Recensione L'occhio tagliato: la ferita del cinema.

Le prime opere del regista spagnolo, riunite un cofanetto da non perdere.

Recensione L'occhio tagliato: la ferita del cinema.
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Il cinema nasce nel 1894 con lo scopo di mostrare la realtà in movimento: il cinematografo arrivava dove gli altri mezzi tecnologici nemmeno riuscivano ad avvicinarsi, portando queste proiezioni davanti ad un pubblico molto più numeroso delle altre manifestazioni mediali. Ben presto la rappresentazione del reale non sedusse più gli spettatori, e si cominciarono a scrivere le storie, dando spazio alla fantasia dei cineasti più disparati. Quando nei primi anni del Novecento il mondo fu travolto dalle avanguardie artistiche, il cinema non poté sottrarsi a questo mutamento e ne fu completamente inglobato. Una di queste correnti fu il surrealismo che, nel settore cinematografico, trovò il suo massimo esponente in Luis Buñuel. Con le sue opere si afferma la dimensione dell’immaginario e lo spazio dell’inconscio diviene assolutamente fondamentale, portando il cinema a scoprire di poter essere uno strumento straordinario di rivelazione del mondo del sogno e delle situazioni di delirio.

I primi film di Buñuel sono il perfetto manifesto del pensiero surrealista e sono alla base di ogni studio dell’attuale forma cinematografica, racchiudendo molte di quelle caratteristiche che differenziano oggi un film inteso come opera d’arte da un film commerciale.

Un Chien Andalou

“Vietato sporgersi all’interno”

Un Chien Andalou è un cortometraggio del 1929 scritto, prodotto ed interpretato da Buñuel e da Salvador Dalì che, nello stesso anno, aveva sviluppato la concezione di metodo paranoico-critico di realizzazione dell’opera d’arte, riprendendo gli aspetti teorizzati da Breton ne La scrittura automatica (una delle massime opere manifesto del surrealismo). Il film si apre con una famosissima immagine: la mano del regista, nel momento in cui una filiforme nuvola nera trafigge l’immagine della luna, taglia con una lama da barba l’occhio di una donna. Il gesto sta ad indicare il nuovo modo in cui bisogna guardare, liberi da ogni conformismo: non si tratta dell’occhio del regista o di quello dello spettatore. Piuttosto ci si riferisce al vedere collettivo, che solo attraverso un taglio netto, può permettere all’immagine di fuoriuscire dal suo abitacolo ed arrivare agli altri. Questo crudele gesto introduce, inoltre, il tema di fondo di tutto il film, ovvero la sessualità. Infatti, nonostante ad una prima visione l’opera sembri un susseguirsi di immagini bizzarre senza nessun nesso logico (al modo delle creazioni dadaiste), la narrazione di fondo segue le avventure contraddittorie e difficili del desiderio maschile nel suo rapportarsi con la donna e con l’intero universo femminile. Ovviamente si tratta di un racconto che, piuttosto che esprimersi seguendo una trama lineare e facilmente rintracciabile, preferisce esprimersi mirando direttamente ai recettori dell’inconscio che, ricostruendole, danno un senso alle immagini viste. Ma proprio la presenza di questo fil rouge di sottofondo, distanzia Un Chien Andalou da ogni altra banale produzione d’avanguardia, dove predomina solo lo scenario.

Il film, ritenuto tra i più dichiaratamente contro il cinema, riscosse un grande successo di curiosità e ci si divertì a decifrarlo all’alba delle nuove concezioni sulla psicanalisi. Perfino il titolo è un enigma: per tutta la durata dell’opera non c’è nessun riferimento all’Andalusia, e non si vede nessun cane... ma qualcuno sostiene fosse un diretto attacco contro Garcìa Lorca (di origine andalusa), nemico di Buñuel fin dall’università.

L'âge d'or

“Che gioia! Che gioia, avere assassinato i nostri figli!”

Secondo lavoro surrealista della coppia Buñuel-Dalì, L'âge d'or divenne presto un caso clamoroso, fin dalla sua prima proiezione a Parigi nel 1930, per il suo carattere spiccatamente antiborghese e anticlericale, che ne causarono il divieto di proiezione da parte della censura francese, decretando per lui un destino allo stesso tempo maledetto e fortunato. Pur essendo il prosieguo ideale di Un Chien Andalou, soprattutto per quanto riguarda il metodo di approcciarsi alla narrazione, il film, oltre ad essere notevolmente più lungo del precedente, presenta una struttura divisa a capitoli dalla forte eterogeneità dei componenti visivi. Complessivamente le parti sono sei: un prologo che si caratterizza come un documentario scientifico-antropologico sullo scorpione; un primo capitolo sulla vita dei banditi mediterranei e sulla loro organizzazione; un secondo episodio mostra la realizzazione di una nuova città, nel territorio mediterraneo, a cura delle autorità ufficiali; segue una parte completamente dedicata al reciproco desiderio di appartenersi provato dai due protagonisti, che sono costretti però a viverlo a distanza, senza nessun reale contatto fisico; il quarto capitolo rappresenta la colonna portante della storia, incentrata su una fastosa festa, durante la quale assistiamo ad una lunga scena d’amore tra i due protagonisti nel parco; a conclusione, l’epilogo rievoca Le 120 giornate di Sodoma di de Sade. Apparentemente sembra di trovarsi davanti ad una storia a compartimenti stagni, in cui non ci sono apparenti legami e non si notano connessioni palesi tra le varie sezioni della narrazione. In realtà, invece, ci troviamo davanti ad una diversa visione del tema della violenza e dell’eros, analizzato da diverse angolazioni (animali, malviventi, forze dell’ordine, amanti) e secondo il solito sapiente uso di immagini pittoriche e rielaborazioni grottesche e dissacranti della realtà, che appaiono come flash insensati e dalla provenienza ignota.

