Kingsman: Il cerchio d'oro, la recensione del nuovo film di Matthew Vaughn

I gentlemen creati da Mark Millar tornano in azione sul grande schermo in questa seconda avventura più grande, più assurda e dannatamente spettacolare.

Kingsman: Il cerchio d'oro, la recensione del nuovo film di Matthew Vaughn
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Nel mondo dei fumetti e per estensione dei cinecomic, a volte, il trucco per riuscire è esagerare. Non è né una verità assoluta né un mantra creato ad hoc per fumettisti e registi da seguire "altrimenti ci si scotta", ma in deteriminati ambiti, per alcune storie, funziona. Se ci riferiamo ai titoli Marvel, infatti, film come Guardini della Galassia Vol. 2 o Captain America: Civil War si sono attenuti a questo piccolo ma spesso basilare principio: esagerare, rendere tutto più grande, ampliare ogni qualità del capitolo precedente, intensificare commedia, drammaticità e ricercare un equilibrio tra generi e sottogeneri di forte appeal. Non sempre riesce, certo, ma quando si vanno a modificare quegli elementi cardine ed essenziali quel tanto che basta per farli apparire nuovi ma sempre gli stessi, beh, il risultato è garantito. Ora, Matthew Vaughn non è propriamente il re del sovradosaggio, ma in fin dei conti non ne è nemmeno un semplice vassallo. Diciamo che è un principe di questa arte, con uno stile che si incastona perfettamente tra un Guy Ritchie e un Edgar Wright (entrambi inglesissimi e fieri come lui), anche se di quest'ultimo ne perde un po' la profondità autoriale. E il regista di The Pusher, Stardust e X-Men: L'Inizio ha già ampiamente dimostrato queste sue doti lavorando alle trasposizioni delle opere del geniale Mark Millar, re mida del fumetto contemporaneo, prima con lo stra-cult Kick-Ass e poi con Kingsman: Secret Service, osannatissimo adattamento dell'omonima spy-story a fumetti di cui domani (finalmente!) uscirà nelle sale il sequel, l'atteso, chiacchierato e desiderato Kingsman: Il cerchio d'oro, motivo essenziale di questo lungo (e, per restare in tema, esagerato) preambolo.

"CUGINI" UNITI CONTRO POPPY

Nel film sono passati due anni dalla prima missione di Eggsy (Taron Egerton) contro il folle Valentine, avventura che lo ha portato infine a vestire l'abito (esclusivamente su misura!) di Galahad al tavolo dei Kingsman, compagnia di spionaggio autonoma con il pallino dell'eleganza e del bon-ton made in british. Dato che la storia non riprende esattamente dal finale di Secret Service, si presumono tante missioni già passate per Eggsy, l'arrivo di un nuovo Artù e il consolidamento dell'amicizia con il grande Merlino (Mark Strong), tutti particolari sui quali glissare elegantemente per getterci subito in apertura all'interno dell'azione, in una sequenza dal ritmo serratissimo nello stile scattante

di Vaughn. Davvero il tempo di gioire nel vedere il titolo che tutto diventa movimentato grazie a una delle scene d'inseguimento migliori degli ultimi anni, al pari (anche se molto diversa) con quelle di Baby Driver - Il genio della fuga. Qui il film abbraccia immediatamente la sua natura da secondo, primeggiando paradossalmente con il predecessore proprio sull'incipit, in quel caso necessariamente introduttivo e legato all'opera di Millar, mentre qui libero di esprimersi come meglio crede, dove quel "meglio" sono proprio le scene ipercinetiche e strutturalmente impeccabili che hanno reso così amato Secret Service. Si percepisce istantaneamente la sicurezza con cui Vaughn scrive e dirige a colpo sicuro il film, conscio di necessità e limiti. Nel passaggio da azione a sequenze dialogate viene fuori così quell'ironia volgermente pungente propria del fumetto, addirittura brillante nella sua semplicità e audace nel modo di porsi allo spettatore, con la volontà di non lasciarlo mai interdetto ma sempre divertito. I vecchi personaggi vengono inoltre approfonditi quanto basta per renderli nuovamente interessanti vicino ai freschissimi Statesman, cugini "spioni" americani più rozzi che hanno edificato una ricca e prolifera agenzia segreta sulle fondamenta di una ancora più ricca ma famosissima marca di Whiskey texano. Nelle vene salsa BBQ e alcool, ma ragazzi, quanto menano! Tra l'altro fattore essenziale per affrontare la nuova, megalomane minaccia di Poppy, interpretata da un'eccezionale Julianne Moore, che nulla ha da invidiare al seppur grande Samuel L. Jackson nei panni di Valentine. Come spiegava lo stesso Vaughn in una recente intervista, "i migliori villain sono i pazzi con un piano folle ma condivisibile", e credeteci quando vi diciamo che resterete sinceramente sorpresi da quello di questa sofisticata donna di mezza età relegata nel suo resort artificiale anni '50... nel bel mezzo della giungla!

A parità di soldi e pazzia, Poppy è meno attiva di Valentine ma forse più presente, anche se lo scandagliamento psicologico e le caratteristiche che la rendono tanto pericolosa quanto allucinante si equiparano a quelle del cattivo-miliarario-fuori di testa del primo film. Le motiviazioni e le spiegazioni monologate di Poppy sono sinceramente assurde ma con un fondo di verità inopinabile. Una cattiva sfaccettata e davvero formidabile nel suo piccolo, creatrice -tra l'altro- di uno dei miglior slogan probabilmente di sempre. E per chi fosse curioso sì, è a capo di una grande società, ma no, non è legale perché si tratta del più grande cartello della droga al mondo, chiamato appunto Il cerchio d'oro.

