Recensione Into Paradiso

La multietnica città di Napoli, protagonista nell'opera prima di Paola Randi

Recensione Into Paradiso
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Ancora una volta la ‘Napoletanità' (recentemente analizzata in film come Gorbaciof o Una vita tranquilla) con i suoi guizzi creativi, le sue contaminazioni razziali e criminali, è il cuore pulsante di un film (l'opera prima della video-maker e apprezzata regista di corti Paola Randi) che scivola lieve tra realtà e immaginazione, attualità e paradosso, in cui si scorge un tocco registico molto creativo e qualche, giustificabile, ingenuità.

‘Non è che io non voglio faticare, ma la fatica non ci sta’

Alfonso D'Onofrio (l'ottimo Gianfelice Imparato), ricercatore che ha trascorso un'intera vita a studiare la comunicazione tra cellule, viene licenziato in tronco. Avanti con l'età e senza una valida alternativa, questi si fa convincere dal suo migliore amico (proprietario del più volte arso al suolo e risorto Cinema La Fenice) a chiedere una raccomandazione al vecchio amico Vincenzo Cacace (Peppe Servillo), politico in ascesa, accortamente legato alla criminalità locale. Purtroppo per lo sfortunato Alfonso, anziché industriarsi per restituire il lavoro all'amico, il buon Vincenzo, da bravo politicante, lo seleziona per soddisfare una delicata richiesta (la consegna di uno speciale cadeau) dei suoi amici ‘importanti'. È così che l'ignaro Alfonso, convinto di essere in procinto di risolvere il suo problema di lavoro, si ritroverà invece nel bel mezzo di una faida tra gang rivali, costretto a riparare nel vicino Fondaco Paradiso, un fatiscente conglomerato abusivo dove vive in docile armonia la comunità srilankese, e dove poco dopo lo raggiungerà anche Vincenzo, che, visto il cattivo esito dell'operazione, rischia di fare una brutta fine. Lì, all'interno del ‘caseruoppolo' abusivo eretto sopra il tetto, i due troveranno anche Gayan, ex campione di cricket oramai indigente, giunto a Napoli in cerca di un Paradiso che non c'è, costretto suo malgrado a fare da badante a un'anziana matrona che adora vincere a scacchi e guardare telenovelas. La convivenza forzata porterà Alfonso e Gayan a condividere scampoli del loro passato, inesorabilmente segnato dalla contaminazione di culture estremamente diverse fra di loro, ma che si rispecchia in un presente paradossalmente simile: due uomini spaesati in una terra ibrida di scugnizzi e srilankesi, straniera a entrambi. E se per Gayan lo status di straniero risulta lampante e risanabile (egli sogna di tornare nel suo Paese), per Alfonso, di colpo immerso in una piccola ed esotica comunità srilankese, lo status di straniero (inopinatamente disoccupato e irragionevolmente inseguito dalla malavita) nella sua stessa terra, appare più difficile da comprendere e sanare.

Chi è lo straniero?

Il ribaltamento del concetto di ‘immigrato', tramite il personaggio di Alfonso catapultato nella comunità srilankese nel cuore di Napoli, l'accostamento, in maniera quasi teatrale, di tre individui estremamente diversi ma per qualche motivo ugualmente ‘inguaiati', e l'inserimento di siparietti immaginifici a metà tra videoclip e fumetto (esaltati nei divertenti titoli di coda cartonati), fa dell'opera prima della Randi un film impegnato travestito da commedia, originale e godibile. Merito anche dell'ottimo Gianfelice Imparato (finalmente in veste di protagonista e non di caratterista) e delle buone prove dei due comprimari Peppe Servillo (fratello del più celebre Tony nonché voce degli Avion Travel) e Saman Anthony (al suo debutto sul grande schermo). La Randi, forse anche grazie alla sua ‘distante' identità di milanese, trova una chiave di lettura che schiva il rischio dello stereotipo e della retorica, o della ‘macchietta filmica', senza mancare, però, di rappresentare una Napoli verace (multietnica e creativa al punto giusto, contaminata dall'ombra della camorra e sempre molto attuale), in cui le difficoltà contribuiscono a dare vita a quel ‘camaleontismo' napoletano spesso raccontato al cinema. Qualche falla di sceneggiatura, la fotografia un po' troppo sgranata e un finale forse poco coraggioso, non inficiano in maniera sensibile la godibilità di una pellicola che ha il merito di svelare con ironia una certa, ‘gretta' attualità ("è un politico, mangia tutto"), alla quale contrappone la voce della speranza, e che rende bene il potenziale registico della Randi, sicuramente perfettibile con l'esperienza.

Into Paradiso Da apprezzare l’impegno di Paola Randi (qui alla sua opera prima) dimostrato nel confezionare questa commedia piena di contaminazioni artistiche e creative che rilegge quella stessa Napoli molte volte vista al cinema, con l’occhio vigile e accorto dello ‘straniero’ (milanese in terra napoletana). Le divertenti trovate narrative e la buona caratterizzazione dei protagonisti danno vita a una pellicola multi cromatica dal gusto raffinato, specie nell’uso combinato di generi diversi (dal fumetto al videoclip passando per il teatro), che nonostante qualche imperfezione si rivela il lavoro originale e onesto di una regista che senza dubbio possiede interessanti potenzialità.

6.5

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