Recensione La Prima Neve

Instancabile Segre, che dopo Indebito presenta ora il suo secondo lungometraggio di finzione

Recensione La Prima Neve
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«Le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme»
«Ma io non so più che odore ho»
Un anno tra i festival per il regista e noto documentarista Andrea Segre: prima a Locarno con Indebito insieme a Capossela, poi a Venezia con La prima neve. Everyeye l’ha recuperato a Milano durante le Vie del cinema col prezioso appoggio di AGIS Lombardia. Il film, in uscita il 17 ottobre 2013, segna il ritorno in sala di Segre, noto soprattutto per due titoli recenti: Io sono Li e Mare chiuso. Sviluppato da un’idea dello stesso Segre, il film è un delicato sistema di equilibri che il regista disegna nelle svettanti altitudini di un luogo di confine, segnato dai pesi e contrappesi di generazioni, etnie e sessualità diverse. Il film ha suscitato scetticismo a Venezia e dato spazio a pareri contrastanti. Richiede una certa sensibilità nell’accostarsi al lungometraggio, tenendo presente l’anima non facile del film, il cui estenuato ritmo quasi di matrice documentarista del Segre osservatore si mischia a un Segre veterano, quasi accademico, nel dosare gli intrecci.

«CI VEDIAMO DOPO, mi ha detto»

Dani è un cittadino del Togo, arrivato in Italia dalla Libia in seguito alla guerra e successivamente accolto a Pergine, nella Valle dei Mocheni, in provincia di Trento. La valle è nota per essere un’isola linguistica di origine germanica, il “mòcheno”. Dani si trova a vivere in un luogo mai visto prima d’ora: trapiantato in una zona di confine tra Italia e Germania, coacervo di diversità linguistiche e culturali, ha sostituito la caotica Lomé (capitale del Togo) a un paese a 500 metri sul mare. E trova lavoro ancora più in su, come aiutante nel laboratorio di falegnameria e apicoltura di Pietro: una casa di origini 800esche, dove vivono anche la nuora Elisa (Anita Caprioli) e il nipotino Michele, senza padre da poco. Si instaura una delicatissima geometria di legami ad alta quota, dove i tormenti di Dani (con un figlio piccolo a cui non sa più badare e senza più la moglie Layla, persa nel “cammino” attraverso la Libia) si spintonano fianco a fianco col lutto di Michele. E’ un film fatto di vuoti, di silenzi che echeggiano tra gli alberi, di fioca luce che trapassa tra le chiome. Gli incubi agitano i sonni e il bosco è insieme riparo e terrore, la casetta di Michele e degli amici ma anche l’orso in cerca di cibo.

PRIMA DELLA PRIMA NEVE

La corsa è ad accumulare legna prima che cada la prima neve. Dani la neve non l’ha mai vista, il suo travagliato viaggio di sofferenza lo sta conducendo verso l’ignoto, senza però mai il sentore di arrendersi. La valle e il bosco diventano così il luogo dove scaricare paure e assenze, dove trovare la solitudine ma anche i surrogati, quasi simmetrici per i due protagonisti: Dani si lega al vecchio Pietro, incapace di occuparsi del figlio e di Sadia, mentre Michele cerca l’amicizia dello zio Fabio (Giuseppe Battiston ormai onnipresente), incapace di avvicinarsi a una madre verso cui scarica rabbia e colpe.

L’occhio attento di Segre e lo spirito documentarista offre il meglio nel ritrarre i paesaggi, vero capolavoro nel film, e nel compenetrarli ai personaggi, in una dialettica tra luoghi e storie. Secondo film di finzione per Segre, l’approccio documentaristico ricorre anche nell’intreccio e nei dialoghi, che paiono porsi al servizio di una realtà e di uno spirito di testimonianza. Alcuni punti de La prima neve sono maestosi, ma la sensazione è di un “ensemble” imbalsamato, in cui la narrazione fatica a procedere.

La Prima Neve Sicuramente più aperto a discussioni e pareri contrastanti rispetto a Io sono Li, il nuovo film di Segre continua un discorso fragile sull’incontro tra culture e nazionalità diverse, lo sradicamento e il cozzare, più o meno aspro, tra spiriti apparentemente lontani. Un film che riecheggia molto de Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, ma allo stesso tempo diametralmente opposto: le azioni sono più rarefatte, il mosaico è allargato e il film sembra ergere ogni singolo elemento della natura del luogo a ruolo di co-protagonista.

6.5

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