GO BIG, GENTLEMEN!

Come dicevamo, esagerare è il trucco, e qui tutto è più grande, a partire dal roster di protagonisti. Se Jeff Bridges è l'Artù americano, chiamato Champagne, i suoi agenti sono molto diversi dai gentleman della Kingsman. Il personaggio di Channing Tatum, Tequila, è un volgarotto pompatissimo del sud con la passione per le armi, l'alcool e il tabacco, vizi che riflette nel suo carattere e che sfrutta in combattimento. Abbiamo poi la bella e intelligente Ginger, interpretata da Halle Berrry, nella sostanza la controparte USA di Merlino, e infine il miglior agente della Statesman, Whiskey, nei cui stivali da cowboy e cappello alla texana troviamo un sempre interessante Pedro Pascal, che oltre

alla lotta a mani libere sfrutta anche pistole revolver e lazo per eliminare i suoi nemici, in combattimenti coreografati con mano ineccepibile da Vaughn. E restando in tema azione, ci teniamo a sottolineare come la sequenza della chiesa del primo film resti ancora imbattibile in quanto a colpo di fulmine, ma vi assicuriamo che per Il cerchio d'oro questo non è assolutamente un problema, perché nelle sue due ore e venti di durata riesce a inanellare sapientemente una serie di scene di combattimento incredibili, figlie proprio della church scene ma strutturalmente differenti, con coreografie tra loro più eterogenee. E questo era un chiaro volere di Vaughn, che nella sua lungimiranza aveva già compreso come imitare un prodotto così eccellente come quella sequenza sarebbe stato sbagliato in partenza; meglio sperimentare qualcosa di diverso mantenendo sempre lo stesso stile di regia, magari rifacendosi un po' a The Raid e un po' ai buddy movie degli anni '80, tra scazzottate indemoniate e sparatorie che sembrano non finire mai. In tutto ciò, inoltre, accostando il film ad altri titoli come i già citati Baby Driver o Guardiani della Galassia Vol. 2, l'utilizzo delle musiche ha un'importanza stratosferica, regalando soprattutto alle scene d'azione quel quid necessario alla loro totale riuscita. In particolare, l'uso di Country Roads di John Denver in uno specifico momento risulta davvero geniale ed emozionante, per non parlare delle straordinarie fight scene dove a spiccare tra un destro e un sinistro ben piazzati sono My Way di Frank Sinistra o My Generation degli Who. Un uso comunque non così massiccio come per il film di Wright, dove la musica è diegetica alla narrazione, ma comunque preponderante. E dulcis in fundo un uomo che nei suoi anni d'oro di attività ha fatto dell'esagerazione una virtù: Elton John. Curioso tra l'altro come appaia nel ruolo di sé stesso in contrapposizione a Mark Hamill in Secret Service, invece nella parte di un Professore universitario quando nel fumetto originale Millar lo aveva scritto proprio nei panni di Hamill. Quella di Elton John si rivela comunque una felicissima trovata, forse una delle migliori del sequel, divertente, esuberante e capace di un'autoironia invidiabile.

Di attesa e rispetto

In coclusione ci si pone la domanda: Il cerchio d'oro riesce a concretizzare in positivo le grandi aspettative dell'audience e superare Secret Service? La risposta è un convinto sì con una sola riserva. Il film di Vaughn rispetta certamente lo stile del primo capitolo, ampliandolo e in parte rinnovandolo come chiaramente specificato, andando inoltre ancora una volta incontro sia al gusto degli appassioanti della prima ora -già del fumetto- che ai neofiti che hanno recuperato ultimamente l'illustre predecessore. Tutto è più grande e tutto si muove rispetto all'immobilità introduttiva di Secret Service, comunque trasposizione diretta dell'opera cartacea.

Anche se di poco, a mancare è però una certa freschezza, problema che affligge un po' tutti i sequel -appunto- esagerati. Guardando infatti il Cerchio d'oro e perdendosi in quel grandioso spettacolo da spy-story alla Bond sotto estrogeni, l'effetto a volte è quello di anticipare alcuni eventi, non perché sanno di già visto, anzi, ma perché nella trama risultano un po' canonici al genere dei film di spionaggio, mancando appunto dell'originalità del primo, che non parlava di una spia atletica e super addestrata, quanto piuttosto di un ragazzo dei bassifondi di Londra e del suo percorso per diventarlo, spezzando le catene della compostezza e giocando in termini parodici proprio con gli spy-movie. E nella sua indiscutibile riuscita come sequel, Il cerchio d'oro resta invece ingabbiato nella sua anima fumettistico-parodica, sorprendendo con sincerità per il suo ipertrofismo formale, riconoscendo i meriti di Secret Service e adempiendo rispettosamente ai suoi oneri nel miglior modo possibile. Ed è proprio il modo che definisce il film.

Kingsman: The Golden Circle I gentlemen della Kingsman tornano a due anni di distanza dal primo, entusiasmante capitolo più in forma che mai, accompagnati dai cugini americani della Statesman in una nuova missione contro la megalomane Poppy. Un sequel riuscitissimo, grazie soprattutto alla lungimiranza di Matthew Vaughn, che aumenta la portata e la spettacolarità dell'azione senza voler imitare l'illustre predecessore, inanellando una serie di sequenze memorabili in un film che fa della sua identità la sua virtù più grande. Divertente, ipertrofico e coinvolgente, Il cerchio d'oro riesce nel difficile compito di sorprendere, mancando un po' di originalità rispetto a Secret Service ma impressionando per il suo ritmo incessante e scatenato. Bond e Bourne, fatevi da parte: i Kingsman si confermano imbattibili.

8

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