Recensione Jobs

Ashton Kutcher si cala nei panni di uno dei più grandi innovatori tecnologici dell'ultimo secolo

Recensione Jobs
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Steve Jobs è una personalità talmente forte ed importante dei nostri tempi che passerà alla storia non solo per ciò che ha dato al mondo della tecnologia ma anche per la sua storia personale e professionale, e lo dimostra il fatto che di recente è circolata sul web la notizia secondo cui la casa del fondatore di Apple potrebbe presto diventare un sito di interesse storico, un po' come fatto per la dimora di Leonardo Da Vinci. Jobs è un personaggio che si ama o si odia, senza mezze misure, così come Apple: c'è chi la definisce una semplice moda e chi, invece, la idolatra. Comprendiamo quindi l'enorme difficoltà incontrata dal regista Joshua Michael Stern nella realizzazione del film dedicato al fondatore di Apple, nonché quella avvertita da Ashton Kutcher, interprete di un personaggio tutt'altro che facile.
Steve Jobs, del resto, ha innovato profondamente tre settori: quello degli smartphone con l'ideazione dell'iPhone, quello dei computer con gli iMac e quello della musica con l'iPod. Ed è proprio dal lettore mp3 più famoso al mondo che parte il film: è il 23 Ottobre 2001 quando Jobs, quattro anni dopo il ritorno in Apple a seguito dell'allontanamento, presenta il “progetto segreto” cui ha lavorato con un giovane designer, Jony Ive: l'iPod, un dispositivo che insieme ad iTunes ha cambiato l'industria musicale.

Siate affamati...

Parte da qui il viaggio di Ashton Kutcher e Joshua Michael Stern, che ci riportano ai tempi del college, in cui un giovane Jobs non mostra molto interesse nei confronti dei corsi proposti dall'università. Una figura fondamentale sarà quella di Steve Wozniak, un cervellone che strega Steve con un terminale che utilizza lo schermo della televisione come monitor. I due iniziano ad assemblare schede grafiche nel garage di casa Jobs, che diventa a tutti gli effetti la prima sede di Apple Computer. Parallelamente a questi passatempi, però, Steve racimola qualche spicciolo lavorando per Atari, ma il suo rapporto con i colleghi ed i capi non è idilliaco in quanto le parti hanno vedute troppo distanti per andare davvero d'accordo.
La storia scorre in modo molto veloce e, dopo l'ingresso in scena di Mike Markkula, che è stato il primo a credere nelle potenzialità del duo Jobs-Woz, assistiamo nel frattempo alla prima vendita di cento microcomputer e alla nascita dell'Apple II, un computer che come affermato da Jobs nel corso della presentazione avvenuta nell'Aprile del 1977 alla Fiera della West Coast di San Francisco, “unisce potenza e bellezza estetica”.
Da questo momento in poi il personaggio interpretato da Kutcher cambia totalmente: Jobs infatti non sarà più il ragazzo-genio, ma un vero e proprio dirigente d'azienda, dal carattere non facile e con una filosofia che caratterizzerà Apple anche negli anni a venire, in cui i dettagli fanno la differenza.

...Siate folli

Nonostante l'ottima interpretazione di Kutcher, la cui somiglianza, le movenze e le espressioni del compianto fondatore di Apple sono a dir poco impressionanti, la sceneggiatura ha tuttavia delle mancanze piuttosto gravi, tralasciando o sminuendo vicende pubbliche e personali in realtà importanti da un punto di vista biografico. Ad esempio, il mancato riconoscimento della figlia Lisa, o il poco spazio dedicato alla “guerra” Microsoft-Apple, con l'accusa di plagio mossa da Bill Gates a Jobs riguardo Windows che viene rappresentata sullo schermo da una semplice sfuriata al telefono: troppo poco in rapporto all'importanza della cosa in ambito socio-economico.
Lo stesso ragionamento lo si può applicare anche al personaggio di Woz, che nella prima ora del film è praticamente un co-protagonista, mentre nella seconda scompare quasi totalmente e diventa un personaggio assolutamente secondario: regista e sceneggiatore quasi si dimenticano che stiamo parlando di colui che è il co-fondatore di una delle aziende più importanti degli ultimi decenni.
Discutibile anche la scelta di dipingere in alcune frazioni Steve Jobs come il male principale dell'azienda, risolvendo il tutto, dopo un difficile consiglio d'amministrazione, con un allontanamento quasi “indolore”. E proprio in questo periodo è da segnalare un altro buco: Jobs, quando non era più CEO di Apple, fondò NeXT Computers, ma soprattutto acquisì Pixar, che è divenuta la sua seconda fonte di ricchezza. Perché questo non viene raccontato nel film? Eppure si tratta di una pellicola biografica, non una sulla storia di Apple (trattata, ad ogni modo, anch'essa per sommi capi). Nell'ultima parte del film, infine, quella che comincia a narrare gli eventi intercorsi a partire dal 1996 -anno in cui Steve venne richiamato dai dirigenti- fa invece il debutto sullo schermo quello che è stato da molti definito l'erede naturale di Jobs: Jony Ive, il talentuoso designer che ha progettato tutti i prodotti che da quel momento hanno fatto la fortuna di Apple: l'iPod, l'iPhone e l'iPad. Peccato però che di questi ultimi due non vi è alcuna citazione nel film, che termina proprio con la presentazione del lettore mp3.

Abbiamo, dunque, scelto di soffermarci a lungo sulle mancanze di cui soffre il film in fase di sceneggiatura: questo perché una visione così parziale mina l'interesse e la comprensibilità di un film biografico, e a poco serve la bravura di Ashton Kutcher nel catturare le movenze del geniale fondatore di Apple, qui caratterizzato più per il suo carattere difficile che per la sua mente straordinaria, presentata in modo molto superficiale rispetto ad altre fonti, come la biografia redatta da Walter Isaacson. L'occhio di Joshua Michael Stern si sofferma più sulla giovinezza di Jobs che sulla sua maturità e sulla genesi dei suoi più grandi successi, come l'iPod, mostrato molto superficialmente, o l'iPhone, addirittura neanche mai menzionato nel corso della pellicola.

Jobs Jobs è un film che ci piace a metà, difficile da valutare. Riteniamo che i fan di Steve, e coloro che hanno letto la biografia ufficiale, usciranno dalla sala molto delusi per quanto portato sullo schermo da Michael Stern, che non riesce ad approfondire “l'uomo” Jobs come avrebbe dovuto, ma si limita a soffermarsi sulle espressioni facciali e sul look del protagonista. Lodevoli le interpretazioni, tra le quali citiamo su tutte quella di Josh Gad, corpo e voce dello Steve Wozniak cinematografico, purtroppo anch'esso trasposto al cinema con più stile che sostanza biografica.

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