Recensione L'ipnotista

Dal romanzo di Lars Kepler un buon poliziesco/thriller di matrice scandinava

Recensione L'ipnotista
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Stoccolma. Una famiglia viene sterminata, e l'unico sopravvissuto seppur ferito gravemente è un ragazzo adolescente. Il commissario dell'unità anticrimine Joona Linna (Tobias Zilliacus) decide di rivolgersi all'ipnotista Erik Maria Bark (Mikael Persbrandt) -anni addietro considerato il migliore nel suo campo ma poi caduto in disgrazia per colpa di uno scandalo- affinché scavi nei ricordi del giovane. Erik non sa che però l'assassino si è messo anche sulle sue tracce, e che l'incolumità di sua moglie e di suo figlio Benjamin sono a rischio. Quando il bambino viene rapito, Erik e Joona dovranno lottare contro il tempo per scoprire l'identità dell'assassino e salvare la vita di Benjamin.Ritorno in patria per il regista svedese Lasse Hallstrom, ormai di base a Hollywood da oltre vent'anni e dove ha avuto alterne fortune, realizzando prodotti godibili come Chocolat e Hachiko ma anche rovinosi scivoloni quali Dear John e Il vento del perdono. Per il suo come-back nella terra natia Hallstrom ha deciso di puntare sul sicuro, adattando per il grande schermo un thriller di Lars Kepler (pseudonimo di Alexander e Alexandra Ahndoril), le cui opere hanno avuto un discreto successo anche in Italia, dal suggestivo titolo L'ipnotista.

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E il ritorno nel suo Paese sembra aver giovato all'ispirazione di Hallstrom che, allontanandosi per un attimo dai drammoni strappalacrime cui ormai ci aveva abituato, riesce a confezionare un ottimo film di genere ricco di una tensione palpabile dal retrogusto prettamente scandinavo. Seppur la storia, nonostante cerchi di sviare le varie piste, alla fine non sia del tutto così originale, il regista riesce comunque a mantenere alta l'attenzione grazie a una chirurgica caratterizzazione dei personaggi e dei loro rapporti, inserendo nel contesto una marcata componente drammatica che ben si adatta alla situazione vissuta dall'ipnotista e da sua moglie, e facendo interagire bene questa componente con le indagini tipiche del poliziesco vecchia scuola, proponendo qua e là degli sporadici colpi di scena (collegati anche naturalmente al mezzo dell'ipnosi) non del tutto imprevedibili ma comunque di un certo effetto. E' l'atmosfera a brillare per intensità, rendendo palpabile quella cappa fredda che oltre ad ammantare i paesaggi, si cala metaforicamente nelle emozioni dei personaggi, soprattutto nel rapporto in crisi tra la figura di Erik e quella della sua compagna, ma anche nell'inconscio di Joona, poliziotto smarrito nella sua solitudine. Non privo di una certa dose di violenza, in particolare in un flashback abbastanza crudo, e con una buona dosa d'azione che regala un finale emozionante su un lago ghiacciato, L'ipnotista non fa pesare le sue due ore grazie anche ad un'ottima scelta del casting, che oltre a garantirsi una coppia di protagonisti maschili carismatici e ben calzanti ai loro alter-ego filmici, ci offre l'ennesima grande prova di un'interprete eccelsa come Lena Olin, nata come attrice feticcio di Bergman (Fanny e Alexander, Dopo la prova) e consacrata anche nel cinema hollywoodiano (La nona porta, Havana).

L'ipnotista Un buon film di genere nel quale Hallstrom, di ritorno in terra natia, si destreggia con abilità tra thriller e poliziesco scandinavo, con un occhiolino per alcune scelte di regia alla trilogia di Millennium, ma comunque capace di avvincere con una propria personalità. Una storia di stampo abbastanza classico, seppur non originalissima, sorretta saldamente dalle ottime interpretazioni dei tre attori principali.

7

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