Anche in questo caso ci troviamo davanti ad un titolo fuorviante. Non esiste un’età dell’oro nella storia, piuttosto si tratta di età tutte segnate da contraddizioni ed ambiguità che, nel puro spirito surrealista, attribuiscono al titolo degli aspetti di irrazionalità.

Las Hurdes

“Rispetta il bene degli altri”

Nel 1933 Buñuel abbandona la sperimentazione surrealista e si dedica alla realizzazione di Las Hurdes, meglio conosciuto con il titolo di Terra Senza Pane, che è l’unico documentario presente nella filmografia del regista spagnolo. Il film è ambientato a Las Hurdes, una regione contadina poverissima, formata da una serie di piccoli villaggi al confine con il Portogallo. Vengono mostrate le disagiate condizioni della popolazione autoctona che non è abituata a nessun tipo di comodità, vive in capanne di pietre e fango, circondata da terreni sterili poco adatti alla coltivazione. In contrasto ci rivela il lusso dell’unica chiesa della zona: anche, e soprattutto, nelle zone che sembrano abbandonate dalla provvidenza, la fede e la religione sono le cose più importanti, alla base della sopravvivenza emotiva della popolazione. Buñuel denuncia l’arretratezza di una regione priva di infrastrutture ed elettricità, in cui anche le resistenti capre rischiano di cadere in uno strapiombo e la preoccupante diffusione di malattie come il gozzo e la malaria, che lasciano gli abitanti agognanti per le strade dei villaggi. Attraverso uno sguardo antropologico, il regista scopre le diverse conformazioni del reale e riscopre la tradizione, tutta spagnola, di rappresentare le brutture e le malformazioni, come già nell’arte pittorica aveva fatto l’ultimo Goya.

L’occhio tagliato: la ferita del cinema

I tre film sono inseriti in un cofanetto che, curato da Enrico Ghezzi e Donatello Fumarola, include anche un libretto bilingue di 60 pagine, in cui sono racchiusi svariati testi inediti di numerosi artisti surrealisti (Julio Bressane, Andrè Breton, Antonin Artaud, Jean Vigo) ed esclusivi documenti redatti dal Ministero degli Affari Esteri Francesi riguardanti il caso scoppiato per la prima proiezione parigina de L'âge d'or. Vi sono raccolti anche i testi e le poesie composte dal regista e tratti dalla sua raccolta giovanile Un cane andaluso e numerosi scritti critici sul tema dell’occhio tagliato, immagine portante di tutto il primo cinema di Buñuel.

I dvd contengono degli interessanti contenuti extra, incentrati sull’analisi critica e sociale dei lavori del famoso regista surrealista. Paolo Bertetto, docente di Filmologia dell’ Università La Sapienza, è stato intervistato a riguardo di tutti e tre i film presentati ed offre allo spettatore interessanti punti di vista sull’opera, approfondimenti e nozioni basilari alla comprensione della stessa. Si può visionare anche un’intervista a Franco Battiato, grande fan del regista spagolo, ed una “videocosa” di Enrico Ghezzi che parla approfonditamente dei motivi che hanno spinto alla creazione di questa nuova edizione delle opere di Buñuel ed esprime il suo particolare punto di vista sui film che essa racchiude.

Tra le chicche del cofanetto edito dal Gruppo Editoriale Minerva Raro Video, troviamo un cortometraggio chiamato Dry Martini (Buñuelino Cocktail), appositamente creato per l’occasione ed ispirato ad una delle composizioni scritte del regista.

Cofanetto Bunuel Per gli appassionati di cinema, l'edizione dei primi lavori del famoso regista surrealista racchiusi in un unico cofanetto, sarà un'ottima possibilità di inserire questi intramontabili capolavori all'interno della propria videoteca. Per i meno esperti, sarà una possibilità per avvicinarsi ad un mondo affascinante e controverso, che sarà reso più esplicito grazie ai numerosi contenuti extra esplicativi e dall'indubbio valore storico-artistico. CONTENUTI EXTRA Intervista a Paolo Bertetto su Un chien andalou (16'23"); Intervista a Paolo Bertetto su Las hurdes (12'48"); una videocosa di Enrico Ghezzi (15'36"), intervento di Franco Battiato (7'13"); "Dry Martini", cortometraggio di A. Arrieta, 2009 (7'05"); Intervista a Paolo Bertetto (20'45").

8.5

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