Recensione Io sto con la sposa

Un progetto originale, sostenuto dal crowdfunding, che riesce a trattare tematiche attuali in modo non banale

Recensione Io sto con la sposa
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Il documentario Io sto con la sposa, diretto da Gabriele del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry e Antonio Augugliaro, unisce alle caratteristiche di un road movie quelle di una favola a tinte sociali che si avvicina a quanto mostrato con delicatezza e sensibilità.
Il percorso che conduce i protagonisti alla loro lontana destinazione, infatti, non è certamente privo di ostacoli e situazioni complicate da affrontare, ma l'atmosfera si mantiene sempre leggera e speranzosa, anche nei momenti più difficili, e il passato drammatico delle persone coinvolte nel progetto e il loro presente incerto non scoraggiano i viaggiatori che partono dall'Italia con destinazione Svezia.
Il particolare progetto ha fin da subito ottenuto l'attenzione, ottenendo sulla piattaforma di crowfunding Indiegogo oltre 100mila euro provenienti da sostenitori provenienti da ogni parte del mondo che ne hanno seguito l'evoluzione tramite i mezzi di comunicazione e, soprattutto, grazie ai social network.

Un lungo viaggio all'insegna della speranza

Dopo essere arrivati nel nostro paese in modo illegale, su imbarcazioni di fortuna, un gruppo di persone in fuga dalla guerra cerca di raggiungere la Svezia per chiedere l'asilo politico. Io sto con la sposa racconta proprio il percorso compiuto da alcuni immigrati, da Milano a Stoccolma, avvenuto tra il 14 e il 18 novembre 2013. Per non venire arrestati con l'accusa di essere contrabbandieri, un poeta palestinese e un giornalista italiano aiutano cinque palestinesi e siriani chiedendo la collaborazione di un'amica palestinese che si traveste da sposa, e di una decina di amici italiani e siriani che si travestono da invitati al matrimonio. In quattro giorni vengono percorsi in questo modo più di tremila chilometri e i viaggiatori attraversano città, confini e nazioni, convivendo con la paura di essere scoperti e la voglia di iniziare una vita migliore.

Un racconto coinvolgente

Pur essendo realizato in fretta e dovendo tenere in considerazione le esigenze per raggiungere l'obiettivo finale, Io sto con la sposa riflette bene i sentimenti dei profughi e l'intento di andare contro le regole per suscitare una riflessione sulle problematiche affrontate da uomini e donne, padri di famiglia, adolescenti, e bambini, persone di ogni età che per ragioni diverse hanno deciso di lasciarsi alle spalle la propria nazione e le persone che amano inseguendo il sogno di un destino migliore.
Il documentario segue in modo dinamico il viaggio compiuto, alternando racconti e ricordi, passando dalla tensione per ogni attraversamento di un casello autostradale al confine tra nazioni estere agli attimi di gioia per essersi avvicinati sempre di più alla propria meta. Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry riescono ad attribuire al lungometraggio un ottimo ritmo privo di pause o noia, accompagnando in modo dinamico gli spettatori nella loro scoperta delle vite dei protagonisti, dando spazio anche ad alcuni momenti musicali che sdrammatizzano la situazione. La fotografia di Gianni Bonardi sottolinea poi in modo determinante le luci e le ombre, arricchendo il lungometraggio con le immagini di paesaggi luminosi e dando personalità anche alle riprese effettuate in notturna in spazi chiusi come l'interno di un'automobile.
Il buon equilibrio tra la drammaticità della realtà e l'inventiva alla base dell'iniziativa sostengono con efficacia Io sto con la sposa, che si ritaglia uno spazio da protagonista all'interno del panorama italiano dei documentari in arrivo nei cinema in questa stagione.

Io sto con la sposa Il documentario Io sto con la sposa è un'opera interessante e originale che non sfrutta mai la retorica per parlare di immigrazione e questioni politiche, proponendo una testimonianza significativa ma al tempo stesso tempo in grado di intrattenere. Grazie alla regia dinamica e uno svolgimento scorrevole e lineare riesce ad avvicinarsi con sensibilità alle vite dei protagonisti, realizzando inoltre l'obiettivo di far riflettere immortalando un capitolo importante delle vite degli immigrati clandestini senza però mai mettere in secondo piano la speranza che li anima.

7

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