Recensione La memoria dell'acqua

Il regista cileno Matías Bize torna alle Giornate degli Autori del Festival veneziano con un dramma psicologico sull'elaborazione del lutto, caratterizzato da un approccio sobrio e minimalista.

Recensione La memoria dell'acqua
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Javier (Benjamín Vicuña) e Amanda (Elena Anaya) sono una giovane coppia di coniugi alle prese con la devastante elaborazione di un lutto: quella per il figlio di quattro anni, annegato nella piscina della loro casa per colpa di una breve ma fatale distrazione. Javier, architetto, tenta faticosamente di convivere con questa sofferenza, mentre Amanda, che lavora come interprete, non riesce ad accettare la situazione: la donna decide così di separarsi dal marito e di mettere in vendita la loro casa. Una volta separati, sia Javier che Amanda dovranno trovare un modo per andare avanti con le rispettive esistenze...

L'ELABORAZIONE DEL LUTTO

La memoria dell'acqua è il quinto lungometraggio del regista cileno Matías Bize, un autore che nell'ultimo decennio (a partire dal suo esordio nel 2003, Sábado) si è fatto notare più volte nel circuito dei festival internazionali. La piena affermazione, per Bize, è arrivata nel 2010, quando il regista ha presentato al Festival di Venezia, alle "Giornate degli Autori", La vida de los peces, opera ricompensata in Spagna con il premio Goya come miglior film straniero in lingua spagnola e selezionata come rappresentante del Cile per la corsa all'Oscar. Cinque anni dopo, Matías Bize ritorna alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, sempre nella sezione "Giornate degli Autori", con La memoria del agua, dramma intimista incentrato interamente sul tema dell'elaborazione del lutto: come possono reagire due genitori di fronte all'improvvisa perdita di un figlio ancora in tenerissima età? E il legame di una coppia è in grado di resistere ad una simile prova?

AFFRONTANDO IL DOLORE

Interrogativi che Matías Bize sottopone allo spettatore mediante la parabola di Javier e Amanda, due giovani coniugi costretti ad interrompere la loro vita insieme per intraprendere ciascuno il proprio personalissimo percorso. Alle prese con un tema tanto delicato e complesso, Bize riesce a far emergere la sensibilità dei suoi protagonisti soprattutto attraverso piccoli gesti e momenti di dolorosa quotidianità; non ricerca le note altissime del melodramma, quanto piuttosto la concretezza e il realismo della vita di ogni giorno, evitando di calcare troppo il pedale sul pathos. In questo senso, il regista può avvalersi anche di due validi interpreti, Benjamín Vicuña e Elena Anaya; a quest'ultima, in particolare, è affidata la sequenza più struggente del film, quando una banale traduzione simultanea nel corso di una conferenza si trasforma in un insopportabile calvario emotivo, rievocando un rimorso impossibile da cancellare. E benché La memoria dell'acqua non risulti un film particolarmente profondo né mai davvero incisivo, sono senz'altro apprezzabili il pudore e la delicatezza con i quali il regista affronta gli aspetti più difficili di questa "cognizione del dolore".

La memoria dell'acqua Il regista cileno Matías Bize torna alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia con La memoria dell'acqua: un dramma psicologico sull'elaborazione del lutto caratterizzato da un approccio sobrio e minimalista, che riesce a evitare le trappole della retorica e dei patetismi, ma che al tempo stesso non riesce a colpire fino in fondo o a regalare momenti realmente memorabili.

7

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