Recensione La voce

Augusto Zucchi dirige un inedito Rocco Papaleo in salsa drammatica alle prese con una sorta di Alighiero Noschese destinato a finire in un losco affare di imitazioni telefoniche molto più grande di lui

Recensione La voce
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Presentato con successo nel corso della serata finale del Courmayeur noir in festival 2013, La voce segna il ritorno dietro la macchina da presa per Augusto Zucchi, attore dalla carriera quasi cinquantennale che, con un lungo curriculum spaziante da Il trapianto di Steno alla mini-serie televisiva Il bosco, aveva avuto di cimentarsi nella regia cinematografica soltanto nel 1982, tramite La specialità della casa interpretato da Vittorio Caprioli.
Un'opera seconda che, in un certo senso, sembra quasi guardare a determinati aspetti della vita di Alighiero Noschese, showman napoletano famoso per le sue ineccepibili imitazioni, che, suicidatosi nel 1979, è proprio il mito del qui protagonista Gianni, ovvero un inedito Rocco Papaleo drammatico, a suo modo ladro che ruba l'anima agli altri senza riuscire a trovare la sua.
Perché Gianni è un imitatore talmente bravo da essere capace di riprodurre perfettamente la voce degli altri, ma che, quando torna ad essere se stesso, diventa timido, introverso, spaventato, annullandosi in un "nessuno"; in quanto soffre di un disturbo della personalità che, tendente ad aggravarsi sempre più, nei momenti di crisi lo fa faticare a riconoscersi, con i lineamenti che si confondono, allo specchio.

Il talento può uccidere

Ed è seguendo le indagini portate avanti dalla figlia Giulia, incarnata dalla Giulia Greco vista nel verdoniano Posti in piedi in paradiso, che seguiamo un percorso per capire la vicenda in cui l'uomo è stato coinvolto da quando, con la promessa di un grande futuro professionale, i Servizi Segreti hanno deciso di sfruttarlo con la finalità di fargli effettuare determinate telefonate emulando la voce di un ministro morto d'infarto, in un albergo, durante un rapporto sessuale con una escort.
Attività che nasconde in realtà, intenzioni ben più losche da parte di coloro che la orchestrano, man mano che non mancano neppure omicidi e che Gianni, innamoratosi di Gloria alias Antonia"In the box"Liskova, viene anche ricattato.
Del resto, sebbene le situazioni che prevedono i travestimenti non manchino d'ironia, non solo, a circa metà degli ottantasei minuti di visione, abbiamo una parentesi quasi horror con cadaveri femminili e sangue, ma la fotografia ricca di contrasti firmata da Fabio Delle Fratte e Aldo Di Marcantonio provvede ad immergere l'insieme nei necessari toni cupi.
Quando non vira in seppia le sequenze ambientate nel passato, al servizio di un'operazione che, con lo stesso Zucchi nei panni dello psicanalista Amati e la migliore sequenza individuabile nell'ultima esibizione televisiva del protagonista, al di là di un lento ritmo generale più adatto, forse, al piccolo che al grande schermo, si rivela, comunque, molto interessante grazie alla piuttosto originale idea e sufficientemente coinvolgente.

La voce “Ho cercato di raccontare una storia dove la vicenda legata all’azione, al thriller, al noir, lasciasse comunque spazio all’approfondimento psicologico, anzi psichico del personaggio. L’imitazione delle voci attraverso l’uso del telefono, in un momento in cui sulle intercettazioni telefoniche si basa gran parte delle indagini e gran parte dell’interesse e della curiosità mediatica, mi pare di una certa attualità, così come mi pare di forte contemporaneità la tragedia esistenziale di un imitatore che, diventando ‘gli altri’, non riesce più a ritrovare ‘se stesso’”. Parole dell’attore di augusto Zucchi, che, tramite La voce, di cui è regista e interprete, confeziona un originale noir immerso nell’attualità italiana e con lo spettro dell’imitatore Alighiero Noschese sempre in agguato. Pur dovendo fare i conti con ritmi di narrazione chiaramente televisivi e una recitazione non sempre convincente.

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