Recensione La Religiosa

Il tentativo di fuga da una scelta di vita mai compiuta

Recensione La Religiosa
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Francia, 1768 circa. Suzanne, di soli sedici anni, viene spedita in convento contro la propria volontà. Ma quella che doveva essere una condizione temporanea diventerà (dietro le richieste sempre più pressanti dei genitori che sostengono di non avere risorse economiche per un suo eventuale matrimonio) la sua vera vita, costretta nell'abito monacale per ‘sopperire' al peccato materno. Una condizione di ‘illegittima' che la giovane Suzanne dovrà scontare sulla propria pelle. E infatti, dopo il breve periodo di ‘calore' offertole da una Madre Superiora anziana e amorevole, la ragazza si troverà a subire prima le angherie e poi gli abusi perpetrati all'interno delle diverse mura ecclesiastiche che la ospiteranno. Di convento in convento la sua vita si consoliderà poi sempre di più nella volontà di fuga da quell'esilio forzato e invariabilmente contaminato dal ‘male', ma la strada per una vita libera dai panni monacali non sarà così facile da (ri)conquistare.

La religiosa di Diderot al cinema

Tale fu la presenza (o forse l'ingerenza) della religione cattolica nella vita di Denis Diderot (suo fratello era sacerdote, sua sorella morì in convento ed egli stesso si ritrovò a fuggirne) da spingere lo scrittore, filosofo, enciclopedista e critico d'arte francese a realizzare un romanzo sulle controversie della vita ecclesiastica e dei suoi ‘metodi' non sempre ortodossi. Trattasi de La religiosa, testo che indagava le origini e le conseguenze di un cortocircuito comportamentale scaturito tra le silenti e apparentemente ‘probe' mura dei conventi, e destinato a ‘bruciare' l'esistenza di una povera ragazza finita contro il suo volere tra le maglie di quel supplizio. Una storia che in passato già altri registi hanno tentato di tradurre per il grande schermo, (come ad esempio Jacques Rivette che nel 1966 realizzò la sua personale trasposizione con Susanna Simonin, la religiosa), ma che trova comunque sempre intatto il limite di una ‘illustrazione dei costumi religiosi' che non appaia forzata né per un verso né per un altro. Il regista Guillaume Nicloux ha dalla sua una protagonista che segna con la giusta profondità la scissione tra l'ingenuità infantile e la determinazione maturata da un contesto da subito sin troppo ostile. Nonostante questo, il suo film rimane ben presto intrappolato in una rappresentazione del mondo ecclesiastico che predilige il bianco e nero alle sfumature, e che costruisce attorno alla protagonista Suzanne un mondo dichiaratamente amorevole o apertamente ostile senza soffermarsi sulle tonalità intermedie. Repentine e anche un po' forzate appaiono in questo senso le transizioni attraverso le varie fasi di vita monacale di Suzanne, e che seguono (oltretutto) una sorta di crescendo di inverosimiglianza che tocca il suo apice con il capitolo in cui compare una poco probabile Isabelle Huppert nei panni di una Madre Superiora morbosamente attaccata alle sue novizie. Un film che sceglie (riscrivendo il finale del romanzo di Diderot) di supportare fino alla fine la battaglia della protagonista verso una libertà cercata con ogni mezzo, ma che perde (nel contempo) di credibilità lasciando che il solo percorso ‘formativo' della ragazza basti a giustificare la poca aderenza al reale della realtà circostante. Resta di fondo ciò che Diderot aveva cercato di comunicare con il suo scritto, ovvero quel dubbio nel modus operandi delle istituzioni ecclesiastiche che non sempre viene indagato e/o punito fino in fondo, per via di quell'aura di intoccabilità che da sempre contraddistingue i territori di giurisdizione ecclesiastica.

La religiosa Dall’omonimo romanzo di Denis Diderot, il regista francese Guillaume Nicloux realizza La religiosa, film che segue il percorso di ‘liberazione’ di una donna da una vita monacale coatta e sempre più asfissiante. Se da un lato la giovane Pauline Etienne nel ruolo della protagonista Suzanne Simonin risulta per tutto il film piuttosto credibile, è la caratterizzazione del mondo religioso ad apparire forzata e per certi versi ridondante. Ancora meno convincente Isabelle Huppert nel ruolo di una Madre Superiora fin troppo ‘affettuosa’ con le sue giovani 'protette'.

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