riscontro ai botteghini, l'incasso sotto alle previsioni di Lara Croft: Tomb Raider - La culla della vita deve aver fatto storcere non poco il naso ai piani alti di Paramount e soci, che già prospettavano una saga dalla lunga vita. Ma la mancata realizzazione di un terzo film è dovuta anche al rifiuto di Angelina Jolie di riprendere il ruolo della protagonista, forse stanca di partecipare a produzioni qualitativamente svilenti per la sua carriera. In questo sequel diretto per l'occasione dallo specialista degli action movie Jan de Bont e che rimane anche l'ultimo suo lavoro dietro la macchina da presa, la bella avventuriera è coinvolta nel recupero del leggendario Vaso di Pandora. Una missione che, svolta inizialmente per conto dell'MI6, la troverà ad opporsi all'ingente dispiego di uomini e mezzi messo in campo dal perfido Jonathan Reiss, ex scienziato di fama mondiale ora bioterrorista internazionale. Per portare a termine l'incarico Lara decide di reclutare Terry Sheridan, una sua vecchia fiamma attualmente in prigione con l'accusa di alto tradimento.
Azione oltre ogni limite
Sin dal prologo in cui la protagonista si trova impegnata in rocambolesche imprese subacquee, nelle quali prende a pugni anche un gigantesco squalo, le coordinate stilistiche di questo sequel sono ben più che palesi: de Bont decide, ancor più che in suoi cult passati quali Speed (1994) e Twister (1996), di puntare tutto sull'accumulo, mettendo in scena un'esagitata sarabanda di pura azione contro ogni legge della fisica e della verosimiglianza. Una scelta che avrebbe potuto anche rivelarsi vincente se inserita in un contesto da b-movie ad alto budget ma che qui viene penalizzata, come nel capostipite, da ambizioni narrative troppo alte che tirano in mezzo addirittura il Mito del Vaso di Pandora. E allora via ad un nuovo plot turistico che ci accompagna dalla Cina fino al Continente Nero, luogo nel quale si svolge la resa dei conti (realizzata in studio con discreti spunti visionari a dire il vero), seguita subito dopo dall'ennesimo e assurdo risvolto nello strampalato rapporto tra Lara e la spalla romantica Gerard Butler, sottotrama sentimentale stonata che scade in più occasioni nel ridicolo involontario. E se la Jolie, premiata ingiustamente con il Razzie Award a dispetto di una performance nuovamente adeguata ad un personaggio così maltrattato, si impegna con dovizie in coreografie a tratti efficaci citanti il cinema di Hong Kong e le sortite action bessoniane, tra frequenti sparatorie ed evoluzioni oltre il limite del plausibile (con tanto di improvvisato salto con l'asta su un elicottero in volo), Lara Croft: Tomb Raider - La culla della vita (in onda alle 21.05 su RAI4) non coglie appieno le sfumature potenzialmente autoironiche della vicenda incanalandosi in una durata eccessiva di due ore in cui a trionfare è paradossalmente la noia.
Non fa peggio del predecessore, e sarebbe stata un'impresa ardua, ma neppure meglio questa seconda produzione per il grande schermo basata sul popolare videogioco Eidos. Lara Croft: Tomb Raider - La culla della vita disperde la frenetica componente d'azione imbastita da uno scatenato ma impreciso Jan de Bont in una sceneggiatura debole e raffazzonata, con dinamiche interpersonali tra i vari personaggi che sfiorano l'assurdo e una missione estenuante che vede nuovamente la nostra prorompente avventuriera in giro per mezzo mondo, questa volta alla ricerca del Vaso di Pandora: un baraccone dell'eccesso che si sfalda inesorabilmente dietro un'estetica gratuita e priva del necessario senso dell'avventura.
