Recensione Jimmy P.

Dopo il meraviglioso Racconto di Natale, il regista francese Arnaud Desplechin torna al cinema con Jimmy P.

Recensione Jimmy P.
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Abbiamo dovuto attendere ben cinque anni per veder tornare al cinema uno dei più dotati registi e sceneggiatori del cinema francese, Arnaud Desplechin, che in passato ci aveva regalato opere quali I re e la regina e soprattutto Racconto di Natale, in assoluto uno dei migliori film europei dello scorso decennio. Dopo questa lunga assenza, Desplechin ha fatto la propria rentrée con un progetto di complessa realizzazione: raccontare attraverso il linguaggio cinematografico l’itinerario terapeutico intrapreso da George Devereux, psicanalista e antropologo ungherese, a favore di un suo paziente, Jimmy Picard, nativo americano della tribù dei Piedi Neri, reduce dal servizio militare durante il secondo conflitto mondiale e afflitto da gravi scompensi che, ad una prima analisi, erano stati ricondotti ad una forma di schizofrenia. Il risultato è dunque Jimmy P., presentato in concorso alla 66° edizione del Festival di Cannes e candidato al premio César come miglior film dell’anno.

Psicoterapia di un Pellerossa

Alla base della sceneggiatura di Desplechin vi è il libro Reality and Dream - Psychotherapy of a Plains Indian, pubblicato dallo stesso Devereaux nel 1951. L’oggetto dello studio e della terapia di Devereaux è Jimmy Picard, che nel 1948 vive insieme alla sorella nei pressi della cittadina di Browning, in Montana, e soffre di attacchi di dislessia, di improvvise perdite della vista e dell’udito, nonché di angosciosi incubi. Condotto in un ospedale di Topeka e sottoposto a numerosi test, Jimmy P. viene bollato come schizofrenico, anche in base alle sue esperienze durante la guerra; ma la diagnosi non è pienamente convincente, e così viene richiesta la consulenza di George Devereux, profondo conoscitore della cultura dei nativi americani. E qui entra in gioco anche la sfida di Desplechin, ovvero quella di riuscire ad esplorare ed illustrare un percorso psicanalitico decisamente complesso. In tale intento, il regista rinuncia a qualunque tentativo di spettacolarizzazione o di enfasi (una scelta che inevitabilmente allontanerà un’ampia fetta del pubblico più ‘generico’), adottando un registro sobrio e realistico che rimanda in più occasioni alla dimensione del teatro, ma si avvale all’occorrenza delle analessi per mostrare attraverso le immagini il passato di Jimmy P. e i suoi turbolenti trascorsi sentimentali e familiari. Dalla terapia del suo particolare paziente il professor Devereux ricaverà un importante capitolo nell’evoluzione dell’etnopsichiatria, innovativo ramo della psichiatria volto ad includere il background etnico e culturale dei pazienti nella ricerca delle cause dei loro disturbi.

Gioco a Due: Mathieu Amalric e Benicio Del Toro

I consueti meccanismi del rapporto fra lo psicoterapeuta e il paziente, già al centro di numerosi film di argomento psicanalitico, sono messi in scena nel film con equilibrio e rigore narrativo, secondo una concezione del racconto cinematografico piuttosto lontana dalle convenzioni hollywoodiane, e che a tratti potrebbe perfino dare l’impressione di un film “in sordina”, in cui Desplechin si piega alle esigenze della storia rinunciando però anche a quell’inventiva e a quel coraggioso senso di libertà che contraddistinguevano le sue precedenti pellicole. In Jimmy P., al contrario, il regista si mette totalmente al servizio dei suoi attori: il bravissimo Mathieu Amalric, da sempre fedele collaboratore di Desplechin (che ha contribuito a lanciarlo fra i grandi talenti della sua generazione), e Benicio del Toro nel ruolo eponimo del pellerossa impegnato a fare i conti con i turbamenti del proprio passato. I due personaggi, in un confronto che è anche un progressivo gioco di rispecchiamenti, finiscono così per riempire per intero le due ore di durata, mentre i rispettivi interpreti sostengono in maniera adeguata tutto il peso di un film insolito, volutamente privo di tensione o di reale pathos, ma al quale non mancano motivi d’interesse.

Jimmy P. Dopo il meraviglioso Racconto di Natale, il regista francese Arnaud Desplechin torna al cinema raccontando la vera storia della terapia fra lo psicanalista George Devereux e un paziente nativo americano, Jimmy Picard, in un film interamente basato sui dialoghi e sostenuto dalle valide interpretazioni di Mathieu Amalric e Benicio del Toro.

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