Recensione Je Fais le Mort

Irresistibile commedia francese sull'esercizio della 'morte' che può far rinascere alla vita

Recensione Je Fais le Mort
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Jean Renault (uno straordinario François Damiens), attore in bolletta e uomo in crisi di mezza età, lasciato dalla moglie e deriso dai figli per le pubblicità a tema ‘farmaceutico', trova lavoro come ‘morto', ossia suo sarà il compito di inscenare la vittima nella ricostruzione di alcune scene del crimine di uno strano caso di cronaca nera avvenuto l'anno prima nella regione di Megève. Sarà grazie a questa singolare e breve occupazione che Jean porterà la fastidiosa pignoleria che lo ha reso nel tempo sempre più inviso ai registi e alle produzioni in generale, a supportare le indagini del giudice incaricato (e inesperto) Noémie. Tre giorni di ‘lavoro' per rappresentare il triplice omicidio che l'anno prima ha sconvolto la pacifica realtà della - fino ad allora tranquilla - comunità di montagna. Per caso o per puntiglio, le interpretazioni di Jean (quasi ossessive per l'attenzione al dettaglio) serviranno dunque a far luce su molte incongruenze che sembrano di fatto ruotare attorno al caso, sbrigativamente dato per risolto. Entrato da subito nelle grazie del tenente Lamy, non sarà però altrettanto facile per Jean conquistare l'attenzione della giovane Noémie, nervosa e determinata a risolvere al meglio il suo primo caso. Eppure, tra indizi mancanti e prove provabili, alla fine inscenare la morte si rivelerà un'esperienza molto più (ri)vitalizzante del previsto.

Tra la vita e la mort(e)

Davvero un peccato che la mancanza di nomi di richiamo renderà molto difficile trovare una distribuzione italiana per questa esilarante commedia francese firmata da Jean-Paul Salomé e che mette in scena talenti e idiosincrasie dell'uomo medio, riuscendo poi a far prevalere i primi sulle seconde. Il film, a cavallo tra commedia e thriller, vanta la capacità di passare da un registro all'altro piuttosto fluidamente e (soprattutto) di insistere su una comicità mai greve che poggia invece sul semplice paradosso vita/morte e sulle ‘singolarità' di un uomo non disposto a scendere a compromessi con le proprie imperfezioni. Dalla beffa di essere perennemente associato a Jean Reno (ma essere in realtà Jean Renault), alla contraddizione di dover interpretare la morte per rimanere sostanzialmente in vita, tutto in Je Fais le mort lavora nel senso di inquadrare (indicando e poi esaltando) quegli elementi che costituiscono la peculiarità (ma anche la sensibilità artistica) di ogni individuo. Jean è in fondo un battitore libero e come tale fatica a trovare la propria strada. Le vicende prettamente da thriller inserite nei luoghi freddi di una piccola località di montagna si fondono così all'irresistibile calore di questo personaggio tanto bizzarro quanto razionale cui non mancheranno di certo gli imprevisti della classica sbandata amorosa per uscire dal seminato. Il regista Jean-Paul Salomé scrive e dirige questa commedia facendo grande uso dei tempi comici e trasformando una trama a dir poco ordinaria in una scoppiettante pellicola che promette due ore di divertimento assicurato. In confronto a tante commedie tutte uguali che hanno bisogno di volgere lo sguardo al volgare, all'ammiccamento sessuale o alla presa in giro del più debole, in Je Fais le Mort a farla da padrona è la comicità situazionale che va di pari passo con la lenta risalita dell'uomo da una situazione difficile, di stallo esistenziale. A poco a poco la rivendicazione del proprio io (lungamente denigrato e bistrattato) troverà il giusto spazio per emergere, dare libero sfogo alle proprie velleità, e rivendicare con fierezza la propria identità (qualsiasi essa sia), chiudendo nello geniale accostamento alle note di un pezzo di nostra (italiana) conoscenza: "Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano, lasciatemi cantare ... sono un italiano!".

Je Fais le Mort Fuori concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma la Francia presenta Je fais le mort, brillante commedia con venature da thriller che trasforma un attore di poco successo in un brillante investigatore per caso. Ottimi tempi comici e ottimi dialoghi accanto a una candida riflessione sulla necessità di restare sempre fedeli a sé tessi, trasformano una storia ordinaria in una pellicola da non perdere (ammesso che troverà - non c’è da sperarci troppo - una collocazione nella distribuzione nostrana).

7.5

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