Recensione Inside Out

La Pixar in stato di grazia come non accadeva forse dai tempi di Toy Story ci regala una pellicola struggente, che parla al cuore.

Recensione Inside Out
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Fin da quando nasciamo, il nostro corpo è regolato da emozioni: il nostro primo pianto, il primo sorriso, le nostre necessità primitive sono regolate dalle sensazioni che proviamo e che crescono con noi fino a diventare più complicate, articolate ed interconnesse. Durante l'infanzia i primi legami fondamentali, che porteremo dietro per tutta la vita, iniziano a crearsi - e così famiglia, amicizia, onestà diventano pilastri della nostra individualità, di quello che ci rende noi stessi. Nell'immaginario Disney Pixar di Inside Out il nostro cervello diventa un tripudio di suoni e colori, di piccole isole che rappresentano aspetti del nostro essere e creano la personalità: queste ultime sono regolate dalle emozioni (gioia, tristezza, paura, rabbia e disgusto) attraverso le quali comunichiamo con il mondo. I broccoli ci disgustano, le prese della corrente ci spaventano, ma a parte questo per la maggior parte di noi è Gioia a controllare la nostra infanzia, influenzando tutte le nostre caratteristiche comportamentali. Siamo bambini: troviamo il lato giocoso in tutto, abbiamo emozioni molto elementari e decise. Crescere tuttavia significa anche venire a patto con dei cambiamenti, comprendere le sfumature, perdersi e poi ritrovarsi a volte lasciandoci alle spalle ricordi meravigliosi. Tutto per imparare ad essere individui migliori, più complessi - più adulti. Persone le cui emozioni si mescolano tra loro, creando nuovi stati d'animo, imparando modi di esprimersi in infinite combinazioni che ci rendono individuali, unici, speciali.

Raccontare le emozioni a chiunque

Esistono intere branche di psichiatria e psicologia che si fondano sullo studio della personalità, cercando un modo per analizzare l'insieme di caratteristiche psichiche e modalità comportamentali che definiscono chi siamo. Nessuno di noi ha un carattere uguale, perché ciascuno si forma in base alle proprie esperienze - in modalità che ci influenzano secondo un equilibrio sottilissimo oggetto di studi, manuali, approfondimenti. A Pete Docter (che ci aveva già regalato Up) tutto ciò non serve, perché in fondo la sua ricetta per raccontarci quello che accade nella nostra mente è semplice e per questo assoluta: parlare proprio al centro di controllo emozionale della nostra testa, attivando ricordi universali che ognuno di noi ha all'interno del proprio cervello. Le memorie basilari di Riley sono facili da fare nostre, ci coinvolgono e ci rendono partecipi della sua evoluzione: con lei torniamo bambini, riabbracciamo i nostri amici immaginari, recuperiamo memorie che credevamo perdute ed infine cresciamo di nuovo, riuscendo forse per la prima volta a renderci conto dell'importanza di alcuni passaggi della nostra vita che ora guardiamo con malinconica consapevolezza.

Un collegamento universale

A partire dalla loro fondazione, i Pixar Animation Studios si sono sempre affermati all'interno del mondo dell'animazione occidentale con profonda innovazione, creando piccoli gioielli che hanno influenzato anche la casa di produzione di zio Walt, protagonista indiscussa per decenni del nostro immaginario infantile. Dal 2006 fanno parte di un'unica famiglia, la The Walt Disney Company, una fusione a tratti altalenante che ha regalato film magnifici ma anche sequel meno emozionanti, a volte "inferiori" per quanto qualitativamente perfetti. Eppure con il loro ultimo, semplice ma geniale soggetto, qualsiasi paragone cade completamente. Ogni lungometraggio Pixar dalla sua fondazione ad oggi sembra un'isola collegata ad un unico centro di controllo, Inside Out, ultimo cronologicamente eppure primo in ogni cosa, altissimo, universale e destinato a rimanere nella loro storia. Vediamo il personaggio di Paura nella testa della piccola Bu in Monsters & Co, Rabbia nascosta tra i boccoli rossi di Merida, Gioia appollaiata sulla mano metallica di Wall·E che sfiora Eve, felice e sorridente. Inside Out diventa il complemento di tutto, un abbraccio destinato ad accogliere tutto ciò che è stato e tutto ciò che sarà, contenitore mai pieno pronto a racchiudere la crescita di tutti noi ed ogni modo di raccontarla.

Mai in un film Pixar si era creato un tale equilibrio: si piange, si ride, si singhiozza ed un minuto dopo le lacrime scendono di nuovo a causa delle risate. In un film che parla di emozioni, la cosa che più sorprende è ritrovare all'interno della narrazione proprio questo perfetto bilanciamento emotivo, mai interrotto per tutta la durata e sempre a livelli altissimi. Aiuta la colonna sonora dell'ormai habitué Michael Giacchino, non ai livelli dei suoi lavori precedenti ma comunque presentissimo, pur lasciando il primo posto all'intensità narrativa. Inside Out è la dimostrazione di come una piccola intuizione possa svilupparsi in una pellicola intensa, educativa per i bambini e malinconica per gli adulti, che parla al cuore di ognuno di noi con la grande delicata intensità a cui la Pixar dei tempi d'oro ci ha abituato.

Inside Out Pianti, risate, divertimento e riflessione con una quantità mostruosa di citazioni (c'è spazio perfino per Hitchcock): Inside Out è una gioia per gli occhi, un lavoro destinato a rimanere nella storia dell'animazione grazie ad un soggetto apparentemente semplice trasformato in uno svolgimento sorprendente, intenso ed incredibilmente articolato. Un viaggio nella mente di ognuno di noi attraverso astrazioni, subconscio, sogni e paure, memoria e ricordi che alla fine ci riporta in pace con noi stessi con una semplicità disarmante e riesce, miracolosamente, a mettere tutte le emozioni d'accordo.

9

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