Inside Man, la recensione: un cast stellare al servizio di Spike Lee

Denzel Washington, Clive Owen e Jodie Foster sono i principali protagonisti di Inside Man, heist-movie ricco di colpi di scena diretto nel 2006 da Spike Lee.

Inside Man, la recensione: un cast stellare al servizio di Spike Lee
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New York. Una banda di rapinatori, capeggiati da Dalton Russell, ha intenzione di mettere a segno la rapina perfetta in una filiale della banca Manhattan Trust. Dopo aver eluso le videocamere e i sistemi di sorveglianza il gruppo di ladri prende in ostaggio i clienti e gli addetti alla sicurezza, obbligandoli a indossare delle tute identiche alle loro. Ad occuparsi di gestire la scottante situazione viene mandato il detective Keith Frazier, momentaneamente sotto indagine per un presunto caso di corruzione in un caso di qualche tempo prima. Anche altri però hanno interessi che riguardano da vicino il tentativo criminale, tra cui il presidente della Manhattan Trust, Arthur Case, che teme come il contenuto di una cassetta di sicurezza celata nel caveau possa venire alla luce gettando ombre sul suo passato; per impedirlo il magnate assolda Madeline White, esperta in mediazioni internazionali, che tramite l'aiuto del sindaco ottiene di partecipare alle operazioni della polizia. Ma il piano di Russell, che si rivela ben presto figura astuta dotata di motivazioni più "alte" della semplice avidità, sembra non avere neanche una falla...

La grande rapina

Tranquillamente etichettabile tra i migliori heist-movie degli anni zero, Inside Man è una perfetta macchina a orologeria i cui ingranaggi filmico / narrativi si muovono con mirabile e infallibile precisione, in due ore di visione in cui i colpi di scena si susseguono in serie nella salda gestione del numeroso gruppo di personaggi principali, interpretati da un cast all-star. Se il confronto tra Denzel Washington e Clive Owen è quello dal minutaggio predominante, dando modo ai due interpreti di eccellere in una sfida di astuzia parzialmente empatizzante, il resto del cast non è da meno con performance di altissimo livello da parte di co-protagonisti d'eccezione quali Jodie Foster (sempre splendida), Willem Dafoe, Chiwetel Ejiofor e il grande Cristopher Plummer. Il film è ad oggi il più grande successo di pubblico di Spike Lee (subentrato a Ron Howard) nonché il suo titolo più piacevolmente classico, con uno stile che guarda con magnetica ispirazione sia ai cult del genere e che ad un classicismo stilistico del passato, pur non rinunciando a vezzi (significativa la "camminata" di Washington sul carrello della macchina da presa) tipici del suo cinema. Non è un caso che vengano citati, verbalmente o meno, capisaldi come Serpico (1973) e Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975); ciò nonostante nelle due ore di visione emerge una freschezza prorompente che si dipana anche nei numerosi scheletri dell'armadio nascosti da tutti i partecipanti al gioco, elementi che speziano una trama solo apparentemente "già vista". Non è un caso che, quando la trama sembra risolversi mezzora prima dei titoli di coda, la vera verità venga progressivamente a galla in un'escalation finale di rara genialità. La minuziosa sceneggiatura di Russell Gewirtz ha proprio il merito di nascondere le carte in tavola fino all'epilogo, con ricatti e segreti che ben si innestano in una Nazione ancora profondamente ferita dalla tragedia dell'11 settembre 2001, con rimandi più o meno polemici a quella paranoia del terrore che emergono soprattutto all'uscita di alcuni ostaggi dalla banca. Il regista gioca con le paure puntando su un lato al contempo sobrio e spettacolare, costruito su magnetici "duelli attoriali" in grado di generare tensione senza ricorrere a mezzucci di sorta ma puntando sulla deriva etica e politica di chi comanda, laddove il denaro è l'arma più pericolosa in mano a individui senza scrupoli che manipolano l'etica per proprio tornaconto personale, e dove la differenza tra buoni e cattivi si snoda in un gioco senza esclusioni di colpi tra sincerità e menzogna nel quale l'ambizione e il potere interpretano un ruolo predominante.

Inside Man Oltre ad essere uno dei più avvincenti e calibrati heist-movie del nuovo millennio, Inside Man è un'opera fortemente politica e morale nella sua denuncia etica di come l'interesse personale sia il fattore predominante sul quale si basi la società contemporanea. Un film che cattura sin da subito, con lo sguardo di un ottimo Clive Owen rivolto verso il pubblico ad introdurci nell'idea di un piano infallibile, di una rapina perfetta nel quale i soldi sono l'ultima cosa da rubare in un mondo post 11 settembre già defraudato delle proprie più intime e profonde sicurezze. Ed ecco così che il confine tra buoni e cattivi si fa sempre più sottile, se non addirittura totalmente ribaltato, nelle incalzanti due ore di visione, popolate da personaggi magnetici e sfaccettati e da vasi di Pandora che vengono scoperchiati senza remore, in una sorta di millimetrica partita a scacchi dove tutti puntano a vincere incuranti del possibile e beffardo Scacco Matto.

8.5

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