Incontri ravvicinati del terzo tipo, la recensione del film di Steven Spielberg

Un tranquillo padre di famiglia va alla ricerca di entità extraterrestri in Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg.

Incontri ravvicinati del terzo tipo, la recensione del film di Steven Spielberg
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Il rapporto tra Steven Spielberg e la tematica aliena ha origine verso la fine degli anni '70, due anni dopo il grandissimo successo de Lo squalo (1975). Proprio il grande credito di cui il regista cominciò a godere da lì in avanti gli permise di realizzare una pellicola fortemente voluta e personale, che ribaltasse il concetto degli extraterrestri quali nemici cosmici, spesso abusato dalla fantascienza anni '50 e '60, e che offrisse una storia narrata dal punto di vista di una persona qualunque. Ed è proprio un individuo come tanti il protagonista di Incontri ravvicinati del terzo tipo: Roy Neary, addetto al controllo delle centrali elettriche di una piccola cittadina, felicemente sposato e con tre figli piccoli, riceve una chiamata d'emergenza per risolvere un blackout che investendo la zona. Durante il tragitto sul suo pick-up assiste ad un inseguimento tra quattro UFO da parte della polizia, e fa la conoscenza di Jillian e del suo bambino, anche loro coinvolti in prima persona dal fenomeno. Nei giorni successivi l'uomo è vittima di una vera e propria ossessione riguardante una sorta di montagna "troncata" e i suoi sempre più strani comportamenti portano i suoi cari ad allontanarsi da lui. Nel frattempo lo scienziato francese Claude Lacombe indaga su strani eventi che parrebbero avere a che fare con un messaggio extraterrestre indicante delle misteriose coordinate...

Universi che collimano

E' una poetica folle e visionaria quella messa in campo da Spielberg, fantascienza a portata d'uomo che si bea della sua avvolgente ingenuità per dar vita ad un'avventura dell'anima in cui spettacolo ed emozioni viaggiano di pari passo nella progressiva risoluzione di un "finto" mistero atto a condurre all'apoteosi finale in cui il contatto diviene proprio show di immagini e suoni. Sono infatti proprio le note musicali ad essere scelte quale mezzo di comunicazione, artefatti antesignani delle vie comunicative del recente Arrival (2016), film con cui, a dispetto di quanto appaia, Incontri ravvicinati del terzo tipo ha molto in comune. Il personaggio di Richard Dreyfuss, tranquillo padre di famiglia, si trova catapultato in un'ossessione dal doppio taglio, incubo per ciò che concerne il rapporto sempre più incrinato con la moglie e i figli e sogno per i risvolti di cristallina magia empatica aventi luogo nell'intensa conclusione. Il film si prende i suoi tempi con una coesione non sempre precisa, e alcuni passaggi risultano parzialmente esasperanti nel loro quieto incedere, ma le due ore e venti di visione sono costellate da vere e proprie sequenze d'antologia: in particolare le due scene in cui gli alieni fanno "visita" a casa di Julian e del suo bambino offrono un climax tensivo di poltergeistiana memoria, con giocattoli ed elettrodomestici che prendono vita e il potenziale pericolo che si palesa in ogni feritoia o passaggio disponibile. E' un cerchio narrativo che si apre e si chiude senza sbavature quello disegnato dal regista, dove l'alone mystery e i vari riferimenti alle abduction (con prologo ed epiligo strettamente collegati) rendono palpabile l'attesa di questo primo contatto che le forze governative cercano in ogni modo di nascondere all'opinione pubblica (teoria del complotto ante-litteram) ordinando addirittura un'evacuazione di massa per una fittizia fuga di gas tossico e rendendo così la coppia di personaggi principali gli occhi della gente comune (e di rimando del pubblico) pronta ad assistere ad un evento irripetibile. Spielberg ordisce questo senso di tonitruante spettacolo con trucchi semplici ed efficaci rivolgendo sempre gli occhi al cielo, vero e proprio fulcro centrale di una vicenda inizialmente terrena pronta ad assumere carattere filo-divino.

Incontri ravvicinati del terzo tipo "E' un evento sociologico" esclama senza metti termini il personaggio di Francois Truffaut (nell'unico ruolo da attore in un film non da lui diretto) e non possiamo essere più che d'accordo nell'analizzare l'impatto filmico di un titolo quale Incontri ravvicinati del terzo tipo, prima incursione di Steven Spielberg nel sottobosco cinematografico relativo alla tematica aliena. Un'opera coscientemente ballerina nel suo andirivieni di influenze, dai toni folli di commedia ad istinti mystery, dai sussulti horror fino alla più liberatoria fantascienza, che trova un costante senso di avvolgente magia nel raccontare la storia di un uomo qualsiasi alla prese con un'ossessione inerente il possibile primo contatto con la razza aliena. E con un finale da antologia che chiude degnamente una visione avvincente e straniante in cui lo spettacolo delle emozioni umane si equilibra con grazia all'epicamente ridondante tour de force visivo.

8

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