Recensione La Furia dei Titani

Tornano i titani di Worthington

Recensione La Furia dei Titani
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Dunque, come il titolo suggerisce, è la furia di mostri mitici e giganteschi a trovarsi al centro della pellicola diretta da Jonathan Liebesman, regista sia dell'ottimo Non aprite quella porta-L'inizio (2006), che dei tutt'altro che memorabili Al calare delle tenebre (2003) e World invasion (2011); ma prima, magari, occorre un breve riassunto.
Allora, senza andare troppo indietro negli anni, ai tempi dello Scontro di titani (1981) che, diretto da Desmond Davis e interpretato da Laurence Olivier e Ursula Andress, rimandava in maniera nostalgica alle vecchie produzioni fanta-mitologiche grazie alle animazioni in stop motion volutamente retrò curate dal maestro Ray Harryhausen, ripartiamo dallo Scontro tra titani (2010) di Louis"Danny the dog"Leterrier che non ne era altro che il rifacimento - senza infamia e senza lode - in tre dimensioni.
Tre dimensioni posticce e, di conseguenza, piuttosto inutili nel cercare di rendere visivamente più interessante per il pubblico d'inizio terzo millennio la vicenda di Perseo alias Sam"Avatar"Worthingthon, il quale, figlio di Zeus allevato dal comune mortale Spyros, con le fattezze del Pete Postlethwaite di Amistad (1997), si metteva a capo di una missione volta a sconfiggere il malvagio dio dell'oltretomba Ade, interpretato da Ralph Fiennes, prima che riuscisse a impadronirsi del potere del Padre degli dei per scatenare l'inferno sulla Terra.

Parola di Sam Worthington

Nella sua prima avventura, Perseo ha perso tutto ciò cui teneva di più e cercava solo la vendetta, a un certo livello probabilmente non gli importava neppure di vivere o morire. Ma ora è maturato, ha un figlio che ama teneramente ed è appagato dalla vita che conduce. Vede il mondo diverso, non vuole che cambi. Jonathan e gli sceneggiatori hanno voluto analizzare la difficoltà dei rapporti tra Zeus e i figli, Perseo e Ares, e la complessità della storia sua e di Hades con il padre, Crono. Quello che mi ha attirato di più è stato il realismo all’interno di un fantasy, sono emozioni molto umane quelle che agitano questa storia che si svolge in un mondo mitico.

Scontro tra titani parte 2

Quindi, girato nell'isola di Tenerife, negli Shepperton Studios, in Inghilterra, e nelle cupe cave del Galles, questo secondo capitolo riparte una decina di anni dopo la sconfitta del mostro Kraken, con Perseo che tenta di vivere la vita normale di pescatore insieme al figlio Elios alias John Bell, ma che non può ignorare la richiesta di aiuto del padre - incarnato come nel film precedente da Liam Neeson - dal momento in cui Ade, insieme all'altro rampollo di Zeus Ares, con il volto di Edgar Ramírez, tradisce la vecchia alleanza e si accorda con Crono, feroce capo dei Titani, per catturare colui che nella mitologia romana equivale a Giove.
E, affiancato dalla regina guerriera Andromeda, da Argenor, semidio figlio di Poseidone alias Danny Huston, e dal dio caduto Efesto, cui concedono rispettivamente anima e corpo Rosamund"La versione di Barney"Pike, Toby"L'apprendista stregone"Kebbell e Bill"Marigold hotel"Nighy, affronta coraggiosamente un viaggio nel Tartaro, nei cui oscuri abissi Crono era stato condannato a marcire tanto tempo prima, per sconfiggere i titani e salvare il genere umano.

Non sarà solo la... Chimera

Ma, terminando nella mitologia le avventure di Perseo con il salvataggio di Andromeda, che avveniva del lungometraggio di Leterrier (qui produttore esecutivo), gli sceneggiatori Dan Mazeau e David Johnson hanno dovuto immaginare cosa sarebbe accaduto in seguito, creare un "mito perduto" che, però, apparisse perfettamente adeguato alla storia; infatti, come osserva la produttrice Polly Johnsen: "I miti arcaici suonano familiari a tutti noi ed è questo il motivo per cui sono stati trasmessi attraverso i secoli. Gli sceneggiatori ne hanno ideato uno che si adatta perfettamente, una storia importante e direttamente connessa a quel mondo, che affronta i temi universali dell'amore e dell'odio tra padri e figli e della rivalità tra fratelli".

Del resto, mentre sono proprio i profondi legami tra questi ultimi a fare da argomento cardine a quella che rimane fondamentalmente una storia sul destino, nel calderone di mostruosità presenti abbiamo le legioni dei guerrieri Makhai, che, inventati dagli sceneggiatori, si presentano armati, alti otto piedi e con due teste, oltre che caratterizzati da una forza superiore a quella di qualsiasi essere umano.
E non sono assenti neppure enormi Ciclopi, il Minotauro e, già ad inizio visione, Chimera, mostro che alita fuoco fornito di ali di drago, teste di leone e di capra e una di serpente in cima alla coda.
Tutti al servizio dell'azzeccato mix di elementi computerizzati e reali destinati a tempestare la movimentatissima ora e quaranta di visione, costruita in maniera quasi esclusiva sulle sequenze d'azione e che, rispetto all'elaborato di due anni prima, risulta decisamente più riuscita.
Badate bene, in fin dei conti non si tratta che dell'ennesimo blockbuster a stelle e strisce in cui la manciata di temi e soggetti di derivazione mitologica non rappresentano altro che il pretesto per poter inscenare continui scontri corpo a corpo e massicce dosi di "meraviglia per gli occhi"; ma il 3D funziona questa volta a dovere, con polveri, ceneri vulcaniche e le stesse creature che superano illusoriamente il limite tra schermo e pubblico, e Liebesman sembra riuscire a richiamare lo spirito dell'originale di Davis meglio di Leterrier, al quale possiamo al massimo riconoscere di aver saputo rileggere in maniera non disprezzabile le spettacolari sequenze con la pietrificante Medusa e quelle con gli scorpioni giganti.
Perché, se Scontro tra titani, con le sue immagini traboccanti ritocchi digitali e poco distanti da quelle dei videogiochi, finiva per rispecchiare tutt'altro che l'effetto nostalgia conferito nel 1981 dall'allora già sorpassata tecnica harryhauseniana, questo "La furia", visivamente molto più curato e affascinante, sfodera un look generale nient'affatto distante dall'aspetto che caratterizzò i vari film del ciclone Sinbad o il classico indiscusso Gli Argonauti (1963) di Don Chaffey.

La furia dei titani Nel 2010, il francese Louis Leterrier aveva firmato quello Scontro tra titani che, remake senza infamia e senza lode dello Scontro di titani diretto ventinove anni prima da Desmond Davis, snaturò tramite il massiccio ricorso agli effetti digitali il fascino nostalgico conferito all’originale dagli effetti in stop motion del maestro Ray Harryhausen, già classificabili nella vecchia scuola nel 1981. Responsabile del mediocre Al calare delle tenebre (2003), del pessimo World invasion (2011) e dell’ottimo Non aprite quella porta - L’inizio (2006), invece, Jonathan Liebesman, nonostante le modernissime tecnologie sfruttate, confeziona un godibilissimo sequel che sembra riuscire a essere più fedele, nello spirito, al cult davisiano. Quindi, tenendo in considerazione anche il tutt’altro che disprezzabile lavoro svolto nel raccontare su celluloide, come già accennato, i retroscena di Leatherface e famiglia, viene quasi da pensare che sia meglio continui a occuparsi soltanto di seguiti e prequel.

6.5

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