Recensione In April the following year there was a fire

Il regista tailandese Somumjarn trasporta lo spettatore in una vicenda che viaggia ai confini tra il ricordo e la realtà

Recensione In April the following year there was a fire
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Il regista tailandese Somumjarn trasporta lo spettatore in una vicenda che viaggia ai confini tra il ricordo e la realtà. Il film comincia con la storia del giovane Nhum, per poi trasformarsi in un documentario e tornare, infine, di nuovo alla fiction.
Nuhm parte dalla caotica Bangkok per tornare nel paese in cui è nato in occasione del matrimonio di un conoscente. Il villaggio natale si trova nel nord-est della Thailandia, in una zona molto povera ed arretrata. Grazie a questo viaggio, Nhum incontra i suoi vecchi amici di scuola. Insieme, il gruppo si abbandona ai ricordi. Purtroppo nessuno di loro se la passa bene, compreso il nostro protagonista che rivela di esser tornato a casa anche perché ha perso il suo lavoro di capocantiere in città. Il ragazzo comincia ad assaporare, forse per la prima volta, il lento scorrere della vita di paese; ritrova la ragazza per la quale aveva una cotta al liceo e cerca di riprendere il dialogo col padre, dal carattere schivo. Nella prima parte il silenzio e i piani sequenza sono frequenti: diventano strumenti tecnici per poter descrivere al meglio la calma, la tranquillità, l’attesa di una svolta che raramente scuote le vite degli abitanti della piccola comunità rurale. In questo limbo che suscita rimembranze di momenti accaduti e occasioni perdute, l’unico approccio è proprio il passato poiché il futuro non esiste, non è contemplabile in quanto non realizzabile. La narrazione, che lentamente e inesorabilmente segue il protagonista nelle sue contemplazioni, rimanda alle soluzioni registiche di Konjsakul e del romantico Eternity (Thailandia, 2010).

Poi, d’improvviso, il film cambia punto di vista. La telecamera riprende due persone che raccontano le loro esperienze di vita e quella del rispettivo figlio-fratello: lo stesso regista. Da qui lo spettatore comprende che la storia di Nuhm è autobiografica. Il doppio livello di descrizione, quello di finzione e quello documentaristico, si fondono nella medesima storia. Il meccanismo narrativo della duplice prospettiva non fa altro che allargare il senso del racconto, arricchendolo di immagini, di dialoghi pronunciati come un sussurro e di campi lunghi che provano a catturare la bellezza in un gesto, l’amore in un sorriso, l’ambizione in un sogno.
La storia di Nuhm-regista, inoltre, vuole essere rappresentativa di quella parte di Thailandia povera ed emarginata che cerca una vita migliore nella capitale Bangkok, ma che da essa viene allontanata e derisa. Il tema dell’immigrazione dalla campagna alla città è toccato solo in pochi momenti, ma è tanto intenso e significativo in quanto diviene elemento di condivisione della condizione di un’intera parte della popolazione.

In April the following year there was a fire Alla fine del film il regista ripropone Bangkok: la macchina da presa è fissa e davanti all’obiettivo c’è la città, che scorre veloce, senza fermarsi mai. La metropoli da cui era partito e alla quale torna è come un cerchio, come un filo che non s’interrompe ma che porta nello stesso luogo di partenza. Bangkok resta comunque il luogo dove la modernità è arrivata, dove regnano il caos e il movimento. E dove forse il futuro è ancora possibile.

7

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