Recensione Io, loro e Lara

Il ritorno di Carlo Verdone alla commedia corale, nel suo ventiduesimo film.

Recensione Io, loro e Lara
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"Quando Pasquale Plastino mi chiese di riflettere sulla figura di un ‘prete moderno' e Francesca Marciano aggiunse ‘missionario' ed io replicai ‘in crisi con la fede', rimanemmo per molti minuti in silenzio ad elaborare velocemente in che modo un prete potesse entrare in un racconto di commedia. Volevo evitare assolutamente gli stereotipi visti e stravisti nelle precedenti commedie italiane degli ultimi quarant'anni. E, pur nella comicità di un racconto brillante, mi appassionava molto l'idea di interpretare un ruolo molto delicato, assolutamente agli antipodi dalle figure clericali, presenti come ‘macchiette perfette' in Un sacco bello, Acqua e sapone e Viaggi di nozze. No, qui si trattava di entrare perfettamente nella psiche di un sacerdote dei giorni d'oggi, rendendolo ‘vero' con le sue fragilità, i suoi momentanei tormenti, la sua disciplina interiore e il suo grande buon senso".
Con questa lunga dichiarazione, l'attore e regista Carlo Verdone descrive il personaggio interpretato all'interno del suo ventiduesimo lungometraggio che lo vede contemporaneamente impegnato davanti e dietro alla macchina da presa, co-sceneggiato insieme ai fidi - e già citati - Plastino e Marciano.
Lungometraggio che, un anno dopo Grande grosso e... Verdone (2008), lo ha portato ad abbandonare la struttura narrativa articolata in episodi per tornare a quella più classica della commedia corale tricolore, la quale individua uno dei suoi migliori esempi di sempre in Compagni di scuola (1988), firmato proprio dall'autore di Maledetto il giorno che t'ho incontrato (1992).

Don Carlo... Verdone

Troviamo infatti Carlo Verdone nei panni di padre Carlo Mascolo, missionario che vive in un villaggio nel cuore dell'Africa, il quale, avvertiti i sintomi di una angosciante crisi spirituale, decide di tornare a Roma, dove, su consiglio dei suoi superiori, finisce per trascorrere un po' di tempo in famiglia al fine di ritrovare se stesso attraverso il calore dei propri cari.
Cari rappresentati dal padre vedovo Alberto alias Sergio Fiorentini (Nel mio amore), che ha da poco sposato la prosperosa badante moldava Olga, con le fattezze di Olga Balan (Cose da pazzi), e i fratelli Luigi e Bea, lui cocainomane e lei psicanalista da psicanalizzare, rispettivamente interpretati da Marco Giallini (L'odore della notte) e Anna Bonaiuto (L'amore molesto).
E' per uno scherzo del destino, però, che l'esistenza di Carlo incrocia quella dell'enigmatica Lara, cui concede anima e corpo Laura Chiatti (Ho voglia di te), ragazza di periferia impegnata di giorno a sostenere colloqui con l'assistente sociale Elisa Draghi, nel cui ruolo troviamo Angela Finocchiaro (Volere volare), e di notte a porsi davanti alla webcam per trasformarsi in una sensualissima modella in latex e tacchi a spillo.

Nel nome del padre...

Un ottimo cast, quindi, comprendente anche Niccolò Senni (Matrimonio alle Bahamas) nella parte di uno spasimante di Lara e il doppiatore Marco Guadagno (voce del Brandon Walsh di Beverly Hills 90210) in quella del sacerdote Giulio.
Tutti al servizio di una sceneggiatura decisamente apprezzabile che, mettendo al suo centro la tematica della fede, non lascia affatto celato neppure un certo (sotto)testo relativo alla maniera in cui gli italiani si pongono nei confronti degli extracomunitari; che si tratti della badante moldava, vista solo come una sfruttatrice succhia-risparmi, o di ragazze africane destinate a diventare "senza pudore, senza ritegno e pure senza mutande" (come dice lo stesso Verdone nel film) una volta approdate nello stivale più famoso del globo.
Trattandosi del nuovo lavoro di colui che ci regalò Bianco, rosso e Verdone (1981) e Borotalco (1982), non solo una varietà di volti memorabili rientra tra gli elementi di spicco (occhio alle comparsate e ai personaggi di contorno), ma vengono tirate in ballo sia la psicoterapia d'ispirazione woodyalleniana che le immancabili situazioni con coatti de Roma.
Infatti, nei panni di un magnaccia, compare anche il caratterista Nicola"Nick"Di Gioia (Snuff killer-La morte in diretta) nel corso delle quasi due ore di visione che, pur lasciando a desiderare per quanto riguarda il lato tecnico (soprattutto se parliamo del montaggio), offrono non poche occasioni per poter sprofondare in sane risate: dai dialoghi tra Carlo e la nipote appartenente al movimento emo, sempre affiancata da una silenziosa amica, a un'escursione notturna in una discoteca frequentata da spacciatori, passando per la divertente sequenza ambientata sul cornicione di un palazzo, con aspirante suicida interpretata da Giorgia Cardaci (Pianosequenza).
Senza dimenticare il consueto velo di malinconica amarezza di taglio verdoniano che, forse meno incisivo di quello incluso nei primi film ma più efficace di quello inserito negli ultimi, raggiunge il suo apice nella didascalia di chiusura: "Dedicato a mio padre Mario".

Io Loro e Lara Abbandonata la struttura narrativa ad episodi di Grande grosso e... Verdone per tornare a quella più classica della commedia corale tricolore, Carlo Verdone, affiancato in sceneggiatura dai fidi Francesca Marciano e Pasquale Plastino, si contorna di un ottimo cast comprendente la bella Laura Chiatti, il mai disprezzabile Marco Giallini e i veterani Sergio Fiorentini e Anna Bonaiuto. Il risultato finale è un apprezzabile prodotto che pone al suo centro la tematica della fede, senza dimenticare, però, di rivolgere un certo sguardo-critica verso il comportamento degli italiani nei confronti degli extracomunitari. Per quasi due ore di visione che offrono non pochi momenti comici, intervallati dal consueto velo di malinconica amarezza, il quale, seppur più efficace rispetto a quello visto nei recenti lavori dell’attore-regista, rimane ancora lontano, come impatto, da quello presente in opere del calibro di Bianco rosso e verdone o Compagni di scuola.

6.5

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