Recensione Jane Got a Gun

Gavin O'Connor dirige Natalie Portman, Joel Edgerton ed Ewan McGregor in Jane got a gun, drama-western incentrato su un tormentato menage a trois.

Recensione Jane Got a Gun
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Quando il marito Bill, ex-criminale, fa ritorno a casa crivellato di colpi e gravemente ferito, Jane Hammond comprende come la banda di John Bishop, spietato ricercato nonché a capo di un traffico di prostituzione, sia tornata per reclamare un vecchio conto risalente ad anni prima. Dopo aver affidato la figlioletta a degli amici di famiglia la donna decide di chiedere aiuto al suo primo amore Dan Frost, abile pistolero reduce dalla guerra di secessione. Dopo un'iniziale reticenza l'uomo decide di aiutare l'ex compagna, trovandosi a preparare un piano di difesa nella fattoria di Jane, costruita alle pendici di una scoscesa montagna e attaccabile soltanto da due lati. Nonostante i vecchi attriti e la sproporzionata inferiorità numerica Jane e Dan faranno di tutto per sopravvivere mentre si riaccendono vecchi rancori e insospettabili segreti.

Il tempo delle verità

Spesso accade che i film dalla produzione travagliata abbiano un risultato infelice o comunque al di sotto delle aspettative di partenza, e le prospettive dietro Jane got a gun non erano certo delle più rosee. La sceneggiatura, inserita nella blacklist (la lista annuale dei migliori script non ancora prodotti) del 2011, avrebbe dovuto vedere la trasposizione su grande schermo nell'anno successivo per la regia di Lynne Ramsay, con Natalie Portman nei panni della protagonista. La bella attrice (anche produttrice) è l'unica sopravvissuta ad un turn-over di casting che ha visto un continuo alternarsi di interpreti per i ruoli maschili, fino a trovare in Joel Edgerton ed Ewan McGregor gli altri due ruoli principali e nel regista Gavin O'Connor, già autore tra gli altri del sottovalutato Warrior (2001), la definitiva chiusura del cerchio. Ci troviamo davanti ad un western al femminile, sottofilone non nuovo al genere fin dai tempi de La ribelle del Sud (1941) arrivando a titoli più recenti come Sweetwater (2013), che opta in quest'occasione su tematiche drammatiche e romantiche inscenando un atipico megage a trois che sottolinea i novanta minuti di visione, ambientati per la quasi totalità tra le quattro mura della casa immersa negli immensi paesaggi desertici. Dopo l'inizio che cita più o meno volontariamente una sequenza cult di un must assoluto come Sentieri selvaggi (1956) le dinamiche narrative si giocano tutte sul rapporto tra i tre personaggi principali, ripercorrendo in flashback il passato che ha condotto gli eventi agli attuali sviluppi. Se il ritmo latita parzialmente, non si può certo dire che l'intensità introspettiva venga meno, preparando bene il campo alla resa dei conti finale, forse troppo breve ma non per questo meno spettacolare ed avvincente. O'Connor è bravo a concentrarsi su una secchezza stilistica rude e crepuscolare, ma non è sempre accompagnato da una sceneggiatura all'altezza che cade nei classici risvolti che fanno apparire i cattivi della situazione (capeggiati da un mefistofelico McGregor) come dei classici imbecilli e risolvendo troppo facilmente alcuni passaggi chiave. La visione si rivela comunque assai piacevole per gli appassionati del cinema di frontiera, con tanto di splendidi scorci paesaggistici a fare da suggestivo sfondo alla vicenda, ma viene da chiedersi cosa sarebbe potuto uscire senza la tribolata genesi produttiva.

Jane Got a Gun Con un titolo che riprende quasi alla lettera una popolare canzone degli Aerosmith, Jane got a gun si inserisce nel sottofilone dei western al femminile trovando una sua personalità intimista nel particolare menage a trois che lega i destini dei tre personaggi principali, interpretati da Natalie Portman, Joel Edgerton e Noah Emmerich, a quello del crudele villain col volto di un cattivissimo e baffuto Ewan McGregor. Le efficaci interpretazioni e le accattivanti scelte registiche, concentrate soprattutto su sviluppi sentimentali e drammatici, non nascondono del tutto alcune ingenuità e scorciatoie narrative che penalizzano in parte la visione complessiva, comunque sorretta da ottime maestranze tecniche e accesa nel finale da una coinvolgente resa dei conti virata ad una sana azione di genere.

6.5

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