Recensione L'assedio

Una ragazza africana in attesa della liberazione del marito e un affermato pianista inglese si incontrano a Roma ne L'assedio, opera di gesti, sguardi e musica firmata nel 1998 da Bernardo Bertolucci.

Recensione L'assedio
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Dopo l'arresto del marito, rinchiuso come prigioniero politico in un carcere militare poiché oppositore del dittatore locale, la giovane Shandurai fugge dall'Africa verso l'Italia, a Roma. Qui si iscrive all'università e per mantenersi gli studi trova lavoro come donna delle pulizie di Mr. Kinski, un solitario pianista britannico, che vive in un vecchio appartamento a più piani. La ragazza, che si è anche trasferita in una stanza della dimora, scopre ben presto che l'uomo è innamorato di lei ma, nonostante tutte le promesse di una vita migliore, la giovane continua a sperare nella scarcerazione del compagno. E mentre Mr. Kinski continua a vendere dei preziosi oggetti appartenenti alla sua personale collezione, Shandurai riceve notizie sempre più confortanti sulla situazione del marito.

Il grande silenzio

Se in Ultimo tango a Parigi (1972) Bernardo Bertolucci faceva esplodere le passioni carnali in un gioco di morbosa e violenta seduzione, qui decide di trattenerle in una sensualità contenuta che trova uno sbocco soltanto nell'intrigante finale, aperto a diversi e opposti risvolti nel volutamente incerto epilogo. Nato in origine come film tv, frutto di una coproduzione tra Italia e Regno Unito, e tratto dal racconto breve di Jamie Lasdun, L'assedio ha fortunatamente trovato la ribalta delle sale, regalandoci un'altra opera preziosa della magnifica carriera del maestro italiano. Se infatti la narrazione, incentrata soprattutto nella prima parte su una quasi totale assenza di dialoghi, può apparire a tratti forzati nella sua estrema ricerca di un fascino intimista, la messa in scena ci regala sequenze di rara grazia stilistica in grado di sfruttare al meglio le dinamiche ambientali, che siano in interni od esterni. La scelta della dimora a tre piani, con tanto di scala a chiocciola ad omaggiare uno dei particolari architettonici più abusati del cinema classico, permette infatti al cineasta di gestire al meglio il travagliato rapporto tra la coppia protagonista, rendendo i silenzi e gli spostamenti carichi di significati molto più di qualsiasi scambio di battute. E se alcune scene possono apparire non del tutto riuscite in una narrazione più complessa di quanto appaia, la potenza dell'opera emerge prepotente in passaggi cardine, su tutti il concerto privato di Mr. Kinski in un crescendo emozionale perfettamente accompagnato dalla partitura sonora, vera e propria essenza fondamentale della vicenda. Al resto pensano le ottime prove dei due interpreti: David Thewlis ricopre con grande mestiere un ruolo tenero e controverso al contempo, mentre Thandie Newton è semplicemente incantevole.

L'assedio Un'opera di spazi e suoni, di contrasti e indecisioni, che si ripercorrono in loop anche nel post-visione visto il finale magnificamente ambiguo. Bernardo Bertolucci opta per rendere l'ambientazione romana, al di dentro o all'esterno dell'appartamento, una vera e propria co-protagonista narrativa, cogliendone al meglio i dettagli e sfruttandoli per costruire i platonici tasselli di una (im)possibile love-story all'ombra della capitale. Con la musica a suadente accompagnamento della tormentata vicenda, l'erotismo nascosto e i sentimenti sul potenziale nascere dei due protagonisti vengono espressi con mirabile disinvoltura da David Thewlis e Thandie Newton, in un film il cui titolo L'assedio ne nasconde già il più puro significato.

7.5

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