Recensione Ironclad 2: Battle for Blood

Guy de Lusignan, mercenario di nobili origini, viene reclutato dal cugino per difendere il castello di famiglia dall'assedio di una tribù di Pitti in Ironclad 2: Battle for Blood, action medievale diretto da Jonathan English.

Recensione Ironclad 2: Battle for Blood
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La roccaforte appartenente da decenni alla famiglia de Vesci è presa d'assedio da una tribù di Pitti il cui leader è in cerca di vendetta per la morte della propria famiglia. Il signore del castello, Gilbert de Vesci, decide di inviare l'unico figlio maschio Hubert, ancora adolescente, alla ricerca del cugino Guy, temprato dalle battaglie in terra di Francia. L'uomo però, dedito da tempo ad una vita di dissolutezze e ora combattente, dietro lauti guadagni, in arene di combattimento, accetta soltanto per soldi di aiutare il parentado. Insieme ad un suo compagno d'arme, una donna di facili costumi condannata a morte per diversi omicidi ed il boia che doveva condannarla, Guy e Hubert faranno ritorno a casa per cercare di preparare al meglio le difese contro il nemico scozzese, del tutto intenzionato a far scorrere il sangue.

Blood Knights

Già regista del pessimo Minotauro (2006), il regista inglese Jonathan English si era in parte rifatto qualche tempo dopo con il più che discreto Ironclad (2011), action storico ambientato durante la prima guerra dei baroni (1215-1217) ed incentrato quasi totalmente sull'assedio al castello di Rochester. Tre anni dopo il cineasta torna sul luogo del delitto proponendoci un sequel fotocopia con protagonista il personaggio di Guy de Lusignan, figura secondaria del precedente titolo, per il quale è stata operata una scelta di recasting: al posto dello sconosciuto Aneurin Barnard troviamo qui nel ruolo il televisivo Tom Austen, già visto nella seconda stagione de I Borgia (2012) e nella più recente The Royals (2015). D'altronde anche il resto del cast è proviene perlopiù dal piccolo schermo, con i volti femminili di Roxanne McKee, Rosie Day e la Michelle Fairley di Game of Thrones a risaltare in più occasioni sui loro colleghi maschi. Sul film in sé va detto che si nota sin da subito l'evidente riduzione del budget, con effetti speciali e sequenze di massa che fanno denotare già dai primi minuti i limiti produttivi, tanto che si ha l'impressione di assistere come messa in scena ad uno degli episodi più "poveri" della succitata serie tratta da Le cronache del ghiaccio e del fuoco. Un numero di comparse molto inferiore alle attese che comunque non giustifica l'assunto di trama che da il via, dopo la parte iniziale, al vero fulcro narrativo dei cento minuti di visione: quattro mercenari infatti, mossi da ragioni più o meno nobili, diventano in grado di cambiare le sorti di una battaglia, manco fossero dotati di superpoteri. E se almeno le caratterizzazioni dei suddetti, in particolare il solitario Berenger e la prostituta uxoricida, denotano una certa personalità, lo stesso non si può dire per l'anonimo protagonista Guy, diviso banalmente tra il senso dell'onore e l'attaccamento al vile denaro. In Ironclad 2: Battle for Blood English scene di mostrarci un Medioevo cupo e sporco, dove vigono violenza e povertà, nel quale un lungo assedio può diventare un vero e proprio inferno sia per chi si trova ad attaccare che per i difensori, ma ci offre una messa in scena approssimativa e autocitazionista, non priva di una certa monotonia e con risvolti spesso improbabili, su tutti un finale che scade incredibilmente nel ridicolo involontario.

Ironclad 2: Battle for Blood Se il primo film, non esente ad ogni modo da difetti, era un titolo più che godibile del sempre più florido filone dell'action epico in costume, Ironclad 2: Battle for Blood si rivela invece un titolo approssimativo e improbabile, con eventi di trama forzati e privi di logica e una componente belligera monotona e poco ispirata. Tolte una manciata di sequenze coinvolgenti e una discreta caratterizzazione di alcuni personaggi secondari, i cento minuti di visione riciclano stereotipi e immaginario visivo da Game of Thrones ed emuli senza una parvenza di originalità, affidandosi ad un protagonista poco carismatico e optando per una conclusione che spazza via i dettami della logica narrativa per forse aprire le porte ad un possibile terzo capitolo.

5

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