Iron Sky, la recensione: a caccia di nazisti sulla Luna

Pensate che con la seconda guerra mondiale i nazisti si siano “estinti”? Sbagliato, si nascondono sul lato oscuro della Luna.

Iron Sky, la recensione: a caccia di nazisti sulla Luna
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Quando un gruppo di produttori e un regista finlandese cominciarono a far girare nei festival di cinema del mondo l’idea di un film su dei nazisti per anni nascostisi sul “dark side of the moon” (per dirla alla Transformers) finalmente pronti a scendere nuovamente sulla Terra per riconquistarla, l’interesse di finanziatori e semplici curiosi salì subito alle stelle. Va bene la razionalità generale, il volere puntare su cavalli sicuri o quasi, ma si parla comunque di cinema e certe volte le idee più sono assurde più sono potenzialmente vincenti. Oltretutto l’idea di partenza era presa dalla popolare scrittrice di fantascienza Johanna Sinisalo. Non una garanzia, ma quasi. È così che il regista finlandese Timo Vuorensola si è trovato a poter gestire ben sette milioni e mezzo di euro. Poco se si pensa che si doveva girare un film di fantascienza, moltissimo se invece il confronto è con il cinema scandinavo, ma anche europeo in generale. Per fortuna la trama andava incontro ad un’esigenza molto importante per rientrare del budget, ovvero il potere utilizzare l’inglese come lingua ufficiale del film. Difficile infatti puntare al pubblico americano, il più ambito dai produttori, quando si utilizzano i sottotitoli. I nazisti del film infatti vogliono sì riprendersi la terra, ma per farlo cominciano dagli Stati Uniti. E l’inglese? Lo hanno imparato e insegnato ai loro figli e nipoti durante questi sessant’anni di cattività: va bene il quarto reich, ma per rendere efficace la celebrata propaganda tedesca bisogna prima di tutto parlare la stessa lingua della gente.

We come in peace!

Eccoci quindi sulla Luna. Due astronauti americani sono appena atterrati, i loro visi sono coperti dai caschi, ma poco importa per capire la loro espressione di sorpresa quando si trovano davanti l’enorme costruzione-città nazista costruita segretamente sul satellite terrestre. Qualcuno li sta osservando e in un attimo ecco uno sparo. Un astronauta muore, l’altro viene portato in una stanza per il canonico interrogatorio. Via il casco ed ecco la sorpresa: dentro la muta c’è un uomo di colore. Nessun nazista ne ha mai visto uno, ma è proprio il colore della sua pelle che gli ha consentito di viaggiare per lo spazio. È infatti il testimonial della campagna elettorale della Presidentessa degli Stati Uniti, in corsa per la rielezione, una sorta di Sarah Palin che ha promesso di potere portare anche gli afroamericani sulla Luna. Per i nazisti lui è la chiave per potere tornare sulla Terra, incontrarsi direttamente con l’inquilina della Casa Bianca e provare a sovvertire l’ordine geopolitico globale con un omicidio “di lusso”. Ci riusciranno? E quale sarà la reazione degli americani davanti agli ipocriti slogan della propaganda nazista?

Fly me to the moon

Surreale quando basta, la storia di Iron Sky procede esattamente sulle corde del trailer. Purtroppo le buone idee finiscono presto e più volte gli autori ricorrono a banali parallelismi e comicità per dare quel pizzico di ironia necessaria alla storia per potere essere accettata come ironica. È palese il desiderio di voler realizzare un B-movie (e quindi ecco seni in bella vista, evocati doppi sensi sessuali e un pizzico di comicità slapstick), ma tutta quella parte di nonsense che avrebbe reso il film un vero cult è già racchiusa nelle poche righe della sinossi. Quantomeno sono apprezzabili gli effetti speciali: la guerra tra astronavi è ben girata -ma è una scena comunque troppo lunga per un film che dovrebbe utilizzare la fantascienza per dire altro, e non diventarne succube come invece appare in certi frangenti- ed il low budget non ha impedito di risultare “credibile”.

Iron Sky In definitiva Iron Sky risulta un film simpatico e nulla più. Segmentandolo, ovvero prendendo giusto alcune battute o alcune scene estraniandole da tutto il resto, il film potrebbe avere anche un’ottima seconda vita “online” fatto di scene cult da postare sulle bacheche dei social network per strappare un sorriso, ma i novanta minuti di una trama piuttosto telefonata e di una comicità che non spicca mai il volo finiscono con il pesare negativamente anche sulle poche idee vincenti della pellicola. Peccato, sarebbe stato bello potere parlare di un film che propone qualcosa di nuovo in termini positivi. Speriamo che questo gruppo di scandinavi “coraggiosi” possa avere una seconda chance per proporre le proprie strampalate idee.

6